Sulla lingua italiana. Discorsi sei/Discorso secondo: differenze tra le versioni

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Sordello da Goito
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I poeti siciliani furono contemporanei, o non molto posteriori, e più celebri dei trovatori lombardi; e la lingua letteraria, benchè presentita ne' differenti romanzi provenzali usati dagli antichissimi rimatori in Italia, non cominciò a risuonare se non nel dialetto romanzo de' Siciliani; nè fu nobilitata da grandi scrittori, se non dopo che il dialetto Siciliano fu innestato nel dialetto romanzo de' Toscani. I trovatori in Italia furono sempre pochissimi, e taluno d'essi era nato a Genova, tal altro in Torino, altri in Milano, in Mantova e in Ferrara e in Venezia; ma nessuno era siciliano nè fiorentino. L'unica allusione a un Toscano che sapesse di provenzale s'incontra in una raccolta di novelle antichissime, dove un cavaliere andò a chiedere una grazia al re Carlo: non perciò appare dalla novella che il Fiorentino fosse poeta o scrittore, e non più che parlatore eloquente nel dialetto del Principe francese<ref>Cento novelle antiche.</ref>. Bensì, fino dal primo sorgere de' poeti siciliani e toscani, tutta l'Italia dimenticò i suoi trovatori in guisa che la loro fama non rimase viva, se non in Provenza, dove il dialetto romanzo, che essi avevano usato, continuava ad esser popolare. Il più antico fra loro, e che dagli storici ed antiquarj è sempre chiamato Folchetto Marsigliese, era nato, per testimonianza di Dante, fra' confini di Genova e della Toscana<ref>Paradiso, canto IX.</ref>. - Il Petrarca aggiunge che l'onore che il suo genio aveva procacciato al suo paese nativo era stato ereditato da Marsiglia; - e che egli, invecchiando, mutò studj e costumi, e aspirò a patria migliore<ref>Trionfo d'Amore, cap. IV.</ref>. Infatti, dopo aver menato in gioventù la vita godente de' trovatori, Folchetto fu convertito a pentimento dalla morte di una donna che egli amava e celebrava in tutti i suoi versi; ond'egli indusse sua moglie a far voto di castità in un monastero, ed ei co' suoi figli si vestì da monaco, e morì vescovo e santo. Ma rari, se pur alcuni, fra i trovatori ottennero la celebrità di {{AutoreCitato|Sordello da Goito|Sordello}}; - e quand'essi erano da principio cavalieri poeti, vivevano men noti all'Italia che ne' paesi forestieri, dov'essi dimoravano qua e là nelle corti; finchè, divenuti poi rimatori e cantanti per arte, non passavano quasi mai di là dalle Alpi o dall'Appennino<ref>Non si dimentichi che l'Autore scriveva ciò in Inghilterra. - (F.S.O.)</ref>; e non approdavano molto in tempi, ne' quali ogni città italiana tendeva alla democrazia; - e dopo la metà del secolo decimoterzo e la morte di Azzo VII d'Este, il più magnifico e l'ultimo de' loro protettori, rare menzioni s'incontrano de' loro nomi.
 
Con Sordello, il più antico di molti, cominciano e finiscono i nomi di quelli che in quel secolo ferreo contribuirono a fare incivilire con la letteratura la Lombardia. Molti scrittori hanno anticamente narrato di lui cose più convenienti alla poesia che alla storia; ma oggi non sarebbe più nominato, se il suo carattere, com'è rappresentato da Dante, non procurasse ammirazione insieme e amicizia per un uomo sì splendidamente dipinto da un poeta, il quale non è liberale di lodi. Dante, viaggiando nel Purgatorio, incontra l'ombra di Sordello, e così la designa: