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accompagnate se n’andarono a palagio, e passando per la piazza di san Marco sentirono molti che di loro dicevano male. Gridavano alcuni, come sono i popolari ed uomini del volgo, poco discreti: — Ecco gentili ed oneste madonne! fate lor riverenza, ché, senza mandar i mariti loro fuor di Vinegia, gli hanno fatti dar del capo in Corneto, e non si vergognano le puttane sfacciate di lasciarsi vedere, che par a punto che abbiano fatto un’opera lodevolissima. — Altri altrimenti le proverbiavano, di modo che ciascuno le diceva la sua. Altri poi, quivi veggendo madonna Gismonda, credettero ch’ella andasse a la Signoria per richiamarsi contra Aloise Foscaro, di maniera che nessuno vi fu che al vero si apponesse. Elle, giunte al palagio e salite quelle alte e marmorine scale, furono condutte ne la sala del collegio, ove il duce l’udienza aveva assegnata. Quivi con i parenti piú propinqui arrivate le tre donne, volle il prencipe, innanzi che nessuno parlasse, che anco i tre prigioni vi fossero condotti. Vi vennero ancora molti altri gentiluomini, i quali con desiderio grandissimo aspettavano di cosí strani accidenti veder il fine. Fatto silenzio, il prencipe a le donne rivolto disse loro: — Voi, nobili madonne, ci avete fatto supplicare che vi volessimo conceder una publica udienza: ecco che qui noi siamo paratissimi ad udirvi pazientemente quanto dir ci volete. — I dui mariti prigioni erano in grandissima còlera contra le donne loro, e tanto piú d’ira e di sdegno bollivano, quanto che videro quelle tutte ardite e baldanzose, dinanzi a cosí tremendo, venerabile e pieno di maiestá collegio dimostrarsi come se state fossero le piú valorose e care donne del mondo. De l’ira dei mariti le due fedelissime compagne troppo bene s’accorsero, né di questo punto si sgomentarono, anzi sogghignando tra loro e un poco crollando il capo donnescamente, in atto si mostravano come se di loro si beffassero. Anseimo, che alquanto era piú di Gerolamo sdegnoso, iracondo ed impaziente, salito in tanta còlera, che per assai minore di molti uomini si sono morti, non avendo riguardo a la maiestá del luogo ove erano, cominciò a dir a la sua donna estrema villania, e quasi fu per correrle con le dita ne gli occhi e, se potuto avesse, le averebbe fatto un mal giuoco. Sentendosi
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accompagnate se n’andarono a palagio, e passando per la piazza
di san Marco sentirono molti che di loro dicevano male. Grida¬
vano alcuni, come sono i popolari ed uomini del volgo, poco
discreti: — Ecco gentili ed oneste madonne! fate lor riverenza,
ché, senza mandar i mariti loro fuor di Vinegia, gli hanno fatti dar
del capo in Corneto, e non si vergognano le puttane sfacciate di
lasciarsi vedere, che par a punto che abbiano fatto un’opera lo-
devolissima. — Altri altrimenti le proverbiavano, di modo che
ciascuno le diceva la sua. Altri poi, quivi veggendo madonna
Gismonda, credettero ch’ella andasse a la Signoria per richia¬
marsi contra Aloise Foscaro, di maniera che nessuno vi fu che
al vero si apponesse. Elle, giunte al palagio e salite quelle alte
e marmorine scale, furono condutte ne la sala del collegio, ove
il duce l’udienza aveva assegnata. Quivi con i parenti più
propinqui arrivate le tre donne, volle il prencipe, innanzi che
nessuno parlasse, che anco i tre prigioni vi fossero condotti.
Vi vennero ancora molti altri gentiluomini, i quali con desiderio
grandissimo aspettavano di cosi strani accidenti veder il fine.
Fatto silenzio, il prencipe a le donne rivolto disse loro: — Voi,
nobili madonne, ci avete fatto supplicare che vi volessimo con¬
ceder una publica udienza: ecco che qui noi siamo paratissimi ad
udirvi pazientemente quanto dir ci volete. — I dui mariti prigioni
erano in grandissima còlerà contra le donne loro, e tanto più
d’ira e di sdegno bollivano, quanto che videro quelle tutte ardite
e baldanzose, dinanzi a cosi tremendo, venerabile e pieno di
maiestà collegio dimostrarsi come se state fossero le più valo¬
rose e care donne del mondo. De l’ira dei mariti le due fede¬
lissime compagne troppo bene s'accorsero, né di questo punto
si sgomentarono, anzi sogghignando tra loro e un poco crol¬
lando il capo donnescamente, in atto si mostravano come se di
loro si beffassero. Anseimo, che alquanto era più di Gerolamo
sdegnoso, iracondo ed impaziente, salito in tanta còlerà, che per
assai minore di molti uomini si sono morti, non avendo riguardo
a la maiestà del luogo ove erano, cominciò a dir a la sua donna
estrema villania, e quasi fu per correrle con le dita ne gli occhi
e, se potuto avesse, le averebbe fatto un mal giuoco. Sentendosi
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