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IL BANDELLO
{{center|IL BANDELLO

a la molto vcrtuosa signora
la signora
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CAMILLA SCARAMPA E GUIDOBUONA
{{smaller|la signora}}
salute

Sentito ho molte fiate disputare qual di queste due passioni
{{Sc|camilla scarampa e guidobuona}}
più tosto uccida un uomo, o la gioia od il dolore, avendo cia¬

scuna de le parti le sue ragioni per approvar quanto dicevono,
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con dire che gli spiriti vitali in una smisurata allegrezza essa-
r Sentito ho molte fiate disputare qual di queste due passioni piú tosto uccida un uomo, o la gioia od il dolore, avendo ciascuna de le parti le sue ragioni per approvar quanto dicevono, con dire che gli spiriti vitali in una smisurata allegrezza essalano e in un gran dolore si ristringono e si affogano. E ben che tutto il di questa materia sia messa in campo, a me pare che ancora la lite sia sotto il giudice e che resti indecisa; ché, se bene disse il nostro gentil messer Pietro Barignano in un suo madrigale,
lano e in un gran dolore si ristringono e si affogano. E ben
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che tutto il di questa materia sia messa in campo, a me pare
cangia sperar mia voglia,
che ancora la lite sia sotto il giudice e che resti indecisa; ché,
ché non si muor di doglia,
se bene disse il nostro gentil messer Pietro Barignano in un
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suo madrigale,
non è perciò che se talora l’allegrezza ha levato ad uno la vita, che anco non si truovi chi di dolor sia morto. Il che si potrebbe per essempi pur assai provare. Ma per ora, che il dolore rompa lo stame de la vita umana, mi contenterò con un sol caso avvenuto, non è molto, a una signora de l’istesso vostro nome e sangue, dimostrare. E perché non solamente in quello si vede esser certo che la doglia ammazza l’uomo, ma anco vi si comprende l’amore immenso che la moglie al marito portava, come l’ebbi udito lo scrissi. Io era questo carnevale passato ne la vostra patria d’Asti, ove stetti alcuni di in casa del signor conte Giovan Bartolomeo Tizzone vostro cugino e per Massimigliano Cesare di quella cittá governatore. Quivi de la proposta lite contrastandosi, il signor Giovanni Rotario narrò il
cangia sperar mia voglia,
ché non si muor di doglia,
non è perciò che se talora l’allegrezza ha levato ad uno la vita,
che anco non si truovi chi di dolor sia morto. Il che si po¬
trebbe per essempi pur assai provare. Ma per ora, che il dolore
rompa lo stame de la vita umana, mi contenterò con un sol
caso avvenuto, non è molto, a una signora de l’istesso vostro
nome e sangue, dimostrare. E perché non solamente in quello
si vede esser certo che la doglia ammazza l’uomo, ma anco vi
si comprende l’amore immenso che la moglie al marito por¬
tava, come l’ebbi udito lo scrissi. Io era questo carnevale pas¬
sato ne la vostra patria d’Asti, ove stetti alcuni di in casa del
signor conte Giovan Bartolomeo Tizzone vostro cugino e per
Massimigliano Cesare di quella città governatore. Quivi de la
proposta lite contrastandosi, il signor Giovanni Rotario narrò il
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