Storia della letteratura italiana (De Sanctis 1890)/VII: differenze tra le versioni

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Sordello da Goito
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autorecitato Pier della Vigna
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Neppure l'esposizione della scienza in forma diretta è arte. Il poeta che vuole esporre la scienza, e vuol pur fare una poesia, si propone un problema assurdo, voler dare corpo a ciò che per sua natura è fuori del corpo. La poesia si riduce dunque a un puro abbigliamento esteriore, non penetra l'idea, non se l'incorpora; l'idea rimane invitta nella sua astrazione. Dante spiega in questo assunto tutte le forze della sua immaginazione; nessuno più di lui ha saputo con tanta potenza assalire la scienza nel proprio campo e farle forza; ma questo connubio della poesia e della scienza, ch'egli chiama nel ''Convito'' un «eterno matrimonio», non è uno di due, è un eterno due. La poesia può farle preziosi doni, può vestirla sontuosamente, ingemmarla, girarle attorno carezzevole, può abbigliarla, non possederla. E la possiede allora solamente, quando non la vede più fuori di sè, perchè è divenuta la sua vita e anima, la realtà.
 
L'allegoria è una prima forma provvisoria dell'arte. È già la realtà, che però non ha valore in se stessa, ma come figura, il cui senso e il cui interesse è fuori di sè, nel figurato, oggetto o concetto che sia. E poichè nel figurato ci è qualche cosa che non è nella figura, e nella figura ci è qualche cosa che non è nel figurato, la realtà divenuta allegorica vi è necessariamente guasta e mutilata. O il poeta le attribuisce qualità non sue, ma del figurato come il veltro che si ciba di sapienza e di virtude, o esprime di lei solo alcune parti, e non perchè sue, ma perchè si riferiscono al figurato, come il grifone del ''Purgatorio''. In tutti e due i casi la realtà non ha vita propria, o per dir meglio non ha vita alcuna: l'interesse è tutto nel figurato, nel pensiero. Ora, o il pensiero è oscuro, e cessa ogni interesse; o è dubbio, di maniera che ti si affaccino più sensi, e tu rimani sospeso e raffreddato; o è chiaro, e lo hai innanzi nella sua generalità, senza carattere poetico. La selva è figura della vita terrena. E la vita terrena, appunto perchè figurato, ti si porge spoglia di ogni particolare, per cui e in cui è vita, generale e immobile come un concetto. Questo povero figurato è condannato, come {{AutoreCitato|Pier della Vigna|Pier delle Vigne}}, a guardarsi il suo corpo penzolare innanzi senza che mai sen rivesta; e non propriamente suo, perchè quel corpo singolare, che chiamasi figura, serve a due padroni, è sè ed un altro, è insieme lettera e figura, un corpo a due anime, rappresentato in guisa, che prima paia se stesso, la selva, e considerato attentamente mostri in sè le orme di un altro. Talora la figura fa dimenticare il figurato; talora il figurato strozza la figura. Per lo più nel senso letterale penetrano particolari estranei che lo turbano e lo guastano, e per volerci procurare un doppio cibo ci si fa stare digiuni.<br />
Adunque in queste forme non ci è ancora arte. La realtà ci sta o come immagine del pensiero astratto ed estrinseco, o come figura di un figurato parimente astratto ed estrinseco. Non ci è compenetrazione dei due termini. Il pensiero non è calato nell'immagine; il figurato non è calato nella figura. Hai forme iniziali dell'arte non hai ancora l'arte.<br />
Dante si è messo all'opera con queste forme e con queste intenzioni. Se l'allegoria gli ha dato abilità a ingrandire il suo quadro e a fondere nel mondo cristiano tutta la coltura antica, mitologia, scienza e storia, ha d'altra parte viziato nell'origine questo vasto mondo, togliendogli la libertà e spontaneità della vita, divenuto un pensiero e una figura, una costruzione ''a priori'', intellettuale nella sostanza, allegorica nella forma.<br />