Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/106: differenze tra le versioni

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sensi; e pei sensi, le passioni si aprono un varco al cuore; lo circuiscono, lo seducono, e lo traggono nelle catene d’una irresistibile schiavitù. Sarai tu un’eccezione a questa universale condizione degli esseri? O uomo, tu puoi essere salito al più alto grado della saggezza, ma non per questo le passioni cesseranno d’essere inerenti alla tua natura; non per questo ti potrai vantare d’essere uscito dai confini del mio regno». Ma il Buddha dimostrò anche una volta col fatto al demonio, che ogni tentazione riusciva vana, e che si era liberato per sempre dalla servitù, in cui vivono tutte le creature; imperocché era arrivato a estinguere le passioni, che perturbano il cuore dell’uomo. Il Dêva Mâra, costretto a confessare a sè stesso la virtù e la perfezione morale, alla quale s’era innalzato Siddhârtha, non ostante la guerra acerba che aveagli fatta, pieno di confusione precipitò di nuovo nel regno delle tenebre. Se non che, le tre sue figliuole, che avevano nome ''Trishnâ'', ''Ratî'' e ''Aritî'',<ref>Negli scritti singhalesi sono chiamate ''Tanhâ'', ''Rati'' e ''Ranga''.</ref> vistolo afflitto a quel modo, gliene domandarono la cagione: ed egli narrò come fosse stato vinto, e come fosse oramai impotente a lottare più a lungo col Buddha. Della qual cosa le figliuole lo consolarono, promettendo al padre loro di andare esse al filosofo, e ripromettendosi di ricondurlo al mondo e al peccato: imperciocché, esse dicevano, molte male arti sono meglio e più efficacemente esercitate dalle femmine, che dal demonio. Ma dovettero tornare alla loro dimora infernale sconfitte e svergognate, ed ebbero anch’esse a confermare, che il Buddha era superiore, a ogni uomo e a ogni Dio.<ref name="p106">{{AutoreCitato|Paul Ambrose Bigandet|Bigandet}}, p. 96-97, e p. 124-125. — La leggenda dice che Çâkyamuni, in questa lotta che ebbe col demonio, solamente {{Pt|bat-|}}</ref>
sensi; e pei sensi, le passioni si aprono un varco al cuore; lo circuiscono, lo seducono, e lo traggono nelle catene d’una irresistibile schiavitù. Sarai tu un’eccezione a questa universale condizione degli esseri? O uomo, tu puoi essere salito al più alto grado della saggezza, ma non per questo le passioni cesseranno d’essere inerenti alla tua natura; non per questo ti potrai vantare d’essere uscito dai confini del mio regno». Ma il Buddha dimostrò anche una volta col fatto al demonio, che ogni tentazione riusciva vana, e che si era liberato per sempre dalla servitù, in cui vivono tutte le creature; imperocché era arrivato a estinguere le passioni, che perturbano il cuore dell’uomo. Il Dêva Mâra, costretto a confessare a sè stesso la virtù e la perfezione morale, alla quale s’era innalzato Siddhârtha, non ostante la guerra acerba che aveagli fatta, pieno di confusione precipitò di nuovo nel regno delle tenebre. Se non che, le tre sue figliuole, che avevano nome ''Trishnâ'', ''Ratî'' e ''Aritî'',<ref>Negli scritti singhalesi sono chiamate ''Tanhâ'', ''Rati'' e ''Ranga''.</ref> vistolo afflitto a quel modo, gliene domandarono la cagione: ed egli narrò come fosse stato vinto, e come fosse oramai impotente a lottare più a lungo col Buddha. Della qual cosa le figliuole lo consolarono, promettendo al padre loro di andare esse al filosofo, e ripromettendosi di ricondurlo al mondo e al peccato: imperciocchè, esse dicevano, molte male arti sono meglio e più efficacemente esercitate dalle femmine, che dal demonio. Ma dovettero tornare alla loro dimora infernale sconfitte e svergognate, ed ebbero anch’esse a confermare, che il Buddha era superiore, a ogni uomo e a ogni Dio.<ref name="p106">{{AutoreCitato|Paul Ambrose Bigandet|Bigandet}}, p. 96-97, e p. 124-125. — La leggenda dice che Çâkyamuni, in questa lotta che ebbe col demonio, solamente {{Pt|bat-|}}</ref>