Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 2.djvu/76: differenze tra le versioni

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alcuni di avere asserito che l’isola di Faro è circondata dal mare<ref>Rispetto a quel luogo di Omero ove dice che l’isola Faro è distante dall’Egitto quanto si naviga in un giorno, vuolsi intendere per Egitto il fiume Nilo che allora portava cotesto nome. Il Wood che ha esaminato sul luogo il passo di Omero crede che ai tempi di quel poeta la maggior parte del Delta non sussistesse ancora, e che il sito da esso poi occupato presentasse allora un golfo dove il Nilo metteva foce. Quindi l’imboccatura del fiume visitata da Menelao poteva essere a un miglio da Faro. - Il Gossellin poi con erudite congetture avvalora questa opinione del Wood e giustifica sempre più Omero.</ref>; come se questo avesse detto per ignoranza: mentre per lo contrario potrebbe di qui trarsi argomento a provare che dal poeta non fu ignorata nessuna di quelle cose le quali dissi testè dell’Egitto: e si potrebbe ragionare così: Vantatore è chiunque racconta i proprii viaggi; e tale si fu anche Menelao, il quale essendo risalito fino agli Etiopi ebbe contezza delle inondazioni del Nilo, delle alluvioni recate da quel fiume al paese, e di tutto l’accrescimento che il continente ne aveva già ricevuto: di qualità poi che tutto l’Egitto potè da Erodoto essere denominato ''dono del fiume'': e veramente se non tutto quanto, è tale almeno quella parte ch’è al di sotto del Delta, e si nomina ''basso Egitto''. Avendo saputo che Faro in antico era circondato dal mare, finse contro il vero che tale ancor fosse a’ suoi tempi. Ora chi fa parlare così Menelao è il poeta; e però di qui stesso possiamo raccogliere aver lui conosciute e le inondazioni e le bocche del Nilo.
<nowiki />

Un altro errore somigliante si è quello di credere che Omero non avesse contezza dell’istmo fra il mar d’Egitto ed il Golfo d’Arabia<ref>L’istmo di Suez.</ref>; e che falsamente dicesse:
<poem>
. . . ''del mondo ai confini e alla remota''
''Gente degli Etiopi in duo divisa'',</poem>mentre per lo contrario ebbero il torto coloro che, venuti dopo di lui, gli rimproverarono questa espressione. Perocchè tanto è lungi dal vero ch’egli abbia ignorato quell’istmo, che io non solamente asserisco averlo lui conosciuto, ma ben anche manifestamente descritto, e che i grammatici non lo hanno inteso; cominciando da Aristarco e da Cratete, i corifei di quella dottrina. E nel vero dopo che il poeta ha detto:
<poem>
. . . ''del mondo ai confini e alla remota''
''Gente degli Etiopi in duo divisa'',</poem>non sono d’accordo intorno al verso seguente: e dove Aristarco legge: ''Questi al levare, quelli al tramontar del sole''; Cratete invece legge: ''O che l’uom vada a ponente, o ch’egli vada a levante''; senza che questa diversità di lezione sia di veruna importanza rispetto alla tesi di ciascheduno di loro. Perocchè l’uno seguitando i matematici afferma «che la zona torrida è occupata dall’Oceano<ref>Molti filosofici antichi furono d’opinione che i luoghi vicini all’equatore terrestre fossero occupati dall’Oceano, e che questo formasse colà una zona circolare che separava il nostro continente da quello ch’essi credevano si trovasse nell’emisferio australe. Davano poi agli abitanti di questo secondo continente il nome di ''Antictoni'' che non si vuole confondere con quello di ''Antipodi''. Sono ''Antictoni'' quelli che abitano in uno stesso emisferio, ma in regioni opposte rispetto all’Equatore: sono ''Antipodi'' invece quelli che trovansi a distanze diametralmente opposte. Del resto, siccome l’Africa non è punto divisa dall’Oceano, così la spiegazione di Cratete cade di per sè stessa. (G.)</ref>; e che d’ambo i lati di questa zona