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GIUDIZIO DI EGIDIO REALE 209

aspra, ma semplice e bella quale gli apparve nell’ora del suo più fervido amore.

Il 15 maggio 1934, le «Campagne senza Madonna» sono rappresentate a Roma. «Se c’è un regno dell’intellettualità — scriverà un critico nel darne il resoconto — come ce n’è uno della moda, Leo Ferrerò può vantarsi di avere avuto ieri sera l’onore di un «parterre de rois», tante erano, fra spodestate e felicemente regnanti, le Altezze che popolavano la piccola sala del Teatro Moderno.» E quel parterre de rois, dell’intelligenza, della letteratura, dell’arte, è concorde nel decretare il trionfo, concorde nel ritenere che l’autore è più che una promessa, più che una speranza: è un’affermazione che fa onore alla letteratura ed all’arte italiana.

E quando queste «Campagne senza Madonna» saranno pubblicate, insieme alla «Chioma di Berenice», in un volume, uno dei più acuti critici teatrali e dei più severi, Adriano Tilgher, che ne detterà la prefazione, scriverà: «Questi lavori ci provano a sufficienza, come più che una promessa Leo Ferrerò oggi sia già un’affermazióne de la nostra giovanissima generazione letteraria, tanto più grata quanto più irreperibile sembrava essersi fatta la razza dei giovani in cui fosse ancora da sperare.»

Ma né il teatro né il successo valgono a distrarlo dagli studi, dall’arte, dalla poesia che sono le sue vere passioni. Dopo aver ondeggiato fra uno studio su Dante, e uno su Leonardo, si decide per quest’ultimo e scrive in pochi mesi per la sua laurea quel «Leonardo» che Valéry presenta dicendo:

«Sotto il nome e con l’invocazione di Leonardo da Vinci — voi ponete, all’inizio della vostra carriera, una preoccupazione ed una meditazione di estetica pura. E’ ciò per cui finiscono, e spesso periscono, molti filosofi. Niente di più nobile e di più ardito. Voi avete esaminato con una precisione e un’acutezza ammirevoli alcuni punti fra i più delicati di quelle eterne ricerche che hanno per oggetto di rendere il Bello quasi intelligibile e di indicarci i motivi dell’esserne grandemente commossi.»

Ma ecco che la Patria, o coloro che parlano in nome della Patria e questa credono onorare rendendola ingiusta contro i suoi figli, gli toglie ogni possibilità di servirla, per punire nel figlio il nome