Pagina:Storia delle arti del disegno III.djvu/282: differenze tra le versioni

 
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{{Pt|spondere|rispondere}} alle sue ragioni, gli domandai, in che modo credesse egli, che gli antichi scultori dessero l’ultima mano alle loro statue? Probabilmente, replicò, era il loro metodo quello, che vien praticato da noi, cioè di dar loro l’ultima pulitura colla pomice, allegandomi l’Antinoo, o a mio credere il Meleagro di Belvedere<ref>Vedi ''Tom. {{Sc|iI}}. pag. 141. n.'' {{Sc|a}}.</ref>. Questo gli tirai di bocca per confonderlo meglio. Gli risposi" dunque circa alla sua prima ragione, che gli scultori antichi fecero opere gradinate, il che si vede chiaramente allo zoccolo, o sia base del Laocoonte; e che usavano gradini, ma composti di più ferri uniti con una tenitura, il quale strumento si vede al monumento sepolcrale di {{Sc|Apro}} capomastro scarpellino, e architetto, nel Campidoglio<ref>Fu quello trovato sul Gianicolo, ed indi trasferito agli orti Vaticani, dai quali per ordine del gran Benedetto XIV. passò al museo Capitolino. Vien riferito da {{AutoreCitato|Jan Gruter|Grutero}} ''Tom. {{Sc|iI}}. pag. 624. num. 1.'', e dal P. {{AutoreCitato|Bernard de Montfaucon|Montfaucon}} ''Antiq. explic. Tom. {{Sc|iiI}}. par. 2. liv. 5. chap. 1. pl. 189. pag. 342''. L’illustrarono poi monsig. {{AutoreCitato|Michele Mercati|Michele Mercati}} nelle sue ''Considerazioni sopra gli avvenimenti del signor Latino Latini, ec. consid. 5. pag. 68''., ed il Padre {{AutoreCitato|Diego Revillas|Diego Revillas}} nella sua Dissertazione sul piede antico romano, che è la IV. del Tomo {{Sc|iiI}}. degli Atti dell’Accademia di Cortona, ''pag. 116''. [ Si può vedere anche presso il canonico {{AutoreCitato|Ottaviano Guasco|Guasco}} ''Antiq. inscript. mus. Capitol. Tom. {{Sc|iI}}. cap. 4. n. 143. pag. 6''., e il canonico {{AutoreCitato|Niccolò Foggini|Foggini}} Mus''. Capit. Tom. IV. Tav. 9. pag. 25''., che diffusamente lo illustra. Apro non era né capomastro scarpellino, né architetto. Era un semplice misuratore di fabbriche. Di tali misuratori parlano molte iscrizioni presso {{AutoreCitato|Ludovico Antonio Muratori|Muratori}} ''Tom. {{Sc|iI}}. pag. 924. n. 8., pag. 960. n. 3''., {{AutoreCitato|Thomas Reinesius|Reinesio}} ''cl. 9. pag. 83. n. 85.'', {{AutoreCitato|Jacob Spon|Sponio}} ''Miscell. erud. antiq. sect. 6. pag. 225. n. 1. 2''., Donio ''cl. 8. p. 335. n. 86''. Dell’impiego ne parla {{AutoreCitato|Gaio Plinio Cecilio Secondo|Plinio il giovane}} ''lib. 10. epist. 28''., e le leggi romane nelle Pandette ''lib. 11. tit. 6. Si mensor falsum modum dixerit'', ove {{AutoreCitato|Eneo Domizio Ulpiano|Ulpiano}} nella legge ultima lo distingue dall’architetto, parlandone come di persona diversa. E che fossero divelli ufsizj, come lo sono anche al presente per regola, ci si conferma dall’aver quelli misuratori formato anticamente un collegio, indicato in due iscrizioni presso Grutero ''Tom. {{Sc|iI}}. p. 599. n. 1.. p. 623. n. 6.'', e non avvertito dallo {{AutoreCitato|Giuseppe Giusto Scaligero|Scaligero}} nel suo indice di questa raccolta, ove parla dei collegi Vi era anche il misuratore degli edifizj pubblici, di uno de’ quali si parla in una lapida presso {{AutoreCitato|Marquard Gude|Gudio}} ''Inscr. pag. 220. n. 5.'', e di un altro si ha memoria in una lapida riferita dal P. {{AutoreCitato|Giuseppe Rocco Volpi|Volpi}} ''Latium vetus prof. Tom. VIII. lib. 15. cap. 5. pag. 293''., ove si dice ''agrimensor ædificiorum pubicorum'': agrimensore degli edifizj pubblici.</ref>. Per ciò, che spetta alla seconda ragione, di cui lo scultore molto s’applaudì, gli accordai, che il lume accennato negli occhi non si trova per verità, che in poche statue divine, o ideali, ma non in nessuna. E’ da sapersi, che tali occhi sono un raffinamento metto in uso più comunemente nel tempo dell’arte già declinata, e divenuto poi universale sotto Adriano, come si vede ne’ busti degl’imperatori. L’unica testa, non ideale, a
<section begin="s2" />{{Pt|spondere|rispondere}} alle sue ragioni, gli domandai, in che modo credesse egli, che gli antichi scultori dessero l’ultima mano alle loro statue? Probabilmente, replicò, era il loro metodo quello, che vien praticato da noi, cioè di dar loro l’ultima pulitura colla pomice, allegandomi l’Antinoo, o a mio credere il Meleagro di Belvedere<ref>Vedi ''Tom. {{Sc|iI}}. pag. 141. n.'' {{Sc|a}}.</ref>. Questo gli tirai di bocca per confonderlo meglio. Gli risposi" dunque circa alla sua prima ragione, che gli scultori antichi fecero opere gradinate, il che si vede chiaramente allo zoccolo, o sia base del Laocoonte; e che usavano gradini, ma composti di più ferri uniti con una tenitura, il quale strumento si vede al monumento sepolcrale di {{Sc|Apro}} capomastro scarpellino, e architetto, nel Campidoglio<ref>Fu quello trovato sul Gianicolo, ed indi trasferito agli orti Vaticani, dai quali per ordine del gran Benedetto XIV. passò al museo Capitolino. Vien riferito da {{AutoreCitato|Jan Gruter|Grutero}} ''Tom. {{Sc|iI}}. pag. 624. num. 1.'', e dal P. {{AutoreCitato|Bernard de Montfaucon|Montfaucon}} ''Antiq. explic. Tom. {{Sc|iiI}}. par. 2. liv. 5. chap. 1. pl. 189. pag. 342''. L’illustrarono poi monsig. {{AutoreCitato|Michele Mercati|Michele Mercati}} nelle sue ''Considerazioni sopra gli avvenimenti del signor Latino Latini, ec. consid. 5. pag. 68''., ed il Padre {{AutoreCitato|Diego Revillas|Diego Revillas}} nella sua Dissertazione sul piede antico romano, che è la IV. del Tomo {{Sc|iiI}}. degli Atti dell’Accademia di Cortona, ''pag. 116''. [ Si può vedere anche presso il canonico {{AutoreCitato|Ottaviano Guasco|Guasco}} ''Antiq. inscript. mus. Capitol. Tom. {{Sc|iI}}. cap. 4. n. 143. pag. 6''., e il canonico {{AutoreCitato|Niccolò Foggini|Foggini}} Mus''. Capit. Tom. IV. Tav. 9. pag. 25''., che diffusamente lo illustra. Apro non era né capomastro scarpellino, né architetto. Era un semplice misuratore di fabbriche. Di tali misuratori parlano molte iscrizioni presso {{AutoreCitato|Ludovico Antonio Muratori|Muratori}} ''Tom. {{Sc|iI}}. pag. 924. n. 8., pag. 960. n. 3''., {{AutoreCitato|Thomas Reinesius|Reinesio}} ''cl. 9. pag. 83. n. 85.'', {{AutoreCitato|Jacob Spon|Sponio}} ''Miscell. erud. antiq. sect. 6. pag. 225. n. 1. 2''., Donio ''cl. 8. p. 335. n. 86''. Dell’impiego ne parla {{AutoreCitato|Gaio Plinio Cecilio Secondo|Plinio il giovane}} ''lib. 10. epist. 28''., e le leggi romane nelle Pandette ''lib. 11. tit. 6. Si mensor falsum modum dixerit'', ove {{AutoreCitato|Eneo Domizio Ulpiano|Ulpiano}} nella legge ultima lo distingue dall’architetto, parlandone come di persona diversa. E che fossero divelli ufsizj, come lo sono anche al presente per regola, ci si conferma dall’aver quelli misuratori formato anticamente un collegio, indicato in due iscrizioni presso Grutero ''Tom. {{Sc|iI}}. p. 599. n. 1.. p. 623. n. 6.'', e non avvertito dallo {{AutoreCitato|Giuseppe Giusto Scaligero|Scaligero}} nel suo indice di questa raccolta, ove parla dei collegi Vi era anche il misuratore degli edifizj pubblici, di uno de’ quali si parla in una lapida presso {{AutoreCitato|Marquard Gude|Gudio}} ''Inscr. pag. 220. n. 5.'', e di un altro si ha memoria in una lapida riferita dal P. {{AutoreCitato|Giuseppe Rocco Volpi|Volpi}} ''Latium vetus prof. Tom. VIII. lib. 15. cap. 5. pag. 293''., ove si dice ''agrimensor ædificiorum pubicorum'': agrimensore degli edifizj pubblici.</ref>. Per ciò, che spetta alla seconda ragione, di cui lo scultore molto s’applaudì, gli accordai, che il lume accennato negli occhi non si trova per verità, che in poche statue divine, o ideali, ma non in nessuna. E’ da sapersi, che tali occhi sono un raffinamento metto in uso più comunemente nel tempo dell’arte già declinata, e divenuto poi universale sotto Adriano, come si vede ne’ busti degl’imperatori. L’unica testa, non ideale, a
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