Pagina:Istorie dello Stato di Urbino.djvu/374: differenze tra le versioni

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ferito, e dopò lunga cura, quasi risanato essendo, per ordine del medesimo Duca, che la sua intiera salute desiava, ritornò in Italia, da alcuni suoi parenti accompagnato; il qual volle anco honorare di lettere di ben serviti, e di favoritissimi passaporti, dati sotto lì 21. di Luglio, l'Anno 1546. che ancora in mano del Capitano Pier Leone suo nipote si conservan'illesi. Risanato (come quelli ch'era di animo generoso) non potendo star'in otio alla Patria, usci di nuovo al soldo di Carlo Quinto, nelle guerre d'Italia. Et in Monte alcino, essendo Luogotenente nella Compagnia di Giulio Monte, l'Anno 1553. fè con le sue genti del suo esperimentato ardire in quella impresa gran prove; onde dal General dell'Essercito in voce, & in scritto ne fu molto lodato. Morì alla Patria, lasciando delle sostanze, e del vanto de' suoi gran meriti gli suoi figliuoli, e Descendenti heredi.


{{Capolettera|F}}rà Cesare Magini Minore Conventuale, fù di si spurgato ingegno, che in pochi giorni d'ogni habito speculativo, della Sacra Teologia principalmente, divenne ricchissimo possessore: peroché ritrovandosi in Bologna d'età di dieciotto Anni, spiegava con fiume d'eloquenza la dottrina di {{AutorCitato|Duns Scoto|Scoto}} sopra le Sentenze, nelle principali Cathedre di quell'Università, con seguito incredibile de i più curiosi professori delle Sacre lettere. Tirato dallo sparso rumore della fama di lui Frà {{W|Giulio Magnani|Giulio Magnani}} da Piacenza Ministro Generale dell'Ordine suo, esser volle d'improviso ad un suo discorso presente, & havendo con mano toccato, che i fatti di questo meraviglioso soggetto non difalcavano punto alla gran fama; subito disceso di Cathedra, alla presenza di tutti creollo Maestro della Sacra Teologia, con infinito applauso di ogni letterato di quel celebre Studio: Così nelle patentali lettere si legge, date in Bologna l'Anno del Signore 1553. le quali trovansi hoggi nelle mani di Stefano Magini, Medico spiritoso, e saggio di {{W|Livia Della Rovere|Donna Livia Duchessa d'Urbino}}. Mà dall'invidia oppresso, à pena il quarto lustro compito, da gl'invidiosi ricevè la non consciuta, nè meritata morte, la qual non tanto à gli suoi parenti, & alla Patria rese indicibil dolore, quanto à tutte le Scuole d'Italia; stando elle con aspettatione, che nell'età più matura dovesse (ogni contraria opinion rimovendo) ne i passi più difficili delle scienze, concordare non solo Scoto con {{AutoreCitato|Tommaso d'Aquino|S. Tomaso}}, {{AutoreCitato|Aristotele|Aristotile}} con {{AutoreCitato|Platone|Platone}}, e con {{AutoreCitato|Eraclito|Heraclito}} {{AutoreCitato|Democrito|Democrito}}: mà serrare anche la bocca ad ogni Sofista, Hippocrita, e Tiranno, che con varij sillogismi, & ascoste fallacia oscurano il vero, e rendono ogni più certa Scienza dubbiosa.


{{Capolettera|S}}imone Fata fu Dottor esprerimentato nell'una, e nell'altra Legge. Hebbe molti Governi de i Sommi Pontefici, & in tutti felicemente portossi. Si trovò presente al Concilio di Trento, e con gli altri Padri {{Pt|af-|}}
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