Pagina:Gozzi - La Marfisa bizzarra.djvu/17: differenze tra le versioni

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Rispettando chi molto ragiona e poco osserva, io poco ranonando e molto osservando ho ingravidata la mente, la quale, senza incomodare la lingua, ha dato poi tutta la briga, quando a una mia penna di pollo d’India, quando a una mia penna d’oca, di discorrere sopra i fogli che succederanno a questo preambolo. Cotesti fogli formano un libro sulla fronte di cui si vedere scritto: ''La Marfisa bizzarra, poema faceto''. È superflua una confessione che i fatti esposti in dodici canti della Marfisa non siano di gran rimarco. Ciò non è mia colpa. Se nella vecchiaia del mio Turpino i paladini non avessero cambiati gli antichi costumi, che teneano del mirabile, gli accidenti della ''Marfisa'' sarebbero più maravigliosi. Destò in me la spezie di gravissimo caso il cambiamento nel pensare e nell’operare di quegli eroi tanto celebrati dal {{AutoreCitato|Matteo Maria Boiardo|Boiardo }}e dall’{{AutoreCitato|Ludovico Ariosto|Ariosto}}; e se verrá considerata la differenza nel vero punto di vista, i successi di questo burlesco poema non appariranno frivoli affatto. I caratteri, le pitture, i ragionamenti, i maneggi, gli amori, in tal metamorfosi mirabile quanto tutte quelle d’{{AutoreCitato|Publio Ovidio Nasone|Ovidio}}, non mi parvero immeritevoli della fama; e certo il maggior scapito loro deriverá dal mio infelicissimo ingegno, non atto a fargli immortali. Dieci canti di questo libro furono da me scritti sette anni or saranno, vale a dire l’anno 1761. Siccom’egli è veramente satirico e ripieno di ritratti naturali al possibile, alcuni, che vollero a forza udirne dei pezzi, incominciarono a voler fare gli astrologhi, immaginando di scoprire in essi il tale e la
Rispettando chi molto ragiona e poco osserva, io poco ragionando e molto osservando ho ingravidata la mente, la quale, senza incomodare la lingua, ha dato poi tutta la briga, quando a una mia penna di pollo d’India, quando a una mia penna d’oca, di discorrere sopra i fogli che succederanno a questo preambolo. Cotesti fogli formano un libro sulla fronte di cui si vedere scritto: ''La Marfisa bizzarra, poema faceto''. È superflua una confessione che i fatti esposti in dodici canti della Marfisa non siano di gran rimarco. Ciò non è mia colpa. Se nella vecchiaia del mio Turpino i paladini non avessero cambiati gli antichi costumi, che teneano del mirabile, gli accidenti della ''Marfisa'' sarebbero più maravigliosi. Destò in me la spezie di gravissimo caso il cambiamento nel pensare e nell’operare di quegli eroi tanto celebrati dal {{AutoreCitato|Matteo Maria Boiardo|Boiardo}} e dall’{{AutoreCitato|Ludovico Ariosto|Ariosto}}; e se verrá considerata la differenza nel vero punto di vista, i successi di questo burlesco poema non appariranno frivoli affatto. I caratteri, le pitture, i ragionamenti, i maneggi, gli amori, in tal metamorfosi mirabile quanto tutte quelle d’{{AutoreCitato|Publio Ovidio Nasone|Ovidio}}, non mi parvero immeritevoli della fama; e certo il maggior scapito loro deriverá dal mio infelicissimo ingegno, non atto a fargli immortali. Dieci canti di questo libro furono da me scritti sette anni or saranno, vale a dire l’anno 1761. Siccom’egli è veramente satirico e ripieno di ritratti naturali al possibile, alcuni, che vollero a forza udirne dei pezzi, incominciarono a voler fare gli astrologhi, immaginando di scoprire in essi il tale e la