Orlando furioso (1928)/Canto 1: differenze tra le versioni

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Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,
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Re Carlo era attendato alla campagna,
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Le donne, i cauallier, l’arme, gli amori,
Le corteſie, l’audaci impreſe io canto,
Che furo al tempo che paſſaro i Mori
D’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,
Seguendo l’ire e i giouenil furori
D’Agramante lor re, che ſi die vanto
Di vendicar la morte di Troiano
Sopra re Carlo imperator romano.
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Diro d’Orlando in vn medeſmo tratto
Coſa non detta in proſa mai, ne in rima:
Che per amor venne in furore e matto,
D’uom che ſi ſaggio era stimato prima;
Se da colei che tal quaſi m’ha fatto,
Che ’l poco ingegno ad or ad or mi lima,
Me ne ſara pero tanto conceſſo,
Che mi basti a finir quanto ho promeſſo.
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Piacciaui, generoſa Erculea prole,
Ornamento e ſplendor del ſecol nostro,
Ippolito, aggradir questo che vuole
E darui ſol puo l’umil ſeruo vostro.
Quel ch’io vi debbo, poſſo di parole
Pagare in parte e d’opera d’inchiostro;
Ne che poco io vi dia da imputar ſono,
Che quanto io poſſo dar, tutto vi dono.
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Voi ſentirete fra i piu degni eroi,
Che nominar con laude m’apparecchio,
Ricordar quel Ruggier, che fu di voi
E de’ vostri aui illustri il ceppo vecchio.
L’alto valore e’ chiari gesti ſuoi
Vi faro vdir, ſe voi mi date orecchio,
E vostri alti penſier cedino vn poco,
Si che tra lor miei verſi abbiano loco.
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Orlando, che gran tempo innamorato
Fu de la bella Angelica, e per lei
In India, in Media, in Tartaria laſciato
Auea infiniti ed immortal trofei,
In Ponente con eſſa era tornato,
Doue ſotto i gran monti Pirenei
Con la gente di Francia e de Lamagna
Re Carlo era attendato alla campagna,
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==[[Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/40]]==
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Per far al re Marsilio e al re Agramante
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Tanto girò, che venne a una riviera.
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Per far al re Marſilio e al re Agramante
Batterſi ancor del folle ardir la guancia,
D’auer condotto, l’un, d’Africa quante
Genti erano atte a portar ſpada e lancia;
L’altro, d’auer ſpinta la Spagna inante
A destruzion del bel regno di Francia.
E coſi Orlando arriuo quiui a punto:
Ma tosto ſi penti d’eſſerui giunto:
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Che vi fu tolta la ſua donna poi:
Ecco il giudicio vman come ſpeſſo erra!
Quella che dagli eſperi ai liti eoi
Auea difeſa con ſi lunga guerra,
Or tolta gli e fra tanti amici ſuoi,
Senza ſpada adoprar, ne la ſua terra.
Il ſauio imperator, ch’estinguer volſe
Vn graue incendio, fu che gli la tolſe.
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Nata pochi di inanzi era vna gara
Tra il conte Orlando e il ſuo cugin Rinaldo,
Che entrambi auean per la bellezza rara
D’amoroſo diſio l’animo caldo.
Carlo, che non auea tal lite cara,
Che gli rendea l’aiuto lor men ſaldo,
Questa donzella, che la cauſa n’era,
Tolſe, e die in mano al duca di Bauera;
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In premio promettendola a quel d’eſſi,
Ch’in quel conflitto, in quella gran giornata,
Degl’infideli piu copia vccideſſi,
E di ſua man prestaſſe opra piu grata.
Contrari ai voti poi furo i ſucceſſi;
Ch’in fuga ando la gente battezzata,
E con molti altri fu ’l duca prigione,
E resto abbandonato il padiglione.
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Doue, poi che rimaſe la donzella
Ch’eſſer douea del vincitor mercede,
Inanzi al caſo era ſalita in ſella,
E quando biſogno le ſpalle diede,
Preſaga che quel giorno eſſer rubella
Douea Fortuna alla cristiana fede:
Entro in vn boſco, e ne la stretta via
Rincontro vn cauallier ch’a pie venia.
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Indoſſo la corazza, l’elmo in testa,
La ſpada al fianco, e in braccio auea lo ſcudo;
E piu leggier correa per la foresta,
Ch’al pallio roſſo il villan mezzo ignudo.
Timida pastorella mai ſi presta
Non volſe piede inanzi a ſerpe crudo,
Come Angelica tosto il freno torſe,
Che del guerrier, ch’a pie venia, ſ’accorſe.
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Era costui quel paladin gagliardo,
Figliuol d’Amon, ſignor di Montalbano,
A cui pur dianzi il ſuo destrier Baiardo
Per strano caſo vſcito era di mano.
Come alla donna egli drizzo lo ſguardo,
Riconobbe, quantunque di lontano,
L’angelico ſembiante e quel bel volto
Ch’all’amoroſe reti il tenea inuolto.
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La donna il palafreno a dietro volta,
E per la ſelua a tutta briglia il caccia;
Ne per la rara piu che per la folta,
La piu ſicura e miglior via procaccia:
Ma pallida, tremando, e di ſe tolta,
Laſcia cura al destrier che la via faccia.
Di ſu di giu, ne l’alta ſelua fiera
Tanto giro, che venne a vna riuiera.
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==[[Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/41]]==
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Su la riviera Ferraù trovosse
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E per l’orme d’Angelica galoppa.
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Su la riuiera Ferrau trouoſſe
Di ſudor pieno e tutto polueroſo.
Da la battaglia dianzi lo rimoſſe
Vn gran diſio di bere e di ripoſo;
E poi, mal grado ſuo, quiui fermoſſe,
Perche, de l’acqua ingordo e frettoloſo,
L’elmo nel fiume ſi laſcio cadere,
Ne l’auea potuto anco riauere.
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Quanto potea piu forte, ne veniua
Gridando la donzella iſpauentata.
A quella voce ſalta in ſu la riua
Il Saracino, e nel viſo la guata;
E la conoſce ſubito ch’arriua,
Ben che di timor pallida e turbata,
E ſien piu di che non n’udi nouella,
Che ſenza dubbio ell’e Angelica bella.
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E perche era corteſe, e n’auea forſe
Non men de’ dui cugini il petto caldo,
L’aiuto che potea tutto le porſe,
Pur come aueſſe l’elmo, ardito e baldo:
Traſſe la ſpada, e minacciando corſe
Doue poco di lui temea Rinaldo.
Piu volte ſ’eran gia non pur veduti,
M’al paragon de l’arme conoſciuti.
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Cominciar quiui vna crudel battaglia,
Come a pie ſi trouar, coi brandi ignudi:
Non che le piastre e la minuta maglia,
Ma ai colpi lor non reggerian gl’incudi.
Or, mentre l’un con l’altro ſi trauaglia,
Biſogna al palafren che ’l paſſo studi;
Che quanto puo menar de le calcagna,
Colei lo caccia al boſco e alla campagna.
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Poi che ſ’affaticar gran pezzo inuano
I dui guerrier per por l’un l’altro ſotto,
Quando non meno era con l’arme in mano
Questo di quel, ne quel di questo dotto;
Fu primiero il ſignor di Montalbano,
Ch’al cauallier di Spagna fece motto,
Si come quel ch’ha nel cuor tanto fuoco,
Che tutto n’arde e non ritroua loco.
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Diſſe al pagan: — Me ſol creduto aurai,
E pur aurai te meco ancora offeſo:
Se questo auuien perche i fulgenti rai
Del nuouo ſol t’abbino il petto acceſo,
Di farmi qui tardar che guadagno hai?
Che quando ancor tu m’abbi morto o preſo,
Non pero tua la bella donna fia;
Che, mentre noi tardiam, ſe ne va via.
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Quanto fia meglio, amandola tu ancora,
Che tu le venga a trauerſar la strada,
A ritenerla e farle far dimora,
Prima che piu lontana ſe ne vada!
Come l’auremo in potestate, allora
Di chi eſſer de’ ſi proui con la ſpada:
Non ſo altrimenti, dopo vn lungo affanno,
Che poſſa riuſcirci altro che danno. —
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Al pagan la proposta non diſpiacque:
Coſi fu differita la tenzone;
E tal tregua tra lor ſubito nacque,
Si l’odio e l’ira va in obliuione,
Che ’l pagano al partir da le freſche acque
Non laſcio a piedi il buon figliuol d’Amone:
Con preghi inuita, ed al fin toglie in groppa,
E per l’orme d’Angelica galoppa.
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==[[Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/42]]==
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Oh gran bontà de’ cavallieri antiqui!
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Di scorno e d’ira dentro e di fuor arse.
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Oh gran bonta de’ cauallieri antiqui!
Eran riuali, eran di fe diuerſi,
E ſi ſentian degli aſpri colpi iniqui
Per tutta la perſona anco dolerſi;
E pur per ſelue oſcure e calli obliqui
Inſieme van ſenza ſoſpetto auerſi.
Da quattro ſproni il destrier punto arriua
Oue vna strada in due ſi dipartiua.
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E come quei che non ſapean ſe l’una
O l’altra via faceſſe la donzella
(pero che ſenza differenza alcuna
Apparia in amendue l’orma nouella),
Si meſſero ad arbitrio di fortuna,
Rinaldo a questa, il Saracino a quella.
Pel boſco Ferrau molto ſ’auuolſe,
E ritrouoſſi al fine onde ſi tolſe.
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Pur ſi ritroua ancor ſu la riuera,
La doue l’elmo gli caſco ne l’onde.
Poi che la donna ritrouar non ſpera,
Per auer l’elmo che ’l fiume gli aſconde,
In quella parte onde caduto gli era
Diſcende ne l’estreme vmide ſponde:
Ma quello era ſi fitto ne la ſabbia,
Che molto aura da far prima che l’abbia.
{{gap|8em}}[25]
Con vn gran ramo d’albero rimondo,
Di ch’auea fatto vna pertica lunga,
Tenta il fiume e ricerca ſino al fondo,
Ne loco laſcia oue non batta e punga.
Mentre con la maggior stizza del mondo
Tanto l’indugio ſuo quiui prolunga,
Vede di mezzo il fiume vn caualliero
Inſino al petto vſcir, d’aſpetto fiero.
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Era, fuor che la testa, tutto armato,
Ed auea vn elmo ne la destra mano:
Auea il medeſimo elmo che cercato
Da Ferrau fu lungamente inuano.
A Ferrau parlo come adirato,
E diſſe: — Ah mancator di fe, marano!
Perche di laſciar l’elmo anche t’aggreui,
Che render gia gran tempo mi doueui?
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Ricordati, pagan, quando vccidesti
D’Angelica il fratel (che ſon quell’io),
Dietro all’altr’arme tu mi promettesti
Gittar fra pochi di l’elmo nel rio.
Or ſe Fortuna (quel che non volesti
Far tu) pone ad effetto il voler mio,
Non ti turbare; e ſe turbar ti dei,
Turbati che di fe mancato ſei.
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Ma ſe deſir pur hai d’un elmo fino,
Trouane vn altro, ed abbil con piu onore;
Vn tal ne porta Orlando paladino,
Vn tal Rinaldo, e forſe anco migliore:
L’un fu d’Almonte, e l’altro di Mambrino:
Acquista vn di quei dui col tuo valore;
E questo, ch’hai gia di laſciarmi detto,
Farai bene a laſciarmi con effetto. —
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All’apparir che fece all’improuuiſo
De l’acqua l’ombra, ogni pelo arriccioſſi,
E ſcoloroſſi al Saracino il viſo;
La voce, ch’era per vſcir, fermoſſi.
Vdendo poi da l’Argalia, ch’ucciſo
Quiui auea gia (che l’Argalia nomoſſi)
La rotta fede coſi improuerarſe,
Di ſcorno e d’ira dentro e di fuor arſe.
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</poem><section end="1 d">
==[[Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/43]]==
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{{gap|8em}}[30]
Né tempo avendo a pensar altra scusa,
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Che ’l sol non v’entra, non che minor vista.
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<section begin="1d" /><poem>
{{gap|8em}}[30]
Ne tempo auendo a penſar altra ſcuſa,
E conoſcendo ben che ’l ver gli diſſe,
Resto ſenza riſposta a bocca chiuſa;
Ma la vergogna il cor ſi gli trafiſſe,
Che giuro per la vita di Lanfuſa
Non voler mai ch’altro elmo lo copriſſe,
Se non quel buono che gia in Aſpramonte
Traſſe dal capo Orlando al fiero Almonte.
{{gap|8em}}[31]
E ſeruo meglio questo giuramento,
Che non auea quell’altro fatto prima.
Quindi ſi parte tanto malcontento,
Che molti giorni poi ſi rode e lima.
Sol di cercare e il paladino intento
Di qua di la, doue trouarlo stima.
Altra ventura al buon Rinaldo accade,
Che da costui tenea diuerſe strade.
{{gap|8em}}[32]
Non molto va Rinaldo, che ſi vede
Saltare inanzi il ſuo destrier feroce:
— Ferma, Baiardo mio, deh, ferma il piede!
Che l’eſſer ſenza te troppo mi nuoce. —
Per questo il destrier ſordo, a lui non riede
Anzi piu ſe ne va ſempre veloce.
Segue Rinaldo, e d’ira ſi distrugge:
Ma ſeguitiamo Angelica che fugge.
{{gap|8em}}[33]
Fugge tra ſelue ſpauentoſe e ſcure,
Per lochi inabitati, ermi e ſeluaggi.
Il mouer de le frondi e di verzure,
Che di cerri ſentia, d’olmi e di faggi,
Fatto le auea con ſubite paure
Trouar di qua di la strani viaggi;
Ch’ad ogni ombra veduta o in monte o in valle,
Temea Rinaldo auer ſempre alle ſpalle.
{{gap|8em}}[34]
Qual pargoletta o damma o capriuola,
Che tra le fronde del natio boſchetto
Alla madre veduta abbia la gola
Stringer dal pardo, o aprirle ’l fianco o ’l petto,
Di ſelua in ſelua dal crudel ſ’inuola,
E di paura trema e di ſoſpetto:
Ad ogni sterpo che paſſando tocca,
Eſſer ſi crede all’empia fera in bocca.
{{gap|8em}}[35]
Quel di e la notte a mezzo l’altro giorno
S’ando aggirando, e non ſapeua doue.
Trouoſſi al fin in vn boſchetto adorno,
Che lieuemente la freſca aura muoue.
Duo chiari riui, mormorando intorno,
Sempre l’erbe vi fan tenere e nuoue;
E rendea ad aſcoltar dolce concento,
Rotto tra picciol ſaſſi, il correr lento.
{{gap|8em}}[36]
Quiui parendo a lei d’eſſer ſicura
E lontana a Rinaldo mille miglia,
Da la via stanca e da l’estiua arſura,
Di ripoſare alquanto ſi conſiglia:
Tra’ fiori ſmonta, e laſcia alla pastura
Andare il palafren ſenza la briglia;
E quel va errando intorno alle chiare onde,
Che di freſca erba auean piene le ſponde.
{{gap|8em}}[37]
Ecco non lungi vn bel ceſpuglio vede
Di prun fioriti e di vermiglie roſe,
Che de le liquide onde al ſpecchio ſiede,
Chiuſo dal ſol fra l’alte querce ombroſe;
Coſi voto nel mezzo, che concede
Freſca stanza fra l’ombre piu naſcoſe:
E la foglia coi rami in modo e mista,
Che ’l ſol non v’entra, non che minor vista.
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</poem><section end="1 d">
==[[Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/44]]==
<section begin="1c"><section begin="1c" /><poem>
{{gap|8em}}[38]
Dentro letto vi fan tenere erbette,
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E ben riconosciuto fu da lei.
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{{gap|8em}}[38]
Dentro letto vi fan tenere erbette,
Ch’inuitano a poſar chi ſ’appreſenta.
La bella donna in mezzo a quel ſi mette,
Iui ſi corca ed iui ſ’addormenta.
Ma non per lungo ſpazio coſi stette,
Che vn calpestio le par che venir ſenta:
Cheta ſi leua e appreſſo alla riuiera
Vede ch’armato vn cauallier giunt’era.
{{gap|8em}}[39]
Se gli e amico o nemico non comprende:
Tema e ſperanza il dubbio cor le ſcuote;
E di quella auentura il fine attende,
Ne pur d’un ſol ſoſpir l’aria percuote.
Il caualliero in riua al fiume ſcende
Sopra l’un braccio a ripoſar le gote;
E in vn ſuo gran penſier tanto penetra,
Che par cangiato in inſenſibil pietra.
{{gap|8em}}[40]
Penſoſo piu d’un’ora a capo baſſo
Stette, Signore, il cauallier dolente;
Poi comincio con ſuono afflitto e laſſo
A lamentarſi ſi ſoauemente,
Ch’aurebbe di pieta ſpezzato vn ſaſſo,
Vna tigre crudel fatta clemente.
Soſpirante piangea, tal ch’un ruſcello
Parean le guance, e ’l petto vn Mongibello.
{{gap|8em}}[41]
— Penſier (dicea) che ’l cor m’agghiacci ed ardi,
E cauſi il duol che ſempre il rode e lima,
Che debbo far, poi ch’io ſon giunto tardi,
E ch’altri a corre il frutto e andato prima?
A pena auuto io n’ho parole e ſguardi,
Ed altri n’ha tutta la ſpoglia opima.
Se non ne tocca a me frutto ne fiore,
Perche affligger per lei mi vuo’ piu il core?
{{gap|8em}}[42]
{{§|La verginella|La verginella e ſimile alla roſa,
Ch'in bel giardin ſu la natiua ſpina
Mentre ſola e ſicura ſi ripoſa,
Ne gregge ne pastor ſe le auuicina;
L'aura ſoaue e l'alba rugiadoſa,
L'acqua, la terra al ſuo fauor ſ'inchina:
Gioueni vaghi e donne inamorate
Amano auerne e ſeni e tempie ornate.}}
{{gap|8em}}[43]
Ma non ſi tosto dal materno stelo
Rimoſſa viene e dal ſuo ceppo verde,
Che quanto auea dagli vomini e dal cielo
Fauor, grazia e bellezza, tutto perde.
La vergine che ’l fior, di che piu zelo
Che de’ begli occhi e de la vita auer de’,
Laſcia altrui corre, il pregio ch’auea inanti
Perde nel cor di tutti gli altri amanti.
{{gap|8em}}[44]
Sia Vile agli altri, e da quel ſolo amata
A cui di ſe fece ſi larga copia.
Ah, Fortuna crudel, Fortuna ingrata!
Trionfan gli altri, e ne moro io d’inopia.
Dunque eſſer puo che non mi ſia piu grata?
Dunque io poſſo laſciar mia vita propia?
Ah piu tosto oggi manchino i di miei,
Ch’io viua piu, ſ’amar non debbo lei! —
{{gap|8em}}[45]
Se mi domanda alcun chi costui ſia,
Che verſa ſopra il rio lacrime tante,
Io diro ch’egli e il re di Circaſſia,
Quel d’amor trauagliato Sacripante;
Io diro ancor, che di ſua pena ria
Sia prima e ſola cauſa eſſere amante,
È pur vn degli amanti di costei:
E ben riconoſciuto fu da lei.
</poem><section end="1d" /><section end="1 c">
 
<section begin="1d"><poem>
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</poem><section end="1 d">
==[[Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/45]]==
<section begin="1c"><section begin="1c" /><poem>
{{gap|8em}}[46]
Appresso ove il solcade, per suo amore
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Improviso apparir si vide inante.
</poem><section end="1 c1c" />
 
<section begin="1d" /><poem>
{{gap|8em}}[46]
Appreſſo oue il ſolcade, per ſuo amore
Venuto era dal capo d’Oriente;
Che ſeppe in India con ſuo gran dolore,
Come ella Orlando ſequito in Ponente:
Poi ſeppe in Francia che l’imperatore
Sequestrata l’auea da l’altra gente,
Per darla all’un de’ duo che contra il Moro
Piu quel giorno aiutaſſe i Gigli d’oro.
{{gap|8em}}[47]
Stato era in campo, e inteſo auea di quella
Rotta crudel che dianzi ebbe re Carlo:
Cerco vestigio d’Angelica bella,
Ne potuto auea ancora ritrouarlo.
Questa e dunque la trista e ria nouella
Che d’amoroſa doglia fa penarlo,
Affligger, lamentare, e dir parole
Che di pieta potrian fermare il ſole.
{{gap|8em}}[48]
Mentre costui coſi ſ’affligge e duole,
E fa degli occhi ſuoi tepida fonte,
E dice queste e molte altre parole,
Che non mi par biſogno eſſer racconte;
L’auenturoſa ſua fortuna vuole
Ch’alle orecchie d’Angelica ſian conte:
E coſi quel ne viene a vn’ora, a vn punto,
Ch’in mille anni o mai piu non e raggiunto.
{{gap|8em}}[49]
Con molta attenzion la bella donna
Al pianto, alle parole, al modo attende
Di colui ch’in amarla non aſſonna;
Ne questo e il primo di ch’ella l’intende:
Ma dura e fredda piu d’una colonna,
Ad auerne pieta non pero ſcende,
Come colei c’ha tutto il mondo a ſdegno,
E non le par ch’alcun ſia di lei degno.
{{gap|8em}}[50]
Pur tra quei boſchi il ritrouarſi ſola
Le fa penſar di tor costui per guida;
Che chi ne l’acqua sta fin alla gola
Ben e ostinato ſe merce non grida.
Se questa occaſione or ſe l’inuola,
Non trouera mai piu ſcorta ſi fida;
Ch’a lunga proua conoſciuto inante
S’auea quel re fedel ſopra ogni amante.
{{gap|8em}}[51]
Ma non pero diſegna de l’affanno
Che lo distrugge alleggierir chi l’ama,
E ristorar d’ogni paſſato danno
Con quel piacer ch’ogni amator piu brama:
Ma alcuna finzione, alcuno inganno
Di tenerlo in ſperanza ordiſce e trama;
Tanto ch’a quel biſogno ſe ne ſerua,
Poi torni all’uſo ſuo dura e proterua.
{{gap|8em}}[52]
E fuor di quel ceſpuglio oſcuro e cieco
Fa di ſe bella ed improuuiſa mostra,
Come di ſelua o fuor d’ombroſo ſpeco
Diana in ſcena o Citerea ſi mostra;
E dice all’apparir: — Pace ſia teco;
Teco difenda Dio la fama nostra,
E non comporti, contra ogni ragione,
Ch’abbi di me ſi falſa opinione. —
{{gap|8em}}[53]
Non mai con tanto gaudio o stupor tanto
Leuo gli occhi al figliuolo alcuna madre,
Ch’auea per morto ſoſpirato e pianto,
Poi che ſenza eſſo vdi tornar le ſquadre;
Con quanto gaudio il Saracin, con quanto
Stupor l’alta preſenza e le leggiadre
Maniere, e il vero angelico ſembiante,
Improuiſo apparir ſi vide inante.
</poem><section end="1d" /><section end="1 c">
 
<section begin="1d"><poem>
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</poem><section end="1 d">
==[[Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/46]]==
<section begin="1c"><section begin="1c" /><poem>
{{gap|8em}}[54]
Pieno di dolce e d’amoroso affetto,
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E corronsi a ferir testa per testa.
</poem><section end="1 c1c" />
 
<section begin="1d" /><poem>
{{gap|8em}}[54]
Pieno di dolce e d’amoroſo affetto,
Alla ſua donna, alla ſua diua corſe,
Che con le braccia al collo il tenne stretto,
Quel ch’al Catai non auria fatto forſe.
Al patrio regno, al ſuo natio ricetto,
Seco auendo costui, l’animo torſe:
Subito in lei ſ’auuiua la ſperanza
Di tosto riueder ſua ricca stanza.
{{gap|8em}}[55]
Ella gli rende conto pienamente
Dal giorno che mandato fu da lei
A domandar ſoccorſo in Oriente
Al re de’ Sericani e Nabatei;
E come Orlando la guardo ſouente
Da morte, da diſnor, da caſi rei:
E che ’l fior virginal coſi auea ſaluo,
Come ſe lo porto del materno aluo.
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Forſe era ver, ma non pero credibile
A chi del ſenſo ſuo foſſe ſignore;
Ma parue facilmente a lui poſſibile,
Ch’era perduto in via piu graue errore.
Quel che l’uom vede, Amor gli fa inuiſibiIe,
E l’inuiſibil fa vedere Amore.
Questo creduto fu; che ’l miſer ſuole
Dar facile credenza a quel che vuole.
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— Se mal ſi ſeppe il cauallier d’Anglante
Pigliar per ſua ſciocchezza il tempo buono,
Il danno ſe ne aura; che da qui inante
Nol chiamera Fortuna a ſi gran dono
(tra ſe tacito parla Sacripante):
Ma io per imitarlo gia non ſono,
Che laſci tanto ben che m’e conceſſo,
E ch’a doler poi m’abbia di me steſſo.
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Corro la freſca e matutina roſa,
Che, tardando, stagion perder potria.
So ben ch’a donna non ſi puo far coſa
Che piu ſoaue e piu piaceuol ſia,
Ancor che ſe ne mostri diſdegnoſa,
E talor mesta e flebil ſe ne stia:
Non staro per repulſa o finto ſdegno,
Ch’io non adombri e incarni il mio diſegno. —
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Coſi dice egli; e mentre ſ’apparecchia
Al dolce aſſalto, vn gran rumor che ſuona
Dal vicin boſco gl’intruona l’orecchia,
Si che mal grado l’impreſa abbandona:
E ſi pon l’elmo (ch’auea vſanza vecchia
Di portar ſempre armata la perſona),
Viene al destriero e gli ripon la briglia,
Rimonta in ſella e la ſua lancia piglia.
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Ecco pel boſco vn cauallier venire,
Il cui ſembiante e d’uom gagliardo e fiero:
Candido come nieue e il ſuo vestire,
Vn bianco pennoncello ha per cimiero.
Re Sacripante, che non puo patire
Che quel con l’importuno ſuo ſentiero
Gli abbia interrotto il gran piacer ch’auea,
Con vista il guarda diſdegnoſa e rea.
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Come e piu appreſſo, lo ſfida a battaglia;
Che crede ben fargli votar l’arcione.
Quel che di lui non stimo gia che vaglia
Vn grano meno, e ne fa paragone,
L’orgoglioſe minacce a mezzo taglia,
Sprona a vn tempo, e la lancia in resta pone.
Sacripante ritorna con tempesta,
E corronſi a ferir testa per testa.
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==[[Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/47]]==
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Non si vanno i leoni o i tori in salto
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L’alto valor d’una gentil donzella.
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Non ſi vanno i leoni o i tori in ſalto
A dar di petto, ad accozzar ſi crudi,
Si come i duo guerrieri al fiero aſſalto,
Che parimente ſi paſſar li ſcudi.
Fe’ lo ſcontro tremar dal baſſo all’alto
L’erboſe valli inſino ai poggi ignudi;
E ben giouo che fur buoni e perfetti
Gli oſberghi ſi, che lor ſaluaro i petti.
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Gia non fero i caualli vn correr torto,
Anzi cozzaro a guiſa di montoni:
Quel del guerrier pagan mori di corto,
Ch’era viuendo in numero de’ buoni:
Quell’altro cadde ancor, ma fu riſorto
Tosto ch’al fianco ſi ſenti gli ſproni.
Quel del re ſaracin resto disteſo
Adoſſo al ſuo ſignor con tutto il peſo.
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L’incognito campion che resto ritto,
E vide l’altro col cauallo in terra,
Stimando auere aſſai di quel conflitto,
Non ſi curo di rinouar la guerra;
Ma doue per la ſelua e il camin dritto,
Correndo a tutta briglia ſi diſſerra;
E prima che di briga eſca il pagano,
Vn miglio o poco meno e gia lontano.
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Qual istordito e stupido aratore,
Poi ch’e paſſato il fulmine, ſi leua
Di la doue l’altiſſimo fragore
Appreſſo ai morti buoi steſo l’aueua;
Che mira ſenza fronde e ſenza onore
Il pin che di lontan veder ſoleua:
Tal ſi leuo il pagano a pie rimaſo,
Angelica preſente al duro caſo.
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Soſpira e geme, non perche l’annoi
Che piede o braccio ſ’abbi rotto o moſſo,
Ma per vergogna ſola, onde a’ di ſuoi
Ne pria ne dopo il viſo ebbe ſi roſſo:
E piu, ch’oltre il cader, ſua donna poi
Fu che gli tolſe il gran peſo d’adoſſo.
Muto restaua, mi cred’io, ſe quella
Non gli rendea la voce e la fauella.
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— Deh! (diſſ’ella) ſignor, non vi rincreſca!
Che del cader non e la colpa vostra,
Ma del cauallo, a cui ripoſo ed eſca
Meglio ſi conuenia che nuoua giostra.
Ne percio quel guerrier ſua gloria accreſca
Che d’eſſer stato il perditor dimostra:
Coſi, per quel ch’io me ne ſappia, stimo,
Quando a laſciare il campo e stato primo. —
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Mentre costei conforta il Saracino,
Ecco col corno e con la taſca al fianco,
Galoppando venir ſopra vn ronzino
Vn meſſagger che parea afflitto e stanco;
Che come a Sacripante fu vicino,
Gli domando ſe con vn ſcudo bianco
E con vn bianco pennoncello in testa
Vide vn guerrier paſſar per la foresta.
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Riſpoſe Sacripante: — Come vedi,
M’ha qui abbattuto, e ſe ne parte or ora;
E perch’io ſappia chi m’ha meſſo a piedi,
Fa che per nome io lo conoſca ancora. —
Ed egli a lui: — Di quel che tu mi chiedi
Io ti ſatiſfaro ſenza dimora:
Tu dei ſaper che ti leuo di ſella
L’alto valor d’una gentil donzella.
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==[[Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/48]]==
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Ella è gagliarda ed è più bella molto;
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Ella amò lui: or han cangiato sorte.
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Ella e gagliarda ed e piu bella molto;
Ne il ſuo famoſo nome anco t’aſcondo:
Fu Bradamante quella che t’ha tolto
Quanto onor mai tu guadagnasti al mondo. —
Poi ch’ebbe coſi detto, a freno ſciolto
Il Saracin laſcio poco giocondo,
Che non ſa che ſi dica o che ſi faccia,
Tutto auuampato di vergogna in faccia.
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Poi che gran pezzo al caſo interuenuto
Ebbe penſato inuano, e finalmente
Si trouo da vna femina abbattuto,
Che penſandoui piu, piu dolor ſente;
Monto l’altro destrier, tacito e muto:
E ſenza far parola, chetamente
Tolſe Angelica in groppa, e differilla
A piu lieto vſo, a stanza piu tranquilla.
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Non furo iti due miglia, che ſonare
Odon la ſelua che li cinge intorno,
Con tal rumore e strepito, che pare
Che triemi la foresta d’ogn’intorno;
E poco dopo vn gran destrier n’appare,
D’oro guernito e riccamente adorno,
Che ſalta macchie e riui, ed a fracaſſo
Arbori mena e cio che vieta il paſſo.
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— Se l’intricati rami e l’aer foſco,
(diſſe la donna) agli occhi non contende,
Baiardo e quel destrier ch’in mezzo il boſco
Con tal rumor la chiuſa via ſi fende.
Questo e certo Baiardo, io ’l riconoſco:
Deh, come ben nostro biſogno intende!
Ch’un ſol ronzin per dui ſaria mal atto,
E ne viene egli a ſatiſfarci ratto. —
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Smonta il Circaſſo ed al destrier ſ’accosta,
E ſi penſaua dar di mano al freno.
Colle groppe il destrier gli fa riſposta,
Che fu presto al girar come vn baleno;
Ma non arriua doue i calci apposta:
Miſero il cauallier ſe giungea a pieno!
Che nei calci tal poſſa auea il cauallo,
Ch’auria ſpezzato vn monte di metallo.
{{gap|8em}}[75]
Indi va manſueto alla donzella,
Con vmile ſembiante e gesto vmano,
Come intorno al padrone il can ſaltella,
Che ſia duo giorni o tre stato lontano.
Baiardo ancora auea memoria d’ella,
Ch’in Albracca il ſeruia gia di ſua mano
Nel tempo che da lei tanto era amato
Rinaldo, allor crudele, allor ingrato.
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Con la ſinistra man prende la briglia,
Con l’altra tocca e palpa il collo e ’l petto:
Quel destrier, ch’auea ingegno a marauiglia,
A lei, come vn agnel, ſi fa ſuggetto.
Intanto Sacripante il tempo piglia:
Monta Baiardo e l’urta e lo tien stretto.
Del ronzin diſgrauato la donzella
Laſcia la groppa, e ſi ripone in ſella.
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Poi riuolgendo a caſo gli occhi, mira
Venir ſonando d’arme vn gran pedone.
Tutta ſ’auuampa di diſpetto e d’ira,
Che conoſce il figliuol del duca Amone.
Piu che ſua vita l’ama egli e deſira;
L’odia e fugge ella piu che gru falcone.
Gia fu ch’eſſo odio lei piu che la morte;
Ella amo lui: or han cangiato ſorte.
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==[[Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/49]]==
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{{gap|8em}}[78]
E questo hanno causato due fontane
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Quel che seguì tra questi duo superbi
Vo’ che per l’altro canto si riserbi.
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<section begin="1d" /><poem>
{{gap|8em}}[78]
E questo hanno cauſato due fontane
Che di diuerſo effetto hanno liquore,
Ambe in Ardenna, e non ſono lontane:
D’amoroſo diſio l’una empie il core;
Chi bee de l’altra, ſenza amor rimane,
E volge tutto in ghiaccio il primo ardore.
Rinaldo gusto d’una, e amor lo strugge;
Angelica de l’altra, e l’odia e fugge.
{{gap|8em}}[79]
Quel liquor di ſecreto venen misto,
Che muta in odio l’amoroſa cura,
Fa che la donna che Rinaldo ha visto,
Nei ſereni occhi ſubito ſ’oſcura;
E con voce tremante e viſo tristo
Supplica Sacripante e lo ſcongiura
Che quel guerrier piu appreſſo non attenda,
Ma ch’inſieme con lei la fuga prenda.
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— Son dunque (diſſe il Saracino), ſono
Dunque in ſi poco credito con vui,
Che mi stimiate inutile e non buono
Da poterui difender da costui?
Le battaglie d’Albracca gia vi ſono
Di mente vſcite, e la notte ch’io fui
Per la ſalute vostra, ſolo e nudo,
Contra Agricane e tutto il campo, ſcudo? —
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Non riſponde ella, e non ſa che ſi faccia,
Perche Rinaldo ormai l’e troppo appreſſo,
Che da lontan al Saracin minaccia,
Come vide il cauallo e conobbe eſſo,
E riconohbe l’angelica faccia
Che l’amoroſo incendio in cor gli ha meſſo.
Quel che ſegui tra questi duo ſuperbi
Vo’ che per l’altro canto ſi riſerbi.
</poem><section end="1d" /><section end="1 c">
 
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