Pagina:Le opere di Galileo Galilei V.djvu/324: differenze tra le versioni

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{{Annotazione a lato sin|''Pererius, In Genesim, circa principium.''}}''Illud etiam diligenter et omnino fugiendum est, ne in traclanda Mosis doctrina quidquam affirmate et asseveranter sentiamus et dicamus, quod repugnet manifestis experimentis et rationibus philosophiae vel aliarum disciplinarum: namque, cum verum omne semper cum vero congruat, non potest veritas Sacrarum Literarum<ref>''che indubitatamente saranno''</ref> veris rationibus et experimentis humanarum{{Annotazione a lato sin|''In Epistola septima, ad Marcellinum.''}} doctrinarum esse contraria.'' Ed appresso {{AutoreCitato|Agostino d'Ippona|S. Agostino}} si legge: ''Si manifestae certaeque rationi velut Sanctarum Scripturarum obiicitur authoritas, non intelligit qui hoc facit; et non Scripturae sensum, ad quem penetrare non potuit, sed suum potius, obiicit veritati; nec quod in ea, sed in<ref>''ci averanno prima''</ref> se ipso, velut pro ea, invenit, opponit.''
{{WIP|[https://it.wikisource.org/wiki/Utente:Stefano_mariucci Stefano Mariucci]}}
{{Annotazione a lato sin|''Pererius, In Genesim, circa principium.''}}''Illud etiam diligenter et omnino fugiendum est, ne in traclanda Mosis doctrina quidquam affirmate et asseveranter sentiamus et dicamus, quod repugnet manifestis experimentis et rationibus philosophiae vel aliarum disciplinarum: namque, cum verum omne semper cum vero congruat, non potest veritas Sacrarum Literarum veris rationibus et experimentis humanarum{{Annotazione a lato sin|''In Epistola septima, ad Marcellinum.''}} doctrinarum esse contraria.'' Ed appresso {{AutoreCitato|Agostino d'Ippona|S. Agostino}} si legge: ''Si manifestae certaeque rationi velut Sanctarum Scripturarum obiicitur authoritas, non intelligit qui hoc facit; et non Scripturae sensum, ad quem penetrare non potuit, sed suum potius, obiicit veritati; nec quod in ea, sed in se ipso, velut pro ea, invenit, opponit.''


Stante questo, ed essendo, come si è detto, che due verità non possono contrariarsi, è officio de’ saggi espositori affaticarsi per penetrare i veri sensi de’ luoghi sacri, che indubitabilmente saranno concordanti con quelle conclusioni naturali, delle quali il senso manifesto o le dimostrazioni necessarie ci avessero prima resi certi e sicuri. Anzi, essendo, come si è detto, che le Scritture per l’addotte cagioni ammettono in molti luoghi esposizioni lontane dal significato delle parole, e, di più, non potendo noi con certezza asserire che tutti gl’interpetri parlino inspirati divinamente, poi che, se così fusse, niuna diversità sarebbe tra di loro circa i sensi de’ medesimi luoghi, crederei che fusse molto prudentemente fatto se non si permettesse ad alcuno impegnare i luoghi della Scrittura ed in certo modo obligargli a dover sostener per vere queste o quelle conclusioni naturali, delle quali una volta il senso e le ragioni dimostrative e necessarie ci potessero manifestare il contrario. E chi vuol por termine alli umani ingegni? chi vorrà asserire, già essersi veduto e saputo tutto quello che è al mondo di sensibile e di scibile? Forse quelli che in altre occasioni confesseranno (e con gran verità) che ''ea quae scimus sunt minima pars eorum quae ignoramus?'' Anzi pure, se {{Annotazione a lato sin|''Ecclesiast., cap.° 3.°''}}noi abbiamo dalla bocca dell’istesso Spirito Santo, che ''Deus tradidit mundum disputationi eorum, ut non inveniat homo opus quod operatus est Deus ab initio ad finem'', non si dovrà, per mio parere, contradicendo a tal sentenza, precluder la strada al libero filosofare circa le cose
Stante questo, ed essendo, come si è detto, che due verità non possono contrariarsi, è officio de’ saggi espositori affaticarsi per penetrare i veri sensi de’ luoghi sacri, che indubitabilmente saranno<ref>''Sanctarum Litterarum obiicitur'', s</ref> concordanti con quelle conclusioni naturali, delle quali il senso manifesto o le<ref>''nec id quod in ea, sed quod in'', s</ref> dimostrazioni necessarie ci avessero prima<ref>''manifesto e le'', s</ref> resi certi e sicuri. Anzi, essendo, come si è detto, che le Scritture per<ref>''essendo che le Scritture (come si è detto) per'', s</ref> l’addotte cagioni ammettono in molti luoghi esposizioni lontane dal significato delle parole, e, di più, non potendo noi con certezza asserire che tutti gl’interpetri parlino inspirati divinamente, poi che, se così fusse, niuna diversità sarebbe tra di loro circa i sensi de’ medesimi luoghi, crederei che fusse molto prudentemente fatto se non si permettesse ad alcuno impegnare<ref>''alcuno l’impegnar'', s</ref> i luoghi della Scrittura ed in certo modo obligargli a dover sostener per vere queste o quelle conclusioni naturali, delle quali una volta il senso e le ragioni dimostrative e necessarie ci potessero manifestare il contrario. E chi vuol<ref>''potessero dimostrare manifestare il contrario'', G</ref> por termine alli umani ingegni? chi vorrà asserire, già essersi veduto e saputo tutto quello che è al mondo di sensibile e di scibile? Forse quelli che in altre occasioni confesseranno<ref>''in altra occasione confesseranno'', s</ref> (e con gran verità) che ''ea quae scimus sunt minima<ref>''scimus sint minima'', s</ref> pars eorum quae ignoramus?'' Anzi pure, se {{Annotazione a lato sin|''Ecclesiast., cap.° 3.°''}}noi abbiamo dalla bocca dell’istesso Spirito Santo, che ''Deus tradidit mundum disputationi eorum, ut non inveniat homo opus quod operatus est Deus ab initio ad finem'', non si dovrà, per mio parere, contradicendo a tal sentenza, precluder la strada al libero filosofare circa le cose

che indubitatamente saranno — 15. ci aver anno prima — . Sanctarum Litterarum obiicitur, s — 9. nec id quod in ea, sed quod in, s — 14:-15. manifesto e /e, s — 16.

essendo che le Scritture {come si è detto) per, s — 22. alcuno l’impegnar, s — 2. potessero dimostrare ma’ nifestare il contrario, G — 28. in altra occasione confesseranno, s — 29. scimus sint minima, s —