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== 2625 giugnodicembre ==
<section begin=2625-0612-2016 />
{{Testo|LeTre piacevoli notticroci}}
 
[[File:StraparolaFederigo Tozzi.jpg|70px|right|link=Autore:GiovanniFederigo Francesco StraparolaTozzi.jpg]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">Giulio chiamò il fratello:
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">In Melano, antica e principal città di Lombardia, copiosa di leggiadre donne, ornata di superbi palagi e abbondevole di tutte quelle cose che ad una gloriosa città si convengono, abitava Ottaviano Maria Sforza, eletto vescovo di Lodi, al quale per debito di eredità, morto Francesco Sforza Duca di Melano, l’imperio del stato ragionevolmente apparteneva. Ma per lo ravoglimento de’ malvagi tempi, per gli acerbi odij, per le sanguinolenti battaglie e per lo continovo mutamento de’ stati, indi si partì, ed a Lodi con la figliuola Lucrezia, moglie di Giovan Francesco Gonzaga, cugino di Federico Marchese di Mantova, nascosamente se n’andò, ivi per alcun tempo dimorando. Il che avendo presentito li suoi, non senza suo grave danno il perseguitorono. Il miserello vedendo la persecuzione de’ parenti suoi ed il mal animo contra lui e la figliuola che dinanzi era rimasa vedova, prese quelle poche gioie e denari che egli si trovava avere, ed a Vinegia con la figliuola se n’andò: dove trovato il Ferier Beltramo, uomo di alto legnaggio, di natura benigno, amorevole e gentile, fu da lui insieme con la figliuola nella propia casa con strette accoglienze onorevolmente ricevuto. E perchè la troppa e lunga dimoranza nell’altrui case il più delle volte genera rincrescimento, egli con maturo discorso indi partire si volse, ed altrove trovare propio alloggiamento.</div>
 
— Niccolò! Déstati!
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</div><section end=26-06-2016 />
 
Quegli fece una specie di grugnito, bestemmiò, si tirò più giù la tesa del cappello; e richiuse gli occhi. Stava accoccolato su una sedia, con le mani in tasca dei calzoni e la testa appoggiata a uno scaffale della libreria; vicino a una cassapanca antica, che tenevano lì in mostra per i forestieri, tutta ingombra di vasi, di piatti e di pitture.
== 3 luglio ==
<section begin=03-07-2016 />
{{Testo|Osservazioni intorno alle vipere}}
 
— Ohé! Non ti vergogni a dormire! È tutta la mattina! Fai rabbia!
[[File:Redi Francesco 1626-1697.png|70px|right|link=Autore:Francesco Redi]]
 
Niccolò, allora, si sdrusciò forte le labbra e aprì gli occhi guardando il fratello.
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">MIO SIGNORE.
 
— Ma che vuoi? Io, fino all’ora di mangiare, dormo!
OGNI giorno più mi vado confermando nel mio proposito di non voler dar fede nelle cose naturali, se non a quello che con gli occhi miei propri io vedo, e se dall’iterata, e reiterata esperienza non mi venga confermato: imperciocche sempre più m’accorgo, che difficilissima cosa è lo spiare la verità frodata sovente dalla menzogna, e che molti Scrittori, tanto antichi, quanto moderni somigliano a quelle pecorelle, delle quali il nostro Divino Poeta
 
— Volevo dirti che io devo andare alla banca! Stamani, c’è un rinnovo.
<poem style="margin-left:0">''Come le pecorelle escon dal chiuso''
''Ad una, a due, a tre, e l’altre stanno''
''Timidette atterrando l’occhio, e’l muso,''
''E ciò che fa la prima, e l’altre fanno''
''Addossandosi a lei, s’ella s’arresta''
''Semplici, e quete, e lo ’mperche non sanno.''</poem></div>
 
Niccolò fece una sbuffata e rispose:
<div class="plainlinks">
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</div><section end=03-07-2016 />
 
— Vai! C’era bisogno di destarmi?
== 10 luglio ==
<section begin=10-07-2016 />
{{Testo|Enrico IV}}
 
— Alla bottega chi ci bada?
[[File:Luigi Pirandello 1932.jpg|70px|right|link=Autore:Luigi Pirandello]]
 
— A quest’ora, non viene nessun imbecille a comprare i libri! Vai! Ci bado io!</div>
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">{{larger|ATTO PRIMO.}}
 
{{smaller|Salone nella villa rigidamente parato in modo da figurare quella che potè essere la sala del trono di Enrico IV nella casa imperiale di Goslar. Ma in mezzo agli antichi arredi due grandi ritratti a olio moderni, di grandezza naturale, avventano dalla parete di fondo, collocati a poca altezza dal suolo su uno zoccolo di legno lavorato che corre lungo tutta la parete (largo e sporgente in modo da potercisi mettere a sedere come su una lunga panconata), uno a destra e uno a sinistra del trono che, nel mezzo della parete, interrompe lo zoccolo e vi si inserisce col suo seggio imperiale e il suo basso baldacchino. I due ritratti rappresentano un signore e una signora, giovani entrambi, camuffati in costume carnevalesco, l’uno da «Enrico IV» e l’altra da «Marchesa Matilde di Toscana». Usci a destra e a sinistra.
 
(Al levarsi della tela i due valletti, come sorpresi, balzano dallo zoccolo su cui stanno sdraiati, e vanno a impostarsi come statue, uno di qua e uno di là ai piedi del trono, con le loro alabarde. Poco dopo, dal secondo uscio a destra entrano {{Sc|Arialdo, Landolfo, Ordulfo}} e {{Sc|Bertoldo}}; giovani stipendiati dal marchese Carlo di Nolli perchè fingano le parti di «Consiglieri segreti», vassalli regali della bassa aristocrazia alla Corte di Enrico IV. Vestono perciò in costume di cavalieri tedeschi del secolo XI. L’ultimo, Bertoldo, di nome Fino, assume ora per la prima volta il servizio. E tre compagni lo ragguagliano, pigliandoselo a godere. Tutta la scena va recitata con estrosa vivacità).}}</div>
 
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</div><section end=1025-0712-2016 />
 
== 171 lugliogennaio ==
{{Testo|La capanna dello zio Tom}}
<section begin=17-07-2016 />
{{Testo|I sette vizi capitali descritti in verso sciolto}}
 
== 8 gennaio ==
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">{{larger|I. SUPERBIA}}
{{Testo|L'arte distillatoria}}
 
== 15 gennaio ==
<poem style="margin-left:0">Sovra scanno dorato, empia ti siedi
{{Testo|Manifesto del Governo della Repubblica di San Marco, 12 agosto 1848|Manifesto del Governo della Repubblica di San Marco}}
E fastosa ti mostri in faccia al mondo:
Ricco drappo ti copre il tristo core,
Ma sulla fronte mostri il rio peccato;
Colpa che macchia, e disadorna l’alma
Di quel fraterno amor che Cristo impose
Agli uomini tutti in su la Croce!
E il vile orgoglio ch’entro te rinserri,
Che tutto fa parere a te soggetto,
Sogno è per te fatale e menzognero.</poem></div>
 
== 22 gennaio ==
<div class="plainlinks">
{{Testo|Sopra le vie del nuovo impero}}
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</div><section end=17-07-2016 />
 
== 2429 gennaio luglio==
{{Testo|Mirtilla}}
<section begin=24-07-2016 />
{{Testo|Il Dio dei viventi}}
 
== 5 febbraio ==
[[File:Grazia Deledda 1926.jpg|70px|right|link=Autore:Grazia Deledda]]
{{Testo|Le colpe altrui}}
 
== 12 febbraio ==
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">{{smaller|Iddio non è Dio del morti, ma Dio del viventi.<br />{{Sc|Marco, XII.}} }}
{{Testo|Per le vie}}
 
== 19 febbraio ==
Le cose erano andate come la famiglia Barcai sperava. Il fratello maggiore, Basilio, scapolo ma padre di un figlio illegittimo, era morto senza lasciare testamento. Così i suoi beni tornavano al fratello minore Zebedeo; il patrimonio Barcai si ricomponeva come ai tempi del vecchio nonno il quale aveva costretto due suoi figliuoli a farsi preti e una figlia a non prendere marito perchè i suoi beni non andassero divisi.
{{Testo|Rime (Saibante)|Rime}}
 
== 26 febbraio ==
E la tradizione prometteva di continuare perchè Zebedeo non aveva che un figlio e la gente diceva che quel figlio era rimasto unico per volontà dei genitori nella speranza appunto che lo zio morisse scapolo.
{{Testo|Leonardo da Vinci}}
 
== 5 marzo ==
Le cose erano dunque andate come si prevedeva e la gente, data la tradizione dei Barcai, non si meravigliava della poca coscienza di Basilio, il quale non aveva lasciato nulla al figlio, e che d’altronde era morto d’improvviso d’un male al cuore da lui sempre trascurato.</div>
{{Testo|Dei delitti e delle pene (1780)|Dei delitti e delle pene}}
 
== 12 marzo ==
<div class="plainlinks">
{{Testo|Fatalità (1895)|Fatalità}}
[[Il Dio dei viventi/I|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=24-07-2016 />
 
== 3119 lugliomarzo ==
{{Testo|Eva (1873)|Eva}}
<section begin=31-07-2016 />
{{Testo|Statuto della Società di Scherma in Verona}}
 
== 26 marzo ==
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">Art. 1.
{{Testo|Il marito di Elena}}
 
== 2 aprile ==
La Società di Scherma costituita dal maestro '''Perez''' non ha altro scopo che lo studio della scherma.
{{Testo|Racconti fantastici}}
 
== 9 aprile ==
Art. 2.
{{Testo|Pensieri (Tarchetti)|Pensieri}}
 
== 16 aprile ==
Il maestro della Società è il signor '''Giuseppe Perez''' summentovato.
{{Testo|Che cosa hanno fatto i deputati dei vari partiti}}
 
== 23 aprile ==
Art. 3.
{{Testo|Con gli occhi chiusi}}
 
== 30 aprile ==
Ogni socio pagherà mensilmente lire cinque anticipate, senza nessuna spesa di buono ingresso.
{{Testo|Il Trentino italiano}}
 
== 7 maggio ==
Art. 4.
{{Testo|La giornada del lócch}}
 
== 14 maggio ==
Detta somma verrà raccolta e versata al maestro, il quale detrattene le spese di fitto di sala, illuminazione e salario di un inserviente, riterrà la rimanenza a titolo di emolumento.
{{Testo|Milanin Milanon}}
 
== 21 maggio ==
Art. 5.
{{Testo|Ordini e istruzioni per gli esposti del R. Spedale di S. Maria degl'Innocenti di Firenze}}
 
== 28 maggio ==
Ogni socio è obbligato per un anno a far parte della Società a decorrere dal giorno che essa è definitivamente costituita; per coloro poi che verranno posteriormente ammessi, l'obbligo di un anno decorre dalla data d'ammissione alla Società.</div>
{{Testo|La coscienza di Zeno (1930)|La coscienza di Zeno}}
 
== 4 giugno ==
<div class="plainlinks">
{{Testo|Facezie (Poggio Bracciolini)|Facezie}}
[[Statuto della Società di Scherma in Verona|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=31-07-2016 />
 
== 711 agostogiugno ==
{{Testo|Fontana nettuniana avanti l'anno 1872}}
<section begin=07-08-2016 />
{{Testo|Bestie}}
 
== 18 giugno ==
[[File:Federigo Tozzi.jpg|70px|right|link=Autore:Federigo Tozzi]]
{{Testo|L'avvenire!?}}
 
== 25 giugno ==
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">Che punto sarebbe quello dove s’è fermato l’azzurro? Lo sanno le allodole che prima vi si spaziano e poi vengono a buttarsi come pazze vicino a me? Una mi ha proprio rasentato gli occhi, come se avesse avuto piacere d’impaurirsi così, fuggendo.
{{Testo|Dal tuo al mio}}
 
== 2 luglio ==
Che chiarità tranquille per queste campagne, che si mettono stese per stare più comode! Che silenzii là dall’orizzonte e dentro di me!
 
La strada per tornare a Siena è là. Vado.
 
Le case si facciano un poco a dietro, e quel mendicante non mi cada addosso. Almeno, l’altro è seduto per terra! Dio mio, tutte queste case! Più in là, più in là! Arriverò dove trovare un poco di dolcezza!
 
Dio mio, queste case mi si butteranno addosso! Ma un’allodola è rimasta chiusa dentro l’anima, e la sento svolazzare per escire. E la sento cantare.
 
Verso il settentrione; dov’è di notte l’orsa, dove la luna non va mai!</div>
 
<div class="plainlinks">
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</div><section end=07-08-2016 />
 
== 14 agosto ==
<section begin=14-08-2016 />
[[File:Paolo Mantegazza.jpeg|150px|left|link=Autore:Paolo Mantegazza]]
 
{{Testo|L'anno 3000}}
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">Paolo e Maria lasciarono Roma, capitale degli Stati Uniti d’Europa, montando nel più grande dei loro ''aerotachi'', quello destinato ai lunghi viaggi.
 
È una navicella mossa dall’elettricità. Due comode poltrone stanno nel mezzo e con uno scattar di molla si convertono in comodissimi letti. Davanti ad esse una bussola, un tavolino e un quadrante colle tre parole: ''moto, calore, luce''.
 
Toccando un tasto l’''aerotaco'' si mette in moto e si gradua la velocità, che può giungere a 150 chilometri all’ora. Toccando un altro tasto si riscalda l’ambiente alla temperatura che si desidera, e premendo un terzo si illumina la navicella. Un semplice commutatore trasforma l’elettricità in calore, in luce, in movimento; come vi piace.
 
Nelle pareti dell’''aerotaco'' eran condensate tante provviste, che bastavano per dieci giorni. Succhi condensati di albuminoidi e di idruri di carbonio, che rappresentano chilogrammi di carne e di verdura; eteri coobatissimi, che rifanno i profumi di tutti i fiori più odorosi, di tutte le frutta più squisite. Una piccola cantina conteneva una lauta provvista di tre elisiri, che eccitano i centri cerebrali, che presiedono alle massime forze della vita; il pensiero, il movimento e l’amore.</div>
 
<div class="plainlinks">
[[L'anno 3000/Capitolo Primo|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=14-08-2016 />
 
== 21 agosto ==
<section begin=21-08-2016 />
{{Testo|La signora dalle camelie (teatro)|La signora dalle camelie}}
 
[[File:Alexandre Dumas01.jpg|70px|right|link=Autore:Alexandre Dumas (figlio)]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">{{x-larger|ATTO PRIMO}}
 
Gabinetto in casa di Margherita. — Una porta al fondo. — A destra un cammino. A sinistra una tavola rotonda. — Fra la porta del fondo ed una laterale, a sinistra, una porta aperta, che lascia vedere una tavola, sopra della quale vi sono candelabri. — Sul davanti un piano-forte, poltrone, sedie, ecc.
 
'''SCENA PRIMA'''
 
'''Nanetta''' al tavolo che lavora, '''Varville''' appoggiato al cammino.
 
''Varville.'' Qualcuno che ha suonato.
 
''Nanetta. (lasciando il lavoro)'' Valentino è già andato ad aprire.
 
''Varville.'' Sarà senza dubbio Margherita.
 
''Nanetta.'' Non lo credo, perchè non sono ancora le dieci, e prima d’uscire mi disse che non sarebbe rientrata che verso le undici... Oh! è madamigella Erminia.</div>
 
<div class="plainlinks">
[[La signora dalle camelie (teatro)/Atto I/Scena prima|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=21-08-2016 />
 
== 28 agosto ==
<section begin=28-08-2016 />
{{Testo|Trattato della neve e del bere fresco}}
 
[[File:Portrait-of-Monardes-1569.png|70px|right|link=Autore:Nicolás Monardes]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">Questa machina del Mondo, la quale contiene in se tutte quelle perfezzioni, che può l’huomo con l’intelletto capire, si divide in due parti, Etherea dico, & Elementare. La Etherea è lucida senza alcuna variazione, & eterna. Questa contiene in se undici Sfere, ò Cieli, in sette de quali son locati il Sole, la Luna, & gl’altri pianeti. L’ottavo, con varie figure è tutto ornato di Stelle: Il nono, è chiamato Christallino. Il decimo, primo mobile, & l’ultimo Cielo Empireo, che vuol dire Cielo di fuoco, per lo suo molto splendore, & è immobile. L’altra parte, è questa nostra regione elementare, la quale continovamente è in moto, & soggetta à tutte le alterazioni possibili. Questa si divide in quattro Elementi, fuoco, aere, acqua, & terra: Della mistione de quali, tutte queste cose inferiori vengano composte, & generate. La terra, è situata nel mezzo come centro di tutta la machina; l’acqua, la circonda, & bagna per ogni parte; l’aere quasi un sottilissimo velo, & lungamente disteso, ammanta l’uno & l’altro di detti Elementi, & il fuoco gira & abbraccia l’aere, distendendosi fino al Ciel della Luna.</div>
 
<div class="plainlinks">
[[Trattato della neve e del bere fresco/1|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=28-08-2016 />
 
== 4 settembre ==
<section begin=04-09-2016 />
{{Testo|La cucina futurista}}
 
[[File:FilippoTommasoMarinetti.jpg|70px|right|link=Autore:Filippo Tommaso Marinetti]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">Contrariamente alle critiche lanciate e a quelle prevedibili, la rivoluzione cucinaria futurista, illustrata in questo volume, si propone lo scopo alto, nobile ed utile a tutti di modificare radicalmente l’alimentazione della nostra razza, fortificandola, dinamizzandola e spiritualizzandola con nuovissime vivande in cui l’esperienza, l’intelligenza e la fantasia sostituiscano economicamente la quantità, la banalità, la ripetizione e il costo.
 
Questa nostra cucina futurista, regolata come il motore di un idrovolante per alte velocità, sembrerà ad alcuni tremebondi passatisti pazzesca e pericolosa: essa invece vuole finalmente creare un’armonia tra il palato degli uomini e la loro vita di oggi e di domani.
 
Salvo le eccezioni decantate e leggendarie, gli uomini si sono nutriti finora come le formiche, i topi, i gatti e i buoi. Nasce con noi futuristi la prima cucina umana, cioè l’arte di alimentarsi. Come tutte le arti, essa esclude il plagio ed esige l’originalità creativa.</div>
 
<div class="plainlinks">
[[La cucina futurista/prefazione|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=04-09-2016 />
 
== 11 settembre ==
<section begin=11-09-2016 />
{{Testo|Il crepuscolo degli idoli}}
 
[[File:Nietzsche187a.jpg|70px|right|link=Autore:Friedrich Nietzsche]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">Conservare la propria serenità di fronte ad una oscura causa giustificabile al difuori di ogni misura, non è certo una piccola abilità: eppure cosa vi sarebbe di più necessario della serenità? Nessuna cosa riesce a meno che la petulanza non vi abbia la sua parte. Un eccesso di forza non fa che provare la forza. — Una ''Trasmutazione di tutti i valori'', questo punto interrogativo così nero, così enorme, che getta delle ombre su colui che lo pone, — un tale destino in un compito ogni istante ci forza a correre al sole, a scuotere un serio che troppo ci pesa. Ogni mezzo è buono, ogni avvenimento è benvenuto. Prima di tutto la guerra. La guerra fu sempre la grande prudenza di tutti gli spiriti che si sono troppo concentrati, di tutti gli spiriti divenuti troppo profondi; nella stessa ferita vi è la forza di guarire. Da molto tempo una sentenza di cui nascondo l’origine alla sapiente curiosità è stata la mia divisa: ''Increscunt animi, virescit volnere virtus.''</div>
 
<div class="plainlinks">
[[Il crepuscolo degli idoli/Introduzione|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=11-09-2016 />
 
== 18 settembre ==
<section begin=18-09-2016 />
{{Testo|Il libro delle vergini}}
 
[[File:Gabriele D'Annunzio 02.jpg|70px|right|link=Autore:Gabriele D'Annunzio]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify"><p>Il viatico uscì dalla porta della chiesa a mezzogiorno. Su tutte le strade era la primizia della neve, su tutte le case era la neve. Ma in alto grandi isole azzurre apparivano tra le nuvole nevose, si dilatavano su ’l palazzo di Brina lentamente, s’illuminavano verso la Bandiera. E nell’aria bianca, su ’l paese bianco appariva ora subitamente letificante il miracolo del sole.</p>
 
Il viatico s’incamminava alla casa di Giuliana: la gente si fermava a veder passare il prete incedente a capo nudo, con la stola violacea, sotto l’ampio ombrello scarlatto, tra le lanterne portate dai clerici accese. La campanella squillava limpidamente accompagnando i salmi sussurrati dal prete. I cani vagabondi si scansavano nei vicoli al passaggio; Mazzanti cessò di ammucchiare la neve all’angolo della piazza e si scoprì la calvizie inchinandosi. Si spandeva in quel punto dal forno di Flajano nell’aria l’odore caldo e sano del pane recente, quell’odore che éccita il palato.</div>
 
<div class="plainlinks">
[[Il libro delle vergini/Le vergini|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=18-09-2016 />
 
== 25 settembre ==
<section begin=25-09-2016 />
{{Testo|Le nebule}}
 
[[File:Aristophanes - Project Gutenberg eText 12788.png|70px|right|link=Autore:Aristofane]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify"><p>'''Strepsiade'''</p>
 
{{Capolettera|[[File:CerealiCapolettera.jpg|100px|O]]}}ime, oime, ò signor Giove quanto sono lunghe le notti: non si farà hormai dì e pur un buon pezzo è, ch’io hò udito il gallo, e i famigli runchegiano, ma non già da quì in dietro, ò guerra rea per causa de molti, vatene in mal’hora, per ciò che à me non è lecito à punire i servidori. ma ne anche questo da ben giovane di notte si lieva, anzi poltronegia in cinque schiavine involtosi. e se à noi pare, runchegiamo coperti: ma io infelice già dormir non posso, punto, e morduto da la spesa, e da la stalla, e da’l debito, per questo mio figliuolo. & egli con suoi bei capelli se ne cavalca, e su’l cocchio si fà menare, e cavalli s’infogna: io poi mi muoro, vedendo che la Luna s’invecchia: però che le usure s’approssimano. impizza regazo il lume, e portami il libro da i conti, che voglio sapere à quanti sono debitore, e voglio vedere il conto de le usure. sù, ch’io vega quel che son debitore. Dodeci mine à Pasia: in che modo dodeci mine à Pasia? ch’hò io adoperato? quando comprai io cavallo bollato co’l ''x''? ahi me sventurato, piacesse à i dei che m’havesse tratto fuora piu presto un’occhio con questo sasso.</div>
 
<div class="plainlinks">
[[Le nebule|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
[[Pagina principale/Testo in evidenza|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet">Archivio</span>]]
</div><section end=25-09-2016 />
 
== 2 ottobre ==
<section begin=02-10-2016 />
{{Testo|Il sigillo d'amore}}
 
[[File:Grazia Deledda 1926.jpg|70px|right|link=Autore:Grazia Deledda]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify"><p>Aveva appena finito di predicare, il grosso frate barbuto, e se ne tornava al convento, anzi del convento già rasentava il muro dell’orto, di sopra del quale le nuvole bianche dei peri e dei susini in fiore lasciavano cadere una silenziosa nevicata di petali sul marciapiede deserto. Sul marciapiede opposto, di là dalla strada larga dove il sole già caldo sebbene al tramonto e un venticello che sapeva ancora di neve giocavano un loro gioco malizioso e sensuale, solo una donna passava quasi di corsa, agitata, con le mani gesticolanti, le falde della giacca che si aprivano e si chiudevano come due ali nere di sopra e viola di sotto.</p>
 
Rimasto indietro di qualche passo, il frate si accorse che la borsetta rotonda oscillante come un pendolo sotto il braccio della donna, apriva la bocca con uno sbadiglio smorfioso e vomitava un portafogli rossastro.</div>
 
<div class="plainlinks">
[[Il sigillo d'amore/Il portafoglio|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=02-10-2016 />
 
== 9 ottobre (duplicato) ==
<section begin=09-10-2016 />
{{Testo|Le piacevoli notti}}
 
[[File:Straparola.jpg|70px|right|link=Autore:Giovanni Francesco Straparola]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">In Melano, antica e principal città di Lombardia, copiosa di leggiadre donne, ornata di superbi palagi e abbondevole di tutte quelle cose che ad una gloriosa città si convengono, abitava Ottaviano Maria Sforza, eletto vescovo di Lodi, al quale per debito di eredità, morto Francesco Sforza Duca di Melano, l’imperio del stato ragionevolmente apparteneva. Ma per lo ravoglimento de’ malvagi tempi, per gli acerbi odij, per le sanguinolenti battaglie e per lo continovo mutamento de’ stati, indi si partì, ed a Lodi con la figliuola Lucrezia, moglie di Giovan Francesco Gonzaga, cugino di Federico Marchese di Mantova, nascosamente se n’andò, ivi per alcun tempo dimorando. Il che avendo presentito li suoi, non senza suo grave danno il perseguitorono. Il miserello vedendo la persecuzione de’ parenti suoi ed il mal animo contra lui e la figliuola che dinanzi era rimasa vedova, prese quelle poche gioie e denari che egli si trovava avere, ed a Vinegia con la figliuola se n’andò: dove trovato il Ferier Beltramo, uomo di alto legnaggio, di natura benigno, amorevole e gentile, fu da lui insieme con la figliuola nella propia casa con strette accoglienze onorevolmente ricevuto. E perchè la troppa e lunga dimoranza nell’altrui case il più delle volte genera rincrescimento, egli con maturo discorso indi partire si volse, ed altrove trovare propio alloggiamento.</div>
 
<div class="plainlinks">
[[Le piacevoli notti/Notte I|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=09-10-2016 />
 
== 16 ottobre (duplicato) ==
<section begin=16-10-2016 />
{{Testo|Osservazioni intorno alle vipere}}
 
[[File:Redi Francesco 1626-1697.png|70px|right|link=Autore:Francesco Redi]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">MIO SIGNORE.
 
OGNI giorno più mi vado confermando nel mio proposito di non voler dar fede nelle cose naturali, se non a quello che con gli occhi miei propri io vedo, e se dall’iterata, e reiterata esperienza non mi venga confermato: imperciocche sempre più m’accorgo, che difficilissima cosa è lo spiare la verità frodata sovente dalla menzogna, e che molti Scrittori, tanto antichi, quanto moderni somigliano a quelle pecorelle, delle quali il nostro Divino Poeta
 
<poem style="margin-left:0">''Come le pecorelle escon dal chiuso''
''Ad una, a due, a tre, e l’altre stanno''
''Timidette atterrando l’occhio, e’l muso,''
''E ciò che fa la prima, e l’altre fanno''
''Addossandosi a lei, s’ella s’arresta''
''Semplici, e quete, e lo ’mperche non sanno.''</poem></div>
 
<div class="plainlinks">
[[Osservazioni intorno alle vipere/Testo|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=16-10-2016 />
 
== 23 ottobre (duplicato) ==
<section begin=23-10-2016 />
{{Testo|Enrico IV}}
 
[[File:Luigi Pirandello 1932.jpg|70px|right|link=Autore:Luigi Pirandello]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">{{larger|ATTO PRIMO.}}
 
{{smaller|Salone nella villa rigidamente parato in modo da figurare quella che potè essere la sala del trono di Enrico IV nella casa imperiale di Goslar. Ma in mezzo agli antichi arredi due grandi ritratti a olio moderni, di grandezza naturale, avventano dalla parete di fondo, collocati a poca altezza dal suolo su uno zoccolo di legno lavorato che corre lungo tutta la parete (largo e sporgente in modo da potercisi mettere a sedere come su una lunga panconata), uno a destra e uno a sinistra del trono che, nel mezzo della parete, interrompe lo zoccolo e vi si inserisce col suo seggio imperiale e il suo basso baldacchino. I due ritratti rappresentano un signore e una signora, giovani entrambi, camuffati in costume carnevalesco, l’uno da «Enrico IV» e l’altra da «Marchesa Matilde di Toscana». Usci a destra e a sinistra.
 
(Al levarsi della tela i due valletti, come sorpresi, balzano dallo zoccolo su cui stanno sdraiati, e vanno a impostarsi come statue, uno di qua e uno di là ai piedi del trono, con le loro alabarde. Poco dopo, dal secondo uscio a destra entrano {{Sc|Arialdo, Landolfo, Ordulfo}} e {{Sc|Bertoldo}}; giovani stipendiati dal marchese Carlo di Nolli perchè fingano le parti di «Consiglieri segreti», vassalli regali della bassa aristocrazia alla Corte di Enrico IV. Vestono perciò in costume di cavalieri tedeschi del secolo XI. L’ultimo, Bertoldo, di nome Fino, assume ora per la prima volta il servizio. E tre compagni lo ragguagliano, pigliandoselo a godere. Tutta la scena va recitata con estrosa vivacità).}}</div>
 
<div class="plainlinks">
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</div><section end=23-10-2016 />
 
== 30 ottobre ==
<section begin=30-10-2016 />
{{Testo|Le congreganti}}
 
[[File:Aristofanes.jpg|70px|right|link=Autore:Aristofane]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">{{Centrato|PRASSAGORA.}}
{{Capolettera|[[File:CerealiCapolettera.jpg|100px|O]]}}splendido occhio de la lume fatta’l torno, ben desiderato da gli speculanti, ti mostraremo le tue genarationi, e le tue sorti, che sendo agitata d’ogn’intorno da l’empito de’l figulo, hai gli splendidi honori de’l sole ne tuoi bocchini. Muoui i congiacenti segni de la fiamma tua, che per te sola li uegiamo honoreuolmente: quale ne stai apresso ne le camerette, che ben ricercano i costumi di Venere: e nissuno iscacia da la sua casa l’occhio tuo, ausiliatore de corpi che si moveno. Tu sola splendi ne le secrete camere de le gambe, illuminando il pullulante pelo, e giaci piena sotto le lacche de’l portico de’l frutto, e de’l Baccanale vino. e insieme queste cose facendo, non dici poi niente à quelli, per i quali si facciono tali consigli, i quali sono parsi à i Sciri miei amici. Ma non vi è alcuna di quelle che dovevano venire, nondimeno il concilio è prolungato à la mattina.</div>
 
<div class="plainlinks">
[[Le congreganti|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=30-10-2016 />
 
== 6 novembre ==
<section begin=06-11-2016 />
{{Testo|Dracula}}
 
== 9 luglio ==
[[File:Bram_Stoker_1906.jpg|70px|right|link=Autore:Bram Stoker]]
{{Testo|Il vampiro (1831)|Il vampiro}}
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">Lasciato Monaco alle 8.55 di sera, il 1° maggio. Giunto a Vienna l’indomani, di buon mattino. Il treno aveva un’ora di ritardo. Budapest mi parve molto curiosa da quel che potei vederne stando in treno. Fatta una passeggiata breve attraverso la città. Ebbi l’impressione nitidissima di lasciare l’Occidente per entrare nell’Oriente. Il magnifico ponte gettato sul Danubio ricorda la dominazione turca.
 
Giunto a Klausenberg sul far della notte. Cenato all’Albergo Reale con un pollo alla pàprica, specie di pepe rosso, (pro memoria: ho chiesto la ricetta di questo piatto, per Mina). Il mio cattivo tedesco m’è utilissimo qui, non so come me la caverei altrimenti.</div>
 
<div class="plainlinks">
[[Dracula/I|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=06-11-2016 />
 
== 8 novembre ==
<section begin=08-11-2016 />
{{Testo|Gioventù italiana del littorio}}
 
[[File:Achille Starace.jpg|70px|right|link=Autore:Achille Starace]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">L{{Sc|a Gioventú italiana del Littorio}} è stata istituita, per volontà del [[Autore:Benito Mussolini|Duce]], con il R. D. L. 27 ottobre 1937-{{Sc|xv}}, n. 1839, il cui art. {{Sc|i}} dice:
 
«La Gioventú italiana del Littorio, organizzazione unitaria e totalitaria delle forze giovanili del Regime fascista, è istituita in seno al Partito nazionale fascista, alla diretta dipendenza del Segretario del Partito nazionale fascista, Ministro Segretario di Stato, che ne è il Comandante generale.
 
«La Gioventú italiana del Littorio ha per motto: ''Credere - obbedire - combattere''».
 
I compiti che la Gioventú italiana del Littorio svolge a favore dei giovani sono cosi delineati nell'art. 5:
 
«''a'') preparazione spirituale, sportiva e premilitare;
 
«''b'') insegnamento dell'educazione fisica nelle scuole elementari e medie, secondo i programmi da essa predisposti di concerto col Ministro dell’Educazione nazionale;
 
«''c'') istituzione e funzionamento di corsi, scuole, collegi, accademie, aventi attinenza con le finalità della Gioventú italiana del Littorio;
 
«''d'') assistenza svolta essenzialmente attraverso i campi, le colonie climatiche, il patronato scolastico, o con altri mezzi disposti dal Segretario del Partito nazionale fascista, Ministro
Segretario di Stato, Comandante generale;
 
«''e'') organizzazione di viaggi e crociere.»</div>
 
<div class="plainlinks">
[[Gioventù italiana del littorio/Capitolo 1|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=08-11-2016 />
 
== 13 novembre ==
<section begin=13-11-2016 />
{{Testo|L'umorismo}}
 
[[File:Luigi Pirandello 1932.jpg|70px|right|link=Autore:Luigi Pirandello]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">[[Autore:Alessandro D'Ancona|Alessandro D’Ancona]], in quel suo notissimo studio su [[Autore:Cecco Angiolieri|Cecco Angiolieri]] da Siena, dopo aver notato quanto vi sia di burlesco in questo nostro poeta del sec. XIII, osserva: «Ma per noi l’Angiolieri non è soltanto un burlesco: bensì anche, e più propriamente, un ''umorista''. E qui i camarlinghi della favella ci faccian pure il viso dell’arme, ma non pretendano di dire che in italiano bisogna rassegnarsi a non dir la cosa, perchè non abbiam la parola».
 
E, accortamente, in una nota a pie’ di pagina, soggiunge: «È curioso però che il traduttore francese di una dissertazione tedesca sull’''Humour'', inserita nel ''Recueil de piéces intéressantes, concernant les antiquités, les beaux-artes, les belles-lettres et la philosophie, traduites de differéntes langues'', citando il [[Autore:Friedrich Justus Riedel|Riedel]], ''Theor. d. Schöne Kunsten'', I. artic. ''Laune'', sostenga che sebbene gli Inglesi, ed il [[Autore:William Congreve|Congreve]] in particolare, rivendichino per sè i vocaboli ''humour'' e ''humourist'' «il est néammoins certain qu’ ils viennent de l’italien».</div>
 
<div class="plainlinks">
[[L'umorismo/Parte prima/1|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=13-11-2016 />
 
== 20 novembre ==
<section begin=20-11-2016 />
{{Testo|La Natura}}
 
[[File:Lucretius1.png|70px|right|link=Autore:Tito Lucrezio Caro]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify"><poem>O degli Eneadi madre, o degli umani,
Dei Numi voluttà, Venere bella,
Che il navigero mar, che l’ubertose
Terre, del ciel sotto i volgenti segni,
Popoli, chè per te concètto e nato
Del Sole a’ raggi ogni animal si allegra;
Te, dea, fuggono i venti, al tuo venire
Te le nubi del cielo; a te sommette
Fiori suavi la dedalea terra;
A te ridon le vaste onde, e sereno
D’una luce diffusa il ciel risplende.</poem></div>
 
<div class="plainlinks">
[[La Natura/Libro primo|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=20-11-2016 />
 
== 27 novembre ==
<section begin=27-11-2016 />
{{Testo|Lo cunto de li cunti}}
 
[[File:Giambattista Basile.jpg|70px|right|link=Autore:Giambattista Basile]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">Il Cavalier Basile fu un letterato napoletano del principio del secolo XVII, del periodo letterario appunto, nel quale riluce, astro maggiore, [[Autore:Giovan Battista Marino|Giambattista Marino]]. E fu uno dei satelliti di quell’astro; e gli altri si chiamavano allora a Napoli [[Autore:Giulio Cesare Capaccio|Giulio Cesare Capaccio]], {{W|Giovanni Battista Manso|Giambattista Manso}}, Gian Francesco Maia Materdona, Ettore Pignatelli, Orazio Comite, Francesco de Petris, Andrea Santamaria, Aniello Palomba, Tommaso Carafa, {{W|Giovanni Vincenzo Imperiale|Gio. Vincenzo Imperiale}}, {{W|Antonio Basso|Antonio Basso}}, ecc. ecc.: tutti ''canori cigni'', che, con ''luminosi inchiostri'', facevano ''guerra alla morte'', nelle Accademie degli ''Oziosi'' o degli ''Incauti''. E, con tutti questi suoi compagni di gloria passata, sarebbe sepolto nell’oblio, nonostanti le sue ''Ode'', e ''Madrigali'', e ''Favole marittime'', e ''Poemi heroici'', che piacevano tanto ai suoi contemporanei, se non lo salvassero alcuni libercoli di ''opere giocose'', che egli non fece a tempo, o forse, non curò di pubblicare. In queste opere giocose il gusto più largo e vario dei nostri tempi, ha trovato nuovi e originali e felici motivi artistici; e, nella principale di esse, la nuova scienza filologica, ha riconosciuto un prezioso documento pei suoi studii.</div>
 
<div class="plainlinks">
[[Lo cunto de li cunti/Introduzione|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=27-11-2016 />
 
== 4 dicembre ==
<section begin=04-12-2016 />
{{Testo|Atlantide}}
 
[[File:Mario Rapisardi.jpg|70px|right|link=Autore:Mario Rapisardi]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">Quasi tutte le manifestazioni della vita ideale contemporanea vanno da per tutto di male in peggio; il decadimento politico, letterario, morale è cotidiano, perpetuo, confessato ormai da’ più ottimisti, lamentato dai più indifferenti. L’indignazione degli animi onesti si sfoga in tutti i toni; la protesta contro lo sfacelo prorompe confusamente dalla coscienza dei lavoratori. Di tale indignazione e di tale protesta vuol essere questo poema un’artistica rappresentazione: una voce del secolo che si sfascia, una voce del secolo che si rinnova; satira e lirica insieme.
 
Quando un ordinamento sociale, esaurite le sue forze, e dato quanto di meglio potea, non risponde più ai suoi fini, ogni nobile attività dell’uomo deve essere rivolta ad affrettarne la totale rovina, a sgombrare e preparare il campo alle nuove idee. La poesia, in tali frangenti, suole diventare satirica; ma quando la corruzione non ha neppure il carattere della grandiosità, essa ha il diritto di ricorrere alla beffa e alla parodia.</div>
 
<div class="plainlinks">
[[Atlantide/Avvertimento|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=04-12-2016/>
 
== 11 dicembre ==
<section begin=11-12-2016 />
{{Testo|Dalle dita al calcolatore}}
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">Il resto di questa storia dei numeri si trova nel libro di A. Campiglio e V. Eugeni, ricco di informazioni e di temi per una riflessione sull’uomo che si fa ''sapiens'' e ''faber''. Io cercherò di scoprire ciò che deve essere accaduto prima, quando l’uomo operava più con spontaneità biologica che con intenzionalità consapevole.
 
Darò un ordine alle poche pagine suddividendo la storia in alcune tappe.
 
''La spontaneità biologica, n. 1''
 
È sempre utile ricordare come l’uomo operi in quattro modi: a) fa certe cose sapendo di farle e sapendo come; b) sapendo di farle, ma non come; c) non sapendo nemmeno di farle; ed infine d) credendo di farle in un modo e facendole in un altro.
 
L’uomo può credere, per esempio come [[Autore:Hugo Kronecker|Kronecker]], che, pur essendosi fabbricato tutto, abbia ricevuto già fatti i numeri o, come [[Autore:Georg Cantor|Cantor]], che non avendoli ricevuti già fatti, se li sia apprestati confrontando fra loro due collezioni non numerate ([[Autore:Platone|Platone]] ne avrebbe messa almeno una in cielo!).</div>
 
<div class="plainlinks">
[[Dalle dita al calcolatore/Attenzione|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=11-12-2016 />
 
== 18 dicembre ==
<section begin=18-12-2016 />
{{Testo|L'astronomo Giuseppe Piazzi}}
 
[[File:Giuseppe Piazzi.jpg|70px|right|link=Autore:Giuseppe Piazzi]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">Nei primi lustri di questo secolo spegnevansi in Italia tre luminari delle scienze astronomiche: [[Autore:Antonio Cagnoli|Antonio Cagnoli]], [[Autore:Barnaba Oriani|Barnaba Oriani]], [[Autore:Giuseppe Piazzi|Giuseppe Piazzi]]. Il primo, nato a Zante il 29 settembre 1743, e ivi morto nel 6 agosto del 1816, è specialmente benemerito per avere renduto facile e, direi, popolare la scienza con le sue preziose ''Notizie astronomiche adattate all’uso comune''. Infatti, con la chiarezza e l’evidenza dello stile e’ seppe si bene vincere quanto havvi di arduo e di scabro in questo studio, che ogni condizione di persone, le donne stesse, i giovani e gli adulti, avrebbero potuto porgere le labbra alle facilitate speculazioni d’una tal parte del sapere umano.
 
Il secondo, [[Autore:Barnaba Oriani|Barnaba Oriani]], figlio d’un lavandajo, Giorgio, e d’una Margherita Galli, era nato il 18 luglio 1752 alla Certosa di Garignano, presso Milano; e, quando morì, 12 novembre 1832, oltre i meriti della sua fama grandissima, teneva, nobilmente acquisiti, i titoli di cavaliere e di conte, di senatore e membro dell’Istituto italiano, provveduto di larghissime pensioni.</div>
 
<div class="plainlinks">
[[L'astronomo Giuseppe Piazzi/Capitolo I|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=18-12-2016 />
 
== 25 dicembre ==
<section begin=25-12-2016 />
{{Testo|Tre croci}}
 
[[File:Federigo Tozzi.jpg|70px|right|link=Autore:Federigo Tozzi.jpg]]
 
<div style="font-family:Georgia,Times New Roman,Times,serif; text-align:justify">Giulio chiamò il fratello:
 
— Niccolò! Déstati!
 
Quegli fece una specie di grugnito, bestemmiò, si tirò più giù la tesa del cappello; e richiuse gli occhi. Stava accoccolato su una sedia, con le mani in tasca dei calzoni e la testa appoggiata a uno scaffale della libreria; vicino a una cassapanca antica, che tenevano lì in mostra per i forestieri, tutta ingombra di vasi, di piatti e di pitture.
 
— Ohé! Non ti vergogni a dormire! È tutta la mattina! Fai rabbia!
 
Niccolò, allora, si sdrusciò forte le labbra e aprì gli occhi guardando il fratello.
 
— Ma che vuoi? Io, fino all’ora di mangiare, dormo!
 
— Volevo dirti che io devo andare alla banca! Stamani, c’è un rinnovo.
 
Niccolò fece una sbuffata e rispose:
 
— Vai! C’era bisogno di destarmi?
 
— Alla bottega chi ci bada?
 
— A quest’ora, non viene nessun imbecille a comprare i libri! Vai! Ci bado io!</div>
 
<div class="plainlinks">
[[Tre croci/Capitolo I|<span class="mw-ui-button mw-ui-quiet mw-ui-progressive">Continua a leggere</span>]]
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</div><section end=25-12-2016 />
 
<noinclude>[[Categoria:Pagina principale]]</noinclude>
[[fr:Wikisource:Extraits]]