Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 2.djvu/134: differenze tra le versioni

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Dei teori cirenaici - ne assegna una non credibile prova: «Che la fondazione di Cirene si riporta a tempi dei quali abbiam ricordanza, eppure nessuno fa menzione che quell’oracolo fosse mai situato in sul mare». Ma che importa se niuno ne fa menzione, quando fra gl’indizii dai quali raccogliamo che questo luogo è stato una volta marittimo si trovano i delfini e l’iscrizione - Dei teori cirenaici? - E mentre concede che il mare innalzandosi commisuratamente alla elevazione del suolo potesse coprire fino all’oracolo uno spazio di più che tre mila stadii, non concede poi ch’esso abbia potuto crescere a tanto da coprir tutto il Faro, ed il più dell’Egitto; come se quella elevazione che da lui viene ammessa già non bastasse ad inondar questi luoghi.
quasi due parti delle mura ruinarono; non però a precipizio, sicchè non v’ebbe grande strage di abitanti. Un medesimo infortunio, sebbene con modici effetti, si stese a tutta la Siria, e passò ad alcune isole, come a dire le Cicladi e l’Eubea; di qualità che le sorgenti dell’Aretusa (fontana della Calcide) si otturarono, e molti giorni dopo l’acqua zampillò da un’altra bocca; nè l’isola poi cessò dall’avere in qualche sua parte tremuoti, finchè una voragine apertasi nella pianura di Lelanto non mandò fuori un torrente di lava infuocata.


Dicendo inoltre Ipparco «che se il nostro mare si fosse elevato a quel segno a cui Eratostene afferma che giunse innanzi all’irruzione per lo stretto delle Colonne, tutta quanta la Libia e molte parti dell’Europa e dell’Asia ne sarebbero state coperte, soggiunge che anche il Ponto dovette essere in alcuni luoghi unito coll’Istro; perocchè questo fiume dividendosi ne’ luoghi vicini al Ponto, scorre nell’uno e nell’altro mare, siccome vuole la natura del terreno.» - Ma non è vero che l’Istro abbia le sue sorgenti dalle parti vicine al Ponto, sibbene per lo contrario dai monti al di là dell’Adria; nè scorre già in tutti e due i mari, ma solo nel Ponto; e si divide soltanto presso alle sue bocche<ref>Si è già mostrata la falsità di questa opinione ricevuta da molti, che un ramo dell’Istro o Danubio sboccasse nel mare Adriatico.</ref>. E in questo Ipparco ebbe la stessa ignoranza di alcuni suoi precessori, i quali credettero esservi un fiume dello stesso nome che l’Istro, il quale uscendo di quest’ultimo andasse a finire nell’Adria; che da questo pigliasse il suo soprannome la gente degl’Istri, a traverso della quale discorre; e che Giasone navigasse in que’ luoghi nel suo ritorno dalla Colchide.
E molti raccolsero esempj di somiglianti fenomeni; ma a noi basteranno quelli acconcissimi al nostro proposito che ci son posti innanzi da Demetrio scepsio. Perocchè ricordando quei versi:
<poem>
. . . . . . . . . ''E già venuti''
''Son dell’alto Scamandro alle due fonti.''
''Calida è l’una, e qual di foco acceso''
''Spandesi intorno di sue linfe il fumo:''
''Fredda come gragnuola o ghiaccio o neve''
''Scorre l’altra di state;''</poem>non lascia che alcuno si meravigli se dura tuttavia la fonte dell’acqua fredda, e quella dell’acqua calda più non si vede; e reca questa mutazione all’essersi spenta la fonte calda. Ricorda inoltre alcuni fenomeni riferiti da Democle<ref>Autore poco conosciuto, che visse ben quattro secoli innanzi all’E. V.</ref>, il quale racconta che alcuni grandi tremuoti v’ebbero anticamente in Lidia e nella Ionia, fino alla Troade; d’onde intieri villaggi furono inghiottiti, e