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«Eccoci giunti al deposito del nostro circondario» disse Editta, mentre entravamo nel portone di uno splendido edifizio che avevo osservato durante la mia passeggiata mattiniera.
«Eccoci giunti al deposito del nostro circondario» disse Editta, mentre entravamo nel portone di uno splendido edifizio che avevo osservato durante la mia passeggiata mattiniera.


Il rappresentante del secolo XIX non avrebbe indovinato dall’esterno dell’edifizio che quello era un magazzino. Non v’erano mercanzie nelle vetrine nè altra cosa che potesse attrarre i compratori. Nessun contrassegno, nessuna insegna indicava il carattere del commercio che ivi si faceva; invece di ciò, si vedeva al disopra del portone un gruppo maestoso di grandezza naturale, scolpito nella pietra, di cui la figura principale rappresentava la dea della fortuna col suo corno dell’abbondanza. Mentre entravamo, Editta mi spiegò che in ogni circondario v’era un magazzino simile, distante non più di cinque o dieci minuti da ogni abitazione. Era la prima volta che vedevo l’interno di un edifizio pubblico del secolo XX ed un tale spettacolo mi fece una profonda impressione. Mi trovavo in una sala vastissima ben rischiarata da varie finestre e da una cupola alta cento piedi. Nel mezzo della sala sorgeva una fontana le cui acque rinfrescavano deliziosamente l’aria. Le pareti ed il soffitto erano ornati di affreschi a colori delicati che mitigavano la luce senza diminuirla. Intorno alla fontana erano disposti sofà e sedie ove erano sedute molte persone che discorrevano. Delle iscrizioni tutto intorno alla sala, indicavano il genere delle mercanzie disposte sui varii banchi. Editta si diresse ad una tavola sulla quale trovavasi un’infinità di campioni di mussola e cominciò ad esaminarli attentamente.
Il rappresentante del secolo XIX non avrebbe indovinato dall’esterno dell’edifizio che quello era un magazzino. Non v’erano mercanzie nelle vetrine nè altra cosa che potesse attrarre i compratori. Nessun contrassegno, nessuna insegna indicava il carattere del commercio che ivi si faceva; invece di ciò, si vedeva al disopra del portone un gruppo maestoso di grandezza naturale, scolpito nella pietra, di cui la figura principale rappresentava la dea della fortuna col suo {{w|cornucòpia|corno dell’abbondanza}}. Mentre entravamo, Editta mi spiegò che in ogni circondario v’era un magazzino simile, distante non più di cinque o dieci minuti da ogni abitazione. Era la prima volta che vedevo l’interno di un edifizio pubblico del secolo XX ed un tale spettacolo mi fece una profonda impressione. Mi trovavo in una sala vastissima ben rischiarata da varie finestre e da una cupola alta cento piedi. Nel mezzo della sala sorgeva una fontana le cui acque rinfrescavano deliziosamente l’aria. Le pareti ed il soffitto erano ornati di affreschi a colori delicati che mitigavano la luce senza diminuirla. Intorno alla fontana erano disposti sofà e sedie ove erano sedute molte persone che discorrevano. Delle iscrizioni tutto intorno alla sala, indicavano il genere delle mercanzie disposte sui varii banchi. Editta si diresse ad una tavola sulla quale trovavasi un’infinità di campioni di mussola e cominciò ad esaminarli attentamente.


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