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Timbreo narrò tutta l’istoria del suo amore. Cominciarono, fatto questo, a ballare, e tutta la settimana il re tenne corte bandita volendo che ciascuno in quei di mangiasse al palazzo reale. Finite le feste, il re chiamò a sé messer Lionato e gli domandò che dote era quella che aveva a le figliuole promessa e che modo aveva di darle. Messer Lionato al re rispose che de le doti niente mai s’era favellato e che egli quella onesta dote darebbe loro che le sue facultá patissero. Disse alora il re: — Noi vogliamo dare a le vostre figliuole quella dote che a noi parrá che a loro ed ai miei cavalieri convenga, e non vogliamo che di piú spesa elle vi siano per l’avvenire in conto alcuno. — E cosí il liberalissimo re, con singular commendazione non solamente di tutti i siciliani ma di chiunque l’intese, fattisi chiamare i dui sposi e le loro mogli, volle che tutti solennemente a quanto mai potessero pretendere di dover avere de la roba di messer Lionato renunziassero, ed a questo egli interpose il decreto regio che ogni atto di tal renunzia confermava. Dapoi senza intervallo, non come figliuole d’un suo cittadino ma quasi come sue, le dotò onoratissimamente e ai dui sposi accrebbe la pensione che da lui avevano. La reina, non meno del re magnifica, generosa e liberale, volle che le due spose fossero donne de la sua corte e le ordinò su alcuni suoi dazi una ricca provigione per ogni anno, e sempre le tenne care. Elle, che nel vero erano gentilissime, di modo si diportarono che in breve ebbero la grazia di quanti erano in corte. Fu anco dato dal re a messer Lionato un ufficio in Messina molto onorevole, del quale egli traeva non picciolo profitto. E veggendosi egli giá attempato, fece di modo che il re lo confermò ad un suo figliuolo. Cosi adunque avvenne al signor Timbreo del suo onestissimo amore, ed il male che il signor Girondo tentò di fare in bene se gli converti, e tutti dui dapoi lungamente le lor donne goderono vivendo in grandissima pace, spesse fiate tra loro rammentando con piacere gli infortuni a la bella Fenicia avvenuti. Esso signor Timbreo fu il primo che in Sicilia fondò la nobilissima schiatta dei signori de la casa di Cardona, dei quali oggidí e in Sicilia e nel regno di Napoli molti uomini ci
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Timbreo narrò tutta l’istoria del suo amore. Cominciarono, fatto
questo, a ballare, e tutta la settimana il re tenne corte bandita
volendo che ciascuno in quei di mangiasse al palazzo reale. Fi¬
nite le feste, il re chiamò a sé messer Lionato e gli domandò
che dote era quella che aveva a le figliuole promessa e che
modo aveva di darle. Messer Lionato al re rispose che de le doti
niente mai s’era favellato e che egli quella onesta dote darebbe
loro che le sue facultà patissero. Disse alora il re: — Noi
vogliamo dare a le vostre figliuole quella dote che a noi parrà
che a loro ed ai miei cavalieri convenga, e non vogliamo che di
più spesa elle vi siano per l’avvenire in conto alcuno. — E
cosi il liberalissimo re, con singular commendazione non sola¬
mente di tutti i siciliani ma di chiunque l’intese, fattisi chiamare
i dui sposi e le loro mogli, volle che tutti solennemente a
quanto mai potessero pretendere di dover avere de la roba di
messer Lionato renunziassero, ed a questo egli interpose il de¬
creto regio che ogni atto di- tal renunzia confermava. Dapoi
senza intervallo, non come figliuole d’un suo cittadino ma quasi
come sue, le dotò onoratissimamente e ai dui sposi accrebbe
la pensione che da lui avevano. La reina, non meno del re ma¬
gnifica, generosa e liberale, volle che le due spose fossero donne
de la sua corte e le ordinò su alcuni suoi dazi una ricca pro-
vigione per ogni anno, e sempre le tenne care. Elle, che nel
vero erano gentilissime, di modo si diportarono che in breve
ebbero la grazia di quanti erano in corte. Fu anco dato dal
re a messer Lionato un ufficio in Messina molto onorevole,
del quale egli traeva non picciolo profitto. E veggendosi egli
già attempato, fece di modo che il re lo confermò ad un suo
figliuolo. Cosi adunque avvenne al signor Timbreo del suo one¬
stissimo amore, ed il male che il signor Girondo tentò di fare
in bene se gli converti, e tutti dui dapoi lungamente le lor
donne goderono vivendo in grandissima pace, spesse fiate tra
loro rammentando Ctin piacere gli infortuni a la bella Fenicia
avvenuti. Esso signor Timbreo fu il primo che in Sicilia fondò
la nobilissima schiatta dei signori de la casa di Cardona, dei
quali oggidi e in Sicilia e nel regno di Napoli molti uomini ci
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