Lettere (Seneca)/Alle Loro Eccellenze: differenze tra le versioni

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MADDALENA MICHIEL.}}
 
 
 
''Sì; l’uso, o a meglio dire l’abuso delle poetiche Raccolte per Nozze, per Monache, per addottoramenti, per elezioni a Dignità Ecclesiastiche, o secolaresche, e per altrettali avvenimenti erasi di sorte avanzato, che nessuna omai più occorreva di simili solennità, che a celebrarla non si avesse ricorso alle Dame di Pindo e quel che da principio reputato era un giusto tributo d’ossequio al merito, divenne in appresso soggetto di vanità, e pascolo all’insana ambizione. Nè certo potea d’altronde procedere quell’alluvione di sterminati Raccoltoni, che quasi ad ogn’istante lasciano non saprei ben dire se alla luce del mondo, o alle tenebre per tutt’Italia, giacchè omai non v’era angolo d’essa, che non ne fosse fatalmente inondato. Libri sì fatti sovente dall’adulazione, e rado dettati da un’intima persuasione, che abbiasi delle persone prese ad encomiare, dopo aver per un momento formato la dilizia e l’occupazion degli odiosi e degli scioperati, gittavansi alla rinfusa tra il polveroso ciarpame delle famiglie, o, passati nelle mani delle fantesche, diventano serbatoj d ’acce, e d’aguglie, come quelli che per lo più nulla in se racchiudeano, che degni rendesseli di venir elevati all’onore d’aver un luogo nelle scansie d’una privata, o pubblica biblioteca. Rifiniti non che stanchi i buoni Poeti di comporre in simili occasioni appunto per la soverchia frequenza, con che esse ricorrevano, sottentrarono a tener le lor veci i poetastri o prezzolati, o ambiziosi di veder girare a stampa il proprio nome in fronte alle loro canore zacchere insulse. Ecco quindi l’amabilissima e divina poesia, a decantare trovata le gloriose geste degli eroi, o l’alto potere de Numi, di nobil matrona chell’è, colpa di cotestoro, sozza divenir sgualdrinella, e farsi bordello il Tempio delle sante Muse.''
 
''Bene impertanto e saggiamente adoperarono in questi ultimi tempi quegli uomini, i quali a’ soliti ammassi di rime, che Raccolte s’appellano, l’edizione sostituirono di alcuni Opuscoli o inediti, o, comechè altra volta stampati, renduti rarissimi: della qual cosa nel paese nostro ci porse un luminoso esempio, tra gli altri, il Chiariss. Ab. Morelli, ch’io nomino volentieri per cagion d’onore. E’ pare esser venuto il tempo di togliere al tutto di mezzo l’inveterato uso, pessimo già diventato, di biscantare per checcessia; mentre accade talora che quei medesimi, a loda de’ quali tesseansi Sonetti a bizzeffe e Madriali e Canzoni, ricusino oggidì l’obblazione di tali insipide cantilene, che accomunavanli con un numero immenso di dissennati e superbi, andanti a caccia di plausi. Di fatti qual più ridicola costumanza della già invalsa tra noi di pregare, ed anco di pagar gente, che strimpelli un colascion posto a prezzo, per sentirsi grattato soavemente l’orecchio dal suono delle laudi propie? Dolce, nol niego, è l’armonia de’ versi, quando sieno ben temprati alla faticosa incudine; ma più dolce riesce d’assai, quando offerti vengano spontaneamente da un cuor sincero, poichè gli encomj, che accattansi eziandio presso i gran Poeti, tornano biasmi, e creano vitupero, anzi che gloria, sempre che non giungasi a meritarli. Ma siccome del propio merito nissuno esser puote giudice competente, e siccome un uom modesto rifugge dal credersi da più degli altri, e sdegna d’ascoltare le mellite voci degli assentatori non solo, ma quelle eziandio de’ candidi lodatori, nè punto invanisce per quanti gli si tessano panegirici; debbesi dal lato nostro chiuder l’entrata nel campo delle nostre lodi, e non già altrui invitar follemente ad entrarvi.''