Pagina:De Amicis - Il romanzo d'un maestro, Treves, 1900.djvu/472: differenze tra le versioni

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intanto soppraggiungevano, e dietro a loro degli antichi dimostranti, gridando: — La Bargazzi! La Bargazzi! — E questa, approfittando d’un colpo di vento che fece chiuder gli occhi a tutti, disparve nel turbinio del polverone.
intanto soppraggiungevano, e dietro a loro degli antichi dimostranti, gridando: — La Bargazzi! La Bargazzi! — E questa, approfittando d’un colpo di vento che fece chiuder gli occhi a tutti, disparve nel turbinìo del polverone.


La notizia del fatto rimescolò il paese. Il sindaco fece inutilmente cercar la Bargazzi da tutte le parti: il suo antico domicilio era chiuso, nessuno l’aveva vista nè là attorno nè altrove. Doveva esser cascata come un areolite a Bossolano poco prima dell’avvenimento, e poi essersi rimpiattata, per far qualche altra scenaccia. Frattanto la povera maestra Riccoli, dallo spavento avuto, s’era andata a mettere a letto, accompagnata dalle madri di due alunne, che l’assistevano. L’ispettrice, appena lo riseppe, l’andò a visitare, inquieta davvero, e descrisse la medesima sera, in casa del sindaco, con parole sinceramente amorevoli, il quadretto gentile che presentava su quel letto semplice, in mezzo alle sue bimbe, quella povera ragazza ancora tremante, con quel visino che non pareva d’una maestra, ma d’una scolaretta, e come faceva pena l’udirla domandare se l’avrebbero ancora lasciata al suo posto, dopo quella figura che le avevan fatta in presenza a tutti, dalla quale si credeva disonorata. Quella sera la maestra Bargazzi fu l’argomento unico della conversazione. Alcuni domandarono al pretore che provvedimenti si potessero prendere, se ci fosse materia sufficiente per un processo per diffamazione e ingiurie pubbliche. Altri almanaccavano sul dove e da chi la rea si fosse potuta rimbucare. Eran tutti radunati nella sala grande. Spirava una certa inquietudine da tutti i visi. Il maestro osservò che davan delle occhiate furtive alle finestre, da cui si vedeva la piazza buia. Il garzone che doveva esser incaricato di invigilare la piazza di sull’uscio della farmacia, s’affacciava ogni tanto alla sala a scambiar un’occhiata col sindaco. Poi non comparve più. Tutti si tranquillarono. La conversazione prese un poco di calore. Ma improvvisamente, un quarto d’ora prima dell’ora solita della separazione, quando già la farmacia era chiusa e la piazza deserta, risona un picchio forte nei vetri d’una finestra, la vetrata si spalanca, e un grido rauco irrompe nella sala: — Giustizia, signori! Rendetemi il mio pane!
La notizia del fatto rimescolò il paese. Il sindaco fece inutilmente cercar la Bargazzi da tutte le parti: il suo antico domicilio era chiuso, nessuno l’aveva vista nè là attorno nè altrove. Doveva esser cascata come un areolite a Bossolano poco prima dell’avvenimento, e poi essersi rimpiattata, per far qualche altra scenaccia. Frattanto la povera maestra Riccoli, dallo spavento avuto, s’era andata a mettere a letto, accompagnata dalle madri di due alunne, che l’assistevano. L’ispettrice, appena lo riseppe, l’andò a visitare, inquieta davvero, e descrisse la medesima sera, in casa del sindaco, con parole sinceramente amorevoli, il quadretto gentile che presentava su quel letto semplice, in mezzo alle sue bimbe, quella povera ragazza ancora tremante, con quel visino che non pareva d’una maestra, ma d’una scolaretta, e come faceva pena l’udirla domandare se l’avrebbero ancora lasciata al suo posto, dopo quella figura che le avevan fatta in presenza a tutti, dalla quale si credeva disonorata. Quella sera la maestra Bargazzi fu l’argomento unico della conversazione. Alcuni domandarono al pretore che provvedimenti si potessero prendere, se ci fosse materia sufficiente per un processo per diffamazione e ingiurie pubbliche. Altri almanaccavano sul dove e da chi la rea si fosse potuta rimbucare. Eran tutti radunati nella sala grande. Spirava una certa inquietudine da tutti i visi. Il maestro osservò che davan delle occhiate furtive alle finestre, da cui si vedeva la piazza buia. Il garzone che doveva esser incaricato di invigilare la piazza di sull’uscio della farmacia, s’affacciava ogni tanto alla sala a scambiar un’occhiata col sindaco. Poi non comparve più. Tutti si tranquillarono. La conversazione prese un poco di calore. Ma improvvisamente, un quarto d’ora prima dell’ora solita della separazione, quando già la farmacia era chiusa e la piazza deserta, risona un picchio forte nei vetri d’una finestra, la vetrata si spalanca, e un grido rauco irrompe nella sala: — Giustizia, signori! Rendetemi il mio pane!