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Versione delle 18:50, 16 dic 2016

214 Bossolano

pressione tanto diversa da quella ch’essa aveva preveduta. Quante laide cose s’eran pensate e dette di quei tre poveri esseri che il bisogno del pane costringeva a viver divisi, e in particolar modo dei due più deboli, che non domandavano altro fuor che di mangiare in pace quel tozzo guadagnato con così oneste fatiche! E avveniva che parecchi, occupati da questi pensieri, mossi da un senso di rimorso, salutassero la maestra e il marito con rispetto insolito. E il Ratti lo notò, e ne fu contento. Poichè siamo a questo, tutti quanti: che ci s’allarga l’anima quando nell’osservar la condotta d’una moltitudine di nostri simili, riconosciamo che non son tutti malvagi e vigliacchi.


UN GRANDE DOLORE.


Mentre queste cose accadevano, il Ratti aveva seguitato a addentrarsi nella familiarità del maestro Belli, soprattutto nei giorni della sua malattia, durante la quale, per suo desiderio, gli andava ogni giorno in casa a riferire le novità della sua classe. Egli fu stupito, la prima volta che v’andò, della pulizia di quel guscio di noce, e più che altro della camera coniugale, dove, in un piccolo spazio tra il letto e il muro, il maestro s’era fatto una specie di studiolo, con un tavolino e degli scaffali, in cui si vedevan disposti con molto ordine libri di testo, fasci di cartelle, registri, raccolte di giornali didattici. Anche la piccolissima stanza da mangiare era tutta tappezzata di cose di scuola: vecchie carte geografiche, tabelle di sistemi di mnemonica, attestati di benemerenza, il calendario dell’anno in corso: c’era, fra l’altro, un disegno inquadrato del nuovo edilizio scolastico, e un ritratto di Vincenzo Troia. Il maestro Delli lavorava anche da letto. I ragazzi entravano nella sua camera in punta di piedi, come in scuola, e dopo fatto il lavoro, aiutavano la madre nelle faccende di casa. La madre faceva da infermiera, da cuoca, da cameriera, da lavandaia, da ripetitrice. L’affanno che vide il Ratti su quei tre visi nei primi giorni, fin che parve incerta