Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 2.djvu/37: differenze tra le versioni

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della terra ha cotesta figura; e innanzi tutto è da riconoscere che i corpi tendono al centro; la qual cosa è la sola che si comprenda col mezzo dei sensi e delle comuni nozioni. Ma dopo una breve riflessione conosceremo eziandio che la terra è di forma sferica, perocchè ce ne persuadono non solamente alcune prove mediate, come a dire la tendenza dei corpi al centro e lo sforzo di ciascun corpo per unirsi a quel punto; ma alcune prove più vicine altresì e dedotte dalle apparizioni che si osservano nel mare e nel cielo, delle quali e il senso e le comuni nozioni possono fare testimonianza. Perocchè la curvità del mare manifestamente impedisce ai naviganti di vedere da lungi i lumi posti all’altezza medesima dei loro occhi; mentre quelli collocati più in alto li veggono quand’anche siano più lontani. Oltre di che anche l’occhio innalzandosi a riguardare suole scoprire le cose che prima erano nascoste. E lo afferma anche il poeta dicendo:
<nowiki />

Ciò poi che spetta ai climi dimostrasi nei trattati delle posizioni abitabili<ref>Il testo dicendo ἐν τοῖς περὶ τῶν οἰκήσεων δείκνυται potrebbe anche significare ''si manifesta nelle cose spettanti alle abitazioni'', o come dice il traduttor latino: ''ratione diversarum habitationum demonstrantur''. Ho seguito nondimeno la interpretazione francese, perchè abbandonando subito Strabone questa materia, pare veramente ch’egli per ciò che concerne i climi od i varii gradi d’inclinazione verso il polo abbia voluto rimettere i suoi leggitori a’ trattati più conosciuti ''sulle posizioni''; per esempio, a quello di Teodosio tripolitano περὶ τῶν οἰκήσεων</ref>.

V’hanno dunque alcune cose già dimostrate, dalle quali noi dobbiamo pigliare principalmente quelle che sono utili al politico ed al condottiero di eserciti. Perocchè non debbe ignorare il sistema celeste nè la posizione della terra per modo che arrivando in luoghi dove alcuni dei fenomeni del cielo siano diversi dal consueto se ne sgomenti, e dica:
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''Qui, d’onde l’Austro spira o l’Aquilone,''
''Ulisse allor, cui levò in alto un grosso''
''Flutto, la terra non lontana scórse''<ref>Odiss., lib. {{Sc|v}}, 393.</ref>.</poem>E coloro che sopra una nave si vengono accostando al lido vi scoprono sempre nuove parti; e quelle cose che da principio parevano basse a poco a poco si elevano anch’esse. Il movimento circolare poi de’ corpi celesti si fa evidente anche dalle ombre dei gnomoni; dalle quali facilmente si raccoglie che se la profondità della terra fosse infinita, un tale rivolgimento non potrebbe effettuarsi<ref>Questo si riferisce alle opinioni di Senofane di Colofone e di Anassimene suo discepolo. Questi filosofi assegnavano alla terra la forma di un’alta montagna della quale noi occupiamo la sommità, e le radici si sprofondano all’infinito. In tale ipotesi gli astri, non potendo passare al di sotto della terra ne illuminerebbero le diverse parti aggirandosi intorno ad essa parallelamente alla base. Senofane viveva 540 anni avanti l’E. V. Cosmas Indicopleuste fece rivivere queste assurdità sei secoli dopo Gesù Cristo nella sua Topografia Cristiana, lib. {{Sc|ii}}, pag. 141-143. Pare ch’egli abbia attinta questa opinione dall’India d’onde l’aveva tratta anche Senofane; ed essa è anche al presente il sistema dei Siamesi. (G.)</ref>.
''E in qual parte il sole alza, e in qual declina''
''Noto non è''<ref>Odiss., lib. {{Sc|x}}, 190.</ref>.</poem>