Elogio catodico del quotidiano/Cap. 1: differenze tra le versioni

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'''Cap. 1 - Gli esuli della Rai abbattono il monopolio a colpi di trasmissioni amatoriali basate sulla partecipazione popolare.'''
 
Il fenomeno delle tv locali nasce sull’onda emotiva del ’68, nei primi anni settanta per opera, paradossalmente proprio di un regista della Rai, Peppo Sacchi, allora in rotta con la tv di stato per una questione di rapporti di lavoro.
 
Come strumento di protesta, scelse provocatoriamente di fondare nella sua città, Biella, una sua stazione televisiva “libera”, in aperta violazione della normativa dell’epoca, che garantiva alla Rai il monopolio delle trasmissioni radiotelevisive in Italia.
Nell’avventura di Telebiella, questo il nome scelto per la sua emittente, Sacchi coinvolse molte persone che allora avevano rapporti tesi con l’emittente di Stato, tra cui soprattutto il noto presentatore Enzo Tortora, che circa un decennio addietro era stato licenziato dalla Rai.
Il presentatore genovese, nove anni prima, era stato messo alla porta dai dirigenti di viale Mazzini dopo che in un’intervista al settimanale Oggi in cui criticava pesantemente il monopolio televisivo e il sistema di lottizzazione politica della Rai, arrivò a definire quest’ultima come “Un jet supersonico comandato da un branco di boy scout che litigano ai comandi”.
 
Il presentatore genovese, nove anni prima, era stato messo alla porta dai dirigenti di viale Mazzini dopo che in un’intervista al settimanale ''Oggi'' in cui criticava pesantemente il monopolio televisivo e il sistema di lottizzazione politica della Rai, arrivò a definire quest’ultima come ''“Un jet supersonico comandato da un branco di boy scout che litigano ai comandi”.
«Mi posi il problema, assai grave allora e oggi per fortuna molto meno, di fare un mestiere che non esisteva se non nel monopolio» [Tortora 1988, 49], si legge in una sua autobiografia, pubblicata pochi mesi prima di morire. Peppo Sacchi ed Enzo Tortora, che avevano già lavorato assieme in Rai fin dagli anni cinquanta, si incontrano di nuovo, da “esuli”, a Lugano dove entrambi lavorano per l’emittente di stato svizzera TSI.
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''«Mi posi il problema, assai grave allora e oggi per fortuna molto meno, di fare un mestiere che non esisteva se non nel monopolio»'' [Tortora 1988, 49], si legge in una sua autobiografia, pubblicata pochi mesi prima di morire. Peppo Sacchi ed Enzo Tortora, che avevano già lavorato assieme in Rai fin dagli anni cinquanta, si incontrano di nuovo, da “esuli”, a Lugano dove entrambi lavorano per l’emittente di stato svizzera TSI.
 
A quanti, come Sacchi e Tortora, che avevano avuto problemi nel rapporto di lavoro con la Rai, negli anni del monopolio, non rimaneva altra strada che le emittenti estere in lingua italiana, come la Televisione della Svizzera Italiana, Telemontecarlo, e Telecapodistria, televisioni allora ricevibili sui televisori, come unica alternativa al primo e al secondo canale, in alcuni zone del nord Italia e della costa adriatica. Tali stazioni televisive estere rappresentarono per anni, non solo per personaggi artistici, ma anche per molti tecnici, gli unici datori di lavoro potenzialmente alternativi alla Rai monopolistica.
Nel tempo libero Sacchi, come ricorda il quotidiano La Stampa si dedica a un hobby particolare: “gira Biella e il Biellese su una R4, si ferma nelle piazze e all'angolo dei bar, apre lo sportellone e, moderno cantastorie, al posto dei disegni in sequenza che narrano la cronaca, accende un televisore che mostra i fatti della settimana biellese, da lui registrati su cassetta.”
E proprio mentre si trova a Locarno nella Svizzera Italiana Sacchi come ricorda in un’intervista ha un’idea fulminante «In un ristorante la televisione era accesa e in quel momento era in onda un programma che proveniva direttamente dalla Germania. Mi fu spiegato che alcune ditte private avevano installato una grossa antenna sulle colline di Bellinzona e con dei cavi coassiali portavano il segnale della televisione tedesca ad Ascona e Locarno dove risiedeva una comunità germanica. L'idea di realizzare una tv locale che raccontasse i fatti di una città senza retorica ed eufemismo come li si narra a casa alla moglie mi inseguiva da mesi. Mi ricordai che nel nostro codice postale non esisteva alcun divieto sulle trasmissioni via cavo. E iniziai l'avventura». La tecnologia della tv via cavo era utilizzata in Svizzera per permettere di vedere le emittenti televisive delle diverse lingue parlate nei vari cantoni della confederazione.
 
Nel tempo libero Sacchi, come ricorda il quotidiano La Stampa si dedica a un hobby particolare: ''“gira Biella e il Biellese su una R4, si ferma nelle piazze e all'angolo dei bar, apre lo sportellone e, moderno cantastorie, al posto dei disegni in sequenza che narrano la cronaca, accende un televisore che mostra i fatti della settimana biellese, da lui registrati su cassetta.”
«Perché Locamo sì e Biella no?- Da questo momento Biella non dovrà più attendere il passaggio della R4 per vedere la propria cronaca, può farlo comodamente al bar o addirittura in casa propria: basta collegarsi con i cavi che Sacchi sta freneticamente tirando per tutta la città. Del resto: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente la propria opinione con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione», così la pensa la Costituzione nel suo articolo 21. L'equipe: Peppo, Ivana e cinque o sei amici; l'attrezzatura: un paio di telecamere, un impianto di riflettori, un registratore di immagini, il cavo; la rete: all'inizio nel centro con video sotto i portici del municipio, in un ristorante, al bar Beni, da un barbiere».
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E proprio mentre si trova a Locarno nella Svizzera Italiana Sacchi come ricorda in un’intervista ha un’idea fulminante ''«In un ristorante la televisione era accesa e in quel momento era in onda un programma che proveniva direttamente dalla Germania. Mi fu spiegato che alcune ditte private avevano installato una grossa antenna sulle colline di Bellinzona e con dei cavi coassiali portavano il segnale della televisione tedesca ad Ascona e Locarno dove risiedeva una comunità germanica. L'idea di realizzare una tv locale che raccontasse i fatti di una città senza retorica ed eufemismo come li si narra a casa alla moglie mi inseguiva da mesi. Mi ricordai che nel nostro codice postale non esisteva alcun divieto sulle trasmissioni via cavo. E iniziai l'avventura».'' La tecnologia della tv via cavo era utilizzata in Svizzera per permettere di vedere le emittenti televisive delle diverse lingue parlate nei vari cantoni della confederazione.
 
''«Perché Locamo sì e Biella no?- Da questo momento Biella non dovrà più attendere il passaggio della R4 per vedere la propria cronaca, può farlo comodamente al bar o addirittura in casa propria: basta collegarsi con i cavi che Sacchi sta freneticamente tirando per tutta la città. Del resto: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente la propria opinione con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione», così la pensa la Costituzione nel suo articolo 21. L'equipe: Peppo, Ivana e cinque o sei amici; l'attrezzatura: un paio di telecamere, un impianto di riflettori, un registratore di immagini, il cavo; la rete: all'inizio nel centro con video sotto i portici del municipio, in un ristorante, al bar Beni, da un barbiere».''
 
Come mi ha raccontato Sacchi in una serie di incontri/interviste, per un po’ di tempo Telebiella non desta l’attenzione della stampa nazionale. Uno dei punti di svolta arriva con l’interessamento di un cronista del quotidiano La Nazione, con una specifica esperienza in campo televisivo; Enzo Tortora. L’ex conduttore del Gambero e di Campanile Sera che allora lavorava come giornalista nel quotidiano fiorentino non potrà che complimentarsi con il gruppo dei giovani guidati dall’amico Sacchi.
 
''Assolvono a un compito cui i faraonici «studi» della RAI-TV non avevano finora prestato la minima attenzione: quello dell’informazione locale. Ho visto mandare in onda («Telebiella» ha solo quattro microscopiche telecamere giapponesi) filmati e inchiestine d’interesse locale che non sfigurerebbero affatto nel pomposo Telegiornale nazionale. C’è un senso del lavoro, della funzionalità delle cose, c’è una semplicità schietta di linguaggio che invano cerchereste nel grande carrozzone del parastato''
 
Nelle parole dello stesso Tortora nella sua autobiografia [1988, 51]
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La tivù non mi frullava nemmeno per l'anticamera del cervello. Pensai ad un gioco, ad un club a Biella di teleamatori i quali si potessero collegare via cavo per vedere filmati da cineclub. Facemmo alcune prove, funzionava. Ma il Ministero mi disse che non era possibile accogliere la richiesta. Non la feci tanto lunga, avevo altro per la testa, dovevo lavorare. Ma nel '70 e nel '71 tornai alla carica sulla base di considerazioni semplici per cui se le immagini fotografiche e le notizie venivano diffuse ai giornali via cavo telefonico si poteva farlo anche con racconti per immagini. Potendo contare su un direttore giornalista e un editore c'erano le caratteristiche per trasmettere un giornale per immagini e lo facemmo con schermi e cavi in città. “
 
Ma a far entrare nella storia della comunicazione l’esperienza di Telebiella fu la coraggiosa battaglia per far giudicare incostituzionale il monopolio televisivo della Rai allora vigente in Italia.
 
Nel ricordo dell’allora pretore Giuliano Grizi, «Alla fine del 72 mi recai presso lo studio fotografico di Lino Cremon, e mi incontrai con Sacchi, che mi investì in malo modo chiedendomi se era ancora in vigore l’art 21 della costituzione perché a lui non permettevano di impiantare i cavi di Telebiella. Io gli risposi che poteva benissimo impiantare l’impianto di Telebiella, bastava che chiedesse l’autorizzazione al comune per il cablaggio sotto le strade, Peppo mi ascoltò e da li venne fuori tutto».
 
Il primo problema da affrontare per Sacchi e Tortora è che secondo la legislazione italiana il cittadino non può avere accesso diretto a un giudizio da parte della corte costituzionale sulla legittimità di una norma. La questione di legittimità costituzionale in via incidentale di una legge può essere sollevata soltanto nell'ambito di un processo.
 
A Sacchi e Tortora non rimane che convincere un amico a denunciarli.
 
Nel ricordo dell’autobiografia di Enzo Tortora [1988, 51] «Ricordo che allora ci facemmo denunciare – lo dico senza timori- per scatenare su di noi l’interesse dei giornali e trovammo un pretore molto intelligente che lo fece, trasformando quello che era un “caso cittadino” in un “caso nazionale”. Tant’è che Biella diventò addirittura il capolinea di un governo. Andreotti, mi sembra, inciampò nel cavo di Telebiella».
 
Come si svolsero veramente i fatti Sacchi lo ha ricordato in occasione del 35° anniversario della fondazione di Telebiella «Andai da un mio amico di nome Marco Porrino con dei fogli contenenti la denuncia e gli dissi: “firma qui” e lui firmò». Nelle parole del settimanale Tv sorrisi e Canzoni all’epoca: «Io direi che il signor Porrino ci ha fatto un grosso favore, è un amico più che un nemico. Era da tempo che attendevo una denuncia, alla Rai di Milano continuavo a chiedere: “Cosa aspettate a denunciarmi?”. L’unica difficoltà, che però non si è rivelata tale, è stata quella di chiedere il permesso del Comune di Biella per far passare i cavi attraverso le strade e le piazze.
 
Ricorda il pretore Grizi
 
le leggi in vigore allora risalivano al 1936 e vietavano solo gli impianti telefonici, telegrafici e radiofonici. La tv via cavo era una cosa nuova, e non rientrava in nessuna di quelle categorie. E siccome c’era il principio di libertà che dice che tutto quello che non è espressamente vietato è ammesso Il governo dapprima prese per scherzo la cosa, ma si è uno scherzo che fanno a Biella, poi in breve non rise più nessuno
Il pretore Grizi in qualità di “giudice a quo” formulò la richiesta di legittimità costituzionale in via incidentale delle norme che regolavano il monopolio televisivo in Italia alla Corte Costituzionale. Grizi inviò gli atti anche ma anche alla Corte di giustizia della comunità europea.
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“Volevo rompere il monopolio della Rai- dichiarò Sacchi al quotidiano La Stampa - volevo che la televisione si occupasse di informazione e cultura locali, cose che la tv di Stato non poteva e doveva fare. Credevo nella forza della provincia. Usavo la tv per dare al Consiglio comunale di Biella la stessa dignità di Montecitorio, per creare libere tribune d’opinione”.
«So che in una recente riunione di politici — raccontò con amarezza Sacchi a Enzo Tortora in un articolo per La Nazione — si è parlato di “Telebiella” come di folklore paesano. Ebbene, noi rivendichiamo questa etichetta, che costituisce al contrario un titolo d’onore. Un piccolo paese, un piccolo giornale, sono altrettanto importanti, agli effetti della democrazia, di una metropoli o di un giornalone».
Lo stesso Sacchi nella sua autobiografia ricorda il ruolo decisivo delle inchieste sui disservizi che creavano difficoltà alla gente, le piccole storie raccontate dal pubblico, in una parola insomma quella dimensione del “quotidiano” su cui punterà le telecamere la neotelevisione.
 
Lo stesso Sacchi nella sua autobiografia ricorda il ruolo decisivo delle inchieste sui disservizi che creavano difficoltà alla gente, le piccole storie raccontate dal pubblico, in una parola insomma quella dimensione del “quotidiano” su cui punterà le telecamere la neotelevisione.
Fiorì la stagione eroica della impari lotta contro il
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''Fiorì la stagione eroica della impari lotta contro il
monopolio che, avendo chiuso le porte alla pluralità, le aveva chiuse anche
ad una Italia falsamente ritenuta di seconda categoria.
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L’Italia dei cittadini onesti, tartassati, sfruttati, sottomessi.
È stata la nostra stagione.
Quella che, pur non volendolo, ha aperto le porte ai barbari dell’etere'' [Sacchi 1998, 7].
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La dimensione del quotidiano fu presente proprio nel codice genetico di Telebiella: è il regista Sacchi, nella sua autobiografia romanzata in terza persona a dichiarare che l’idea di un medium attento alle piccole storie della gente affondava le radici nei suoi ricordi delle serate estive dell’infanzia trascorsa in una cascina nei pressi di Pavia.
 
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Così, mentre il noto presentatore Renato Tagliani fonda Canale 3 a Torino, Sandro Paternostro diventa socio della genovese Telesuperba, Pippo Baudo diventa direttore artistico e socio della catanese Antenna Sicilia e Mike Bongiorno comincia la sua collaborazione con Telemilano.
 
“Si inaugura un nuovo ruolo del conduttore televisivo, quello di sponsorizzatore di rete o di azienda televisiva, con risvolti spesso polemici in cui non si lesinano critiche e accuse ai concorrenti” scrive Maria Pia Pozzato [1992, 97].
Le tv private hanno buon gioco a ingaggiare grossi nomi con cachet che sembrano da favola e soprattutto con la loro elasticità imprenditoriale. Berlusconi fa un contratto in un’ora, la Rai ci impiega mesi [Pettinati 1988, 340].
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L’ex monopolista si vede quindi sfilare a colpi di ingaggi milionari talvolta sotto forma di quote azionarie i cavalli migliori della sua scuderia. La Rai comincia a sentire il peso della concorrenza delle tv commerciali, che oltre a dimostrarsi agguerriti avversari sul terreno degli ascolti e della raccolta pubblicitaria, mettono fine al suo potere di monopsonio sul mercato dello starsystem e dei tecnici televisivi. “La Rai compirà uno sforzo per la graduale riconquista del pubblico «rubato» dalla concorrenza privata - si legge in un articolo de Il Giorno nella primavera del 1977- nei corridoi circolano indiscrezioni su programmi e personaggi. La rete due considerata da alcuni «troppo impegnata» starebbe cercando un antidoto da opporre a Mike Bongiorno e l’avrebbe trovato nel “Recupero” di Enzo Tortora: dopo la brusca rottura di qualche anno fa. E’ un acclamato reingresso nella tv di Stato alle redini di un quiz.”
Mentre nell’era del monopolio erano i dirigenti della Rai a decidere cosa il pubblico dovesse vedere, - osserva Menduni [2003, 100]- la concorrenza televisiva offre, dopo le ingenuità e il colore locale delle prime emittenti televisive private, alternative consistenti e agguerrite, che nel loro complesso aumentano la facoltà di scelta del pubblico e quindi il suo potere, sia pure all’interno dei programmi che gli sono offerti.
 
Il dover rispondere da parte dell’ex monopolista agli attacchi sferrati a colpi di ingaggi milionari da parte dalla concorrenza agguerrita fa sì che la Rai comprenda finalmente l’importanza della competizione attraverso il capitale umano, reintegrando in azienda persone come Enzo Tortora che erano state escluse unicamente per motivi politici o per contrasti di natura personale con la dirigenza.
 
Ma proprio mentre Tortora sta contrattando con successo il suo rientro in Rai, si vede costretto ad abbandonare all'improvviso anche Telealtomilanese, stazione televisiva che aveva contribuito a fondare.
Il petroliere Giuseppe Mancini socio di maggioranza dell'emittente vuole estromettere dalla società il cofondatore e contitolare Renzo Villa, grande amico di Enzo Tortora.
 
La situazione è inevitabilmente pesante; Telealtomilanese è un'emittente che è nata da un gruppo di amici entusiasti e inevitabilmente il rischio, essendoci una situazione di contenzioso tra i due azionisti principali, è che si creino fazioni, pro o contro Renzo Villa, a cui sono legati da vincoli di amicizia i principali artisti, volti noti in primis, dell'emittente. Come mi ha raccontato Angelo Costanza, che vide di persona la scena, Enzo Tortora fu convocato nella sala riunioni di Telealtomilanese da Giusppe Mancini che dopo aver brevemente spiegato la situazione pronunciò in dialetto la frase fatta che usavano gli industrialotti dell’altomilanese per licenziare su due piedi le maestranze “Mi te des gli 8 diis”. Il presentatore genovese rispose prontamente “E io non le do otto millesimi di secondo per andarsene a ….”
 
La notizia giunge alle orecchie di Silvio Berlusconi il quale convoca il presentatore genovese facendo una cospicua offerta affinché vada a collaborare con la sua “Telemilano”, allora tv condominiale di Milano2.
 
“Scommetto che lei non troverà più nessuno che le offre 100 milioni pur di tradire un amico” disse il futuro presidente del consiglio a Tortora, ricevendo per tutta risposta un secco “E io scommetto che lei non troverà mai più nessuno che li rifiuta!”
Fortunatamente per Renzo Villa questa situazione che potrebbe segnare la fine della sua esperienza nel mondo delle televisioni sarà solo uno stimolo per creare una nuova emittente assieme agli amici e colleghi di Telealtomilanese che non gli hanno voltato le spalle.
 
A dare i natali alla nuova televisione che prenderà il nome di Antenna3 Lombardia dopo alcuni ripensamenti, sarà curiosamente un tavolo del retro di una latteria di Busto Arsizio. «I nostri detrattori ci chiamavano con disprezzo “La tv della latteria” - ricorda Villa - e ci fu chi parafrasando la nota frase che Enzo Tortora rivolse ai dirigenti Rai arrivò a dire che eravamo “Un branco di boy scout che giocano col meccano”».
 
Degli ottocento milioni che incassa per la vendita della sua quota di minoranza Villa ne regala cento, sotto forma di quote azionarie della nuova emittente all'amico Tortora per compensarlo del mancato introito dovuto al rifiuto dell'offerta di Telemilano.