Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1910, I.djvu/104: differenze tra le versioni

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Egli è bene ormai tempo che io devessi ricever da voi una sola risposta a le mie tre lettere che v’ho scritte dopo che voi séte partita di Lombardia ed andata nel regno di Napoli. E vi prometto per quella riverenza che sempre v’ho portato, che io tra me stesso deliberato aveva di por fine al mio scrivere e non vi mandar piú lettere mie, non giá che io sia fatto gran maestro e salito in superbia, o che io piú non vi stimi come prima stimava, e che io non conosca le divine doti che sono in voi, ma mi era in questa deliberazione messo per non noiarvi e non vi venir a fastidio. E che altro poteva io imaginarmi sapendo voi aver avuto le lettere mie e non veder in tanti giorni una cedula vostra? Sovvengavi che quando eravate a Casalmaggiore con madama vostra madre, ed io in Cremona, che ogni settimana due fiate per lo meno mi scrivevate. Ora, lodato Dio che ho ricevuto la vostra lettera tutta piena di cortesia, con una scusazione de la tarditá vostra de lo scrivere sí ben fatta e tanto accomodata, ch’io mi tengo per benissimo sodisfatto da voi. E a dirvi il vero, se io credessi a tre mie lettere aver sempre una cosí bella e lunga lettera vostra, io ve ne scriverei ogni settimana una decina. Pertanto se con madama vostra madre, con il signor Federico e signor Pirro miei signori e vostri fratelli mi son lamentato di voi, io me rendo di core in colpa, non de l’essermi doluto con esso loro, ché aveva ragion di farlo, ma d’esser stato tanto tardi a farlo. Ché se piú tosto avessi io gridato, ed eglino, come hanno fatto, per lettere
Egli è bene ormai tempo che io devessi ricever da voi una
sola risposta a le mie tre lettere che v’ ho scritte dopo che
voi séte partita di Lombardia ed andata nel regno di Napoli.
E vi prometto per quella riverenza che sempre v’ho portato,
che io tra me stesso deliberato aveva di por fine al mio scri¬
vere e non vi mandar piú lettere mie, non giá che io sia fatto
gran maestro e salito in superbia, o che io piú non vi stimi
come prima stimava, e che io non conosca le divine doti che
sono in voi, ma mi era in questa deliberazione messo per non
noiarvi e non vi venir a fastidio. E che altro poteva io ima-
ginarmi sapendo voi aver avuto le lettere mie e non veder in
tanti giorni una cedula vostra? Sovvengavi che quando eravate
a Casalmaggiore con madama vostra madre, ed io in Cremona,
che ogni settimana due fiate per lo meno mi scrivevate. Ora,
lodato Dio che ho ricevuto la vostra lettera tutta piena di cor¬
tesia, con una scusazione de la tarditá vostra de lo scrivere si
ben fatta e tanto accomodata, ch’io mi tengo per benissimo so¬
disfatto da voi. E a dirvi il vero, se io credessi a tre mie let¬
tere aver sempre una cosi bella e lunga lettera vostra, io ve ne
scriverei ogni settimana una decina. Pertanto se con madama
vostra madre, con il signor Federico e signor Pirro miei signori
e vostri fratelli mi son lamentato di voi, io me rendo di core
in colpa, non de l'essermi doluto con esso loro, ché aveva ra¬
gion di farlo, ma d’esser stato tanto tardi a farlo. Ché se piú
tosto avessi io gridato, ed eglino, come hanno fatto, per lettere