Pagina:Zibaldone di pensieri V.djvu/27: differenze tra le versioni

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<section begin="1" /><!--{{ZbPagina|2828}}-->alla semplice quantità delle sillabe ed agli accenti, par cosa del tutto estrinseca alla lingua. Infatti ella non altera in nessun conto il materiale delle parole come fa l’altra. Ed appunto ell’é veramente estrinseca ed accidentale alle parole. Nondimeno il cambiamento di questa pronunzia, che nulla influisce su ciascuna parola, influisce sulle piú intrinseche parti della favella, ed arreca essenzialissimi cangiamenti alla composizione e all’ordine delle parole, e quindi al giro ed alla forma della dicitura, e quindi alla vera indole della favella. Vedi p. {{ZbLink|3024}}.
<section begin="1" /><!--{{ZbPagina|2828}}-->alla semplice quantità delle sillabe ed agli accenti, par cosa del tutto estrinseca alla lingua. Infatti ella non altera in nessun conto il materiale delle parole come fa l’altra. Ed appunto ell’é veramente estrinseca ed accidentale alle parole. Nondimeno il cambiamento di questa pronunzia, che nulla influisce su ciascuna parola, influisce sulle piú intrinseche parti della favella, ed arreca essenzialissimi cangiamenti alla composizione e all’ordine delle parole, e quindi al giro ed alla forma della dicitura, e quindi alla vera indole della favella. Vedi p. {{ZbLink|3024}}.


Oltre di che, quando anche a’ tempi bassi si fosse potuta dare all’orazione l’antica armonia, quando anche quest’armonia si fosse ben conosciuta <section end="1" /><section begin="2" />{{ZbPagina|2829}} (che già non si conosceva), il mutato e corrotto gusto non lasciava né poteva lasciar di stendersi anche all’armonia. Onde quell’armonia antica non sarebbe piaciuta, senza cadenze, senza strepito, senza ritornelli, senza eco, senza rimbombo, senza sfacciataggine di ritmo, dolcemente e accortamente variata ec. Tutte le contrarie qualità piacevano e si celebravano a quei tempi. Leggansi le orazioni o declamazioni o proginnasmi ec. e l’epistole stesse de’ sofisti {{AutoreCitato|Libanio|Libanio}}, {{AutoreCitato|Imerio (filosofo)|Imerio}}, {{AutoreCitato|Coricio da Gaza|Coricio}} ec. Questo ancora gli obbligava a dare alle parole un giro diverso dall’antico. Di piú, quando anche non fosse mancata loro la volontà, sarebbe mancata l’arte che infinita si richiede alla retta economia ed uso de’ numeri. Quindi essi sono sempre insolentemente monotoni ec. (27 giugno 1823).
Oltre di che, quando anche a’ tempi bassi si fosse potuta dare all’orazione l’antica armonia, quando anche quest’armonia si fosse ben conosciuta <section end="1" /><section begin="2" />{{ZbPagina|2829}} (che già non si conosceva), il mutato e corrotto gusto non lasciava né poteva lasciar di stendersi anche all’armonia. Onde quell’armonia antica non sarebbe piaciuta, senza cadenze, senza strepito, senza ritornelli, senza eco, senza rimbombo, senza sfacciataggine di ritmo, dolcemente e accortamente variata ec. Tutte le contrarie qualità piacevano e si celebravano a quei tempi. Leggansi le orazioni o declamazioni o proginnasmi ec. e l’epistole stesse de’ sofisti {{AutoreCitato|Libanio|Libanio}}, {{AutoreCitato|Imerio|Imerio}}, {{AutoreCitato|Coricio da Gaza|Coricio}} ec. Questo ancora gli obbligava a dare alle parole un giro diverso dall’antico. Di piú, quando anche non fosse mancata loro la volontà, sarebbe mancata l’arte che infinita si richiede alla retta economia ed uso de’ numeri. Quindi essi sono sempre insolentemente monotoni ec. (27 giugno 1823).