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Angelo a trovar il frate, al quale sapeva che Caterina era usa di confessarsi, e seco cominciò di varie cose a ragionare e farsegli assai domestico, e tanto continuò questa sua pratica, che avendo il frate venduto il pesce, si lasciò da le favole di costui in tal maniera pigliare ed abbagliare, che gli promise tenerlo appresso di sé dentro il luogo ove soleva confessare alora che egli udirebbe la confessione de la sua moglie. Ordinato questo, e dato il geloso molti danari al frate, che ne la cappa gli prese per non toccargli con mano, attendeva il giorno che la moglie andasse a confessarsi. La donna era consueta mandar sempre un giorno avanti ad avvisar il suo padre spirituale. Il che dal geloso saputo, informò benissimo il frate di ciò che deveva domandarla. Venuto il dì assegnato, dopo desinare la donna montò in carretta e andò a santo Angelo, ove di giá il marito era andato. Come la donna fu giunta, fece chiamar il suo padre ed entrò in un di quei camerini che sono a posta fatti per confessarsi. Da l’altra banda, pigliata la oportunitá che da nessuno furono veduti entrarono il ribaldo frate ed il matto geloso che andava cercando ciò che non averebbe voluto trovare, entrarono — dico — dentro il contracamerino. Quivi, cominciata la confessione e venutosi al parlamento dei peccati de la lussuria, la donna confessò il peccato suo che con l’amante faceva. — Oimè, figliuola mia, — disse lo scelerato frate — non te ne ripresi io agramente l’anno passato, e tu mi dicesti che nol faresti mai piú? È questo ciò che m’hai promesso? — Padre, — disse la donna — io non ho saputo né potuto far altrimenti, e di tutto questo n’è cagione la malvagia vita del mio marito che come sapete mi tratta, ché altre volte il tutto v’ho detto. Io son donna di carne e d’ossa come l’altre, e veggendo che mio marito non si è mai di me curato, mi son proveduta a la meglio che ho potuto. E almeno fo io tanto che le cose mie sono secrete, ove quelle di mio marito sono favola del volgo, e non che in Broletto se ne parli, ma non è barberia né luogo ove non se ne canzoni. Il che dei fatti miei non avviene, anzi tutti m’hanno compassione e dicono che egli non merita cosí buona moglie com’io sono. Hollo io sopportato circa sette anni con speranza ch’egli devesse
NOVELLA IX
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Angelo a trovar il frate, al quale sapeva che Caterina era usa
di confessarsi, e seco cominciò di varie cose a ragionare e farsegli
assai domestico, e tanto continuò questa sua pratica, che avendo
il frate venduto il pesce, si lasciò da le favole di costui in tal
maniera pigliare ed abbagliare, che gli promise tenerlo appresso
di sé dentro il luogo ove soleva confessare alora che egli udi¬
rebbe la confessione de la sua moglie. Ordinato questo, e dato
il geloso molti danari al frate, che ne la cappa gli prese per
non toccargli con mano, attendeva il giorno che la moglie
andasse a confessarsi. La donna era consueta mandar sempre
un giorno avanti ad avvisar il suo padre spirituale. Il che dal
geloso saputo, informò benissimo il frate di ciò che deveva
domandarla. Venuto il di assegnato, dopo desinare la donna
montò in carretta e andò a santo Angelo, ove di già il marito era
andato. Come la donna fu giunta, fece chiamar il suo padre ed
entrò in un di quei camerini che sono a posta fatti per confes¬
sarsi. Da l'altra banda, pigliata la oportunità che da nessuno
furono veduti entrarono il ribaldo frate ed il matto geloso che an¬
dava cercando ciò che non averebbe voluto trovare, entrarono —
dico — dentro il contracamerino. Quivi, cominciata la confessione
e venutosi al parlamento dei peccati de la lussuria, la donna
confessò il peccato suo che con l'amante faceva. — Oimè, figliuola
mia, — disse lo scelerato frate — non te ne ripresi io agramente
l’anno passato, e tu mi dicesti che noi faresti mai più? È questo
ciò che m’ hai promesso? — Padre, — disse la donna — io non ho
saputo né potuto far altrimenti, e di tutto questo n'è cagione
la malvagia vita del mio marito che come sapete mi tratta, ché
altre volte il tutto v’ ho detto. Io son donna di carne e d'ossa
come l'altre, e veggendo che mio marito non si è mai di me
curato, mi son proveduta a la meglio che ho potuto. E almeno
fo io tanto che le cose mie sono secrete, ove quelle di mio
marito sono favola del volgo, e non che in Broletto se ne parli,
ma non è barberia né luogo ove non se ne canzoni. Il che
dei fatti miei non avviene, anzi tutti m’hanno compassione e
dicono che egli non merita cosi buona moglie com’io sono.
Hollo io sopportato circa sette anni con speranza ch’egli devess
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