Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/42: differenze tra le versioni

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La mistura del reale coll’ideale, dal fatto col simbolo, dalla storia coll’allegoria, comune nel medioevo<ref>In Ricardo da San Vittore, ''De præparatione ad contemplationem'', la famiglia di Giacobbe raffigura quella delle facoltà umane; Rachele e Elia, l’intelletto e la volontà; Giuseppe e Beniamino figli della prima, la scienza e la contemplazione espressioni principali dell’intelletto; Rachele muore nel partorire Beniamino, come l’intelligenza umana svanisce nell’estasi della contemplazione.</ref>, valse all’Alighieri per innestare nella favola mistica l’esistenza effettiva e casi umani recenti; costruisce la città superna con materiali toscani, coi monti e fiumi d’Italia: vi assicura d’aver visto i dannati, come voi vedete lui; piglia paura delle stesse sue invenzioni; sicchè i due mondi sono il riflesso l’uno dell’altro, e Beatrice è la donna sua insieme e la scienza di Dio, come dalle quattro stelle vere sono figurate le virtù cardinali, e dalle tre le teologiche.
La mistura del reale coll’ideale, dal fatto col simbolo, dalla storia coll’allegoria, comune nel medioevo<ref>In Ricardo da San Vittore, ''De præparatione ad contemplationem'', la famiglia di Giacobbe raffigura quella delle facoltà umane; Rachele e Elia, l’intelletto e la volontà; Giuseppe e Beniamino figli della prima, la scienza e la contemplazione espressioni principali dell’intelletto; Rachele muore nel partorire Beniamino, come l’intelligenza umana svanisce nell’estasi della contemplazione.</ref>, valse all’Alighieri per innestare nella favola mistica l’esistenza effettiva e casi umani recenti; costruisce la città superna con materiali toscani, coi monti e fiumi d’Italia: vi assicura d’aver visto i dannati, come voi vedete lui; piglia paura delle stesse sue invenzioni; sicchè i due mondi sono il riflesso l’uno dell’altro, e Beatrice è la donna sua insieme e la scienza di Dio, come dalle quattro stelle vere sono figurate le virtù cardinali, e dalle tre le teologiche.


Smarrito nella selva selvaggia delle passioni e delle brighe civili, dalla letteratura e dalla filosofia personificate in {{AutoreCitato|Publio Virgilio Marone|Virgilio}}, vien Dante condotto per l’esperienza fin dove può conoscere il vero positivo dalla teologia, raffigurata in Beatrice, alla cui vista, prima gioja del suo paradiso, egli arriva traverso al castigo ed all’espiamento. Al limitare dell’inferno incontra gli sciagurati che vissero senza infamia e senza lode, inettissima genia, chiamata prudente dalle età che conoscono per unica virtù quella fiacca moderazione, la quale distoglie dall’''esser vivi''. Con minore acerbità sono castigati coloro, di cui le colpe restano nella persona; peggior ira del cielo crucia quelli che ingiuriarono altrui. Così nel secondo regno si purgano le colpe con pene proporzionate al nocumento che inferirono alla società; e a questo assunto sociale si riferiscono, chi ben guardi, le quistioni che in quel tragitto presenta e discute il poeta, le nimistanze civili, il libero arbitrio, l’indissolubilità dei voti, la volontà assoluta o mista, e come di buon padre nasca figlio malvagio, e come nell’eleggere uno stato non devasi andar a ritroso della natura; laonde il poema suo riuscì teologico, morale, storico, filosofico, allegorico, enciclopedico; pure coordinato ad insegnare verità salutevoli alla vita civile<ref name="p62">«Primus sensus est qui habetur per literam, alius qui habetur per significata per literam. Et primus dicitur literalis, secundus vero allegoricus, sive moralis. Est subjectum totius operis, literaliter tantum accepti, status animarum post mortem simpliciter sumptus; nam de ilio et circa illum totius operis versatur {{Pt|pro-|}}</ref>
Smarrito nella selva selvaggia delle passioni e delle brighe civili, dalla letteratura e dalla filosofia personificate in {{AutoreCitato|Publio Virgilio Marone|Virgilio}}, vien Dante condotto per l’esperienza fin dove può conoscere il vero positivo dalla teologia, raffigurata in Beatrice, alla cui vista, prima gioja del suo paradiso, egli arriva traverso al castigo ed all’espiamento. Al limitare dell’inferno incontra gli sciagurati che vissero senza infamia e senza lode, inettissima genia, chiamata prudente dalle età che conoscono per unica virtù quella fiacca moderazione, la quale distoglie dall’''esser vivi''. Con minore acerbità sono castigati coloro, di cui le colpe restano nella persona; peggior ira del cielo crucia quelli che ingiuriarono altrui. Così nel secondo regno si purgano le colpe con pene proporzionate al nocumento che inferirono alla società; e a questo assunto sociale si riferiscono, chi ben guardi, le quistioni che in quel tragitto presenta e discute il poeta, le nimistanze civili, il libero arbitrio, l’indissolubilità dei voti, la volontà assoluta o mista, e come di buon padre nasca figlio malvagio, e come nell’eleggere uno stato non devasi andar a ritroso della natura; laonde il poema suo riuscì teologico, morale, storico, filosofico, allegorico, enciclopedico; pure coordinato ad insegnare verità salutevoli alla vita civile<ref name="p62">«Primus sensus est qui habetur per literam, alius qui habetur per significata per literam. Et primus dicitur literalis, secundus vero allegoricus, sive moralis. Est subjectum totius operis, literaliter tantum accepti, status animarum post mortem simpliciter sumptus; nam de ilio et circa illum totius operis versatur {{Pt|pro-|}}</ref>.