Pagina:De Amicis - Il romanzo d'un maestro, Treves, 1900.djvu/513: differenze tra le versioni

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un altro che impiegava tre quarti d’ogni suo discorso a chiarir meglio, com’egli diceva, i concetti che tutti avevan compresi alla prima, e parlava con una straordinaria umiltà di frasi e d’accento, come se avesse avuto un uditorio d’imperatori; una signorina sottile, con voce di soprano, con una petulante penna bianca sul cappello, audace, battagliera, infaticabile. Le discussioni, per altro, erano svariate da ogni sorta di episodi faceti. Il primo giorno una vecchia maestra rurale lesse un sonetto di cui nessuno capì l’argomento, fatto sullo stampo di quelli in onor dei santi, che i contadini attaccano all’uscio della stalla. Un’altra, rurale pure, domandò la parola sopra una quistione didattica, e cominciò schiantando tre quattro spropositi di lingua così madornali, che l’uditorio implorò per pietà che tacesse, ed essa lo esaudì, cortesemente. Infine ci fu un grosso prete di campagna, il quale, cominciato il suo discorso con intonazione conveniente al soggetto e al luogo, si lasciò vincere a poco a poco, senz’accorgersene, dall’abitudine del pulpito, e intonò una vera predica semicantata, con tutta la mimica convulsa dell’orator sacro, invocando, supplicando, imprecando, e provocò un baccano d’inferno. Il Ratti, nuovo a quelle adunanze, si divertiva altrettanto del contegno dell’uditorio che dei discorsi degli oratori. La parte cittadina dell’assemblea si accalorava: c’erano delle maestrine infiammabili che battevan le mani a tutti i maestri giovani, mostrando per aria le braccia nude, e dell’altre, più interessate nelle quistioni, che accoglievano certi giudizi degli avversari con atti di diniego furiosi, facendo tremare tutte le penne del cappellino, o li stavano a sentire con un continuo sorriso sarcastico: molte pigliavan delle note con rapidità, senza alzar la testa dai taccuino. Ma dei rurali la maggior parte si seccavano perchè non capivano. Alcune maestre facevan la calza. Una disse al Ratti, che le era accanto: — Non capisco; parlano un italiano ''troppo stretto''. — Quasi tutti quelli della campagna, però, erano sbalorditi dalla cultura e dalla eloquenza dei loro colleghi di città, che parlavano come tanti avvocati, e atterriti insieme dall’audacia dei giovani maestri che osavano fare osservazioni contraddittorie persino al regio provveditore, e con un certo tono! Pareva a loro di essere oramai in piena rivoluzione
un altro che impiegava tre quarti d’ogni suo discorso a chiarir meglio, com’egli diceva, i concetti che tutti avevan compresi alla prima, e parlava con una straordinaria umiltà di frasi e d’accento, come se avesse avuto un uditorio d’imperatori; una signorina sottile, con voce di soprano, con una petulante penna bianca sul cappello, audace, battagliera, infaticabile. Le discussioni, per altro, erano svariate da ogni sorta di episodi faceti. Il primo giorno una vecchia maestra rurale lesse un sonetto di cui nessuno capì l’argomento, fatto sullo stampo di quelli in onor dei santi, che i contadini attaccano all’uscio della stalla. Un’altra, rurale pure, domandò la parola sopra una quistione didattica, e cominciò schiantando tre quattro spropositi di lingua così madornali, che l’uditorio implorò per pietà che tacesse, ed essa lo esaudì, cortesemente. Infine ci fu un grosso prete di campagna, il quale, cominciato il suo discorso con intonazione conveniente al soggetto e al luogo, si lasciò vincere a poco a poco, senz’accorgersene, dall’abitudine del pulpito, e intonò una vera predica semicantata, con tutta la mimica convulsa dell’orator sacro, invocando, supplicando, imprecando, e provocò un baccano d’inferno. Il Ratti, nuovo a quelle adunanze, si divertiva altrettanto del contegno dell’uditorio che dei discorsi degli oratori. La parte cittadina dell’assemblea si accalorava: c’erano delle maestrine infiammabili che battevan le mani a tutti i maestri giovani, mostrando per aria le braccia nude, e dell’altre, più interessate nelle quistioni, che accoglievano certi giudizi degli avversari con atti di diniego furiosi, facendo tremare tutte le penne del cappellino, o li stavano a sentire con un continuo sorriso sarcastico: molte pigliavan delle note con rapidità, senza alzar la testa dal taccuino. Ma dei rurali la maggior parte si seccavano perchè non capivano. Alcune maestre facevan la calza. Una disse al Ratti, che le era accanto: — Non capisco; parlano un italiano ''troppo stretto''. — Quasi tutti quelli della campagna, però, erano sbalorditi dalla cultura e dalla eloquenza dei loro colleghi di città, che parlavano come tanti avvocati, e atterriti insieme dall’audacia dei giovani maestri che osavano fare osservazioni contraddittorie persino al regio provveditore, e con un certo tono! Pareva a loro di essere oramai in piena rivoluzione