Pagina:Martini - Trattato di architettura civile e militare, 1841, I.djvu/182: differenze tra le versioni
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{{Pt|lunge|dilunge}} da Civitavecchia un altro ne ho visto, il quale era in un quadro quasi della medesima grandezza dell’antedetto ({{Pt|[[Pagina:Martini - Trattato di architettura civile e militare, 1841, III.djvu/13|tav. I. 3.]]|[[Trattato di architettura civile e militare III/Tavola 1|tav. I. 3.]]}}), fatto in questa forma, che negli angoli uscivano quattro modiglioni sopra i quali quattro architravi si posavano: sopra di questi poi era la piramide del camino d’onde usciva il fumo, e in ogni faccia delle pareti erano due piccole finestre e un emiciclo dove stimo fossero statue collocate alte da terra piedi quattro, eccetto che nella faccia dell’entrata, come per lo disegno si conosce (<ref>Il camino a Civitavecchia è stampato esso pure dal Barbaro ed accennato dallo Scamozzi. Le elevazioni che io do sono tratte dal cod. Magliabechiano, le piante dal cod. Sanese. Avendo avuto agio di percorrere i luoghi dall’autor nostro indicati, ho ricercato le tracce di questi edifizi, ma invano: nè fra gli scrittori locali ne trovai cenno alcuno.</ref>). Questi sono quanti camini antichi ho potuto trovare, e credo in Italia non ne siano altrettanti, nè ho mai parlato con uomo che di notare simili antichità si sia dilettato, o che ne abbia avuto notizia di alcuno: onde mi ha dato non poca ammirazione, massime perchè nè Vitruvio (<ref>Vitruvio al cap. 3 lib. VII accenna buiamente ed a caso il fumo de’ lumi e de’ bracieri, nè altro dice dei mezzi di riscaldarsi, forse perchè non ne trovò parola presso gli architetti greci. Ed è noto che il buon Vitruvio cessava di copiare quando mancavangli gli originali.</ref>), nè altro architetto nelle loro opere di questi hanno fatto menzione (<ref name="p182">Che gli antichi avessero camini è cosa certa, e certo è pure che la forma loro differiva assai da quella dei nostri, specialmente per la mancanza della cappa o fumaiuolo, poichè tale non può dirsi un foro fatto nel tetto per l’esito del fumo: per questo punto, qualunque opinione avessero avuta i dotti degli ultimi secoli, le scoperte di Ercolano e Pompei ci hanno dimostrato che nè gole nè bocche di camini nelle case antiche non esistevano. Furono per gli antichi i camini come la stampa; trovarono la cosa, non la seppero applicare, o non vi pensarono; ciò dico, perchè i sotterranei a pilastrelli degli ipocausti, con le pareti loro tutte rivestite di tubi di sezione quadrilatera, rappresentano assai dappresso le gole de’ camini nostri, e non una sola, ma a diecine, in un sol ipocausto, raccoglievano e tramandavano il calore; ne abbiamo innumerevoli esempi. Pure, un camino quali sono i nostri, non lo trovarono. Chi fosse curioso d’istruirsi sopra una questione che menò tanto romore tra gli archeologi, consulti i lessicografi, ed alcuni che trattaronne incidentemente, fra i quali vanno distinti il Benedetti nelle animadversioni all’Aulularia di {{AutoreCitato|Tito Maccio Plauto|Plauto}}, ed il Fea in nota alle lettere di Winkelmann, uno (e certo il più dotto) fra i pochissimi che sostengano conosciuti i camini nostri agli antichi: P. F. Hèbrard in una dissertazione apposita (premessa alla ''Caminologie''. Dijon 1756) il quale lasciò indecisa la questione: il {{AutoreCitato|Scipione Maffei|Maffei}} (Dissertazione nel tomo 47. degli op. Calogeriani) che pure peritandosi, infin lo nega: {{AutoreCitato|Paolo Manuzio|Paolo Manuzio}} in lunga nota a Cicerone (''Epist. Famil.'' VII. 10. Venezia 1583), e {{AutoreCitato|Giusto Lipsio|Giusto Lipsio}} nella centuria terza N.<sup>o</sup> 76 delle ''Epistolae ad Belgas'', che lo negano essi pure: ed un anonimo dello stesso</ref>). |