Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/42: differenze tra le versioni
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tanto dolce la vita, sarebbe continuata magari fino ad oggi, se mio padre non fosse morto. Lui morto non c’era più una dimane ove collocare il proposito. |
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Tante volte, quando ci penso, resto stupito della stranezza per cui questa disperazione di me e del mio avvenire si sia prodotta alla morte di mio padre e non prima. Sono in complesso cose recenti e per ricordare il mio enorme dolore e ogni particolare della sventura non |
Tante volte, quando ci penso, resto stupito della stranezza per cui questa disperazione di me e del mio avvenire si sia prodotta alla morte di mio padre e non prima. Sono in complesso cose recenti e per ricordare il mio enorme dolore e ogni particolare della sventura non ho certo bisogno di sognare come vogliono i signori dell’analisi. Ricordo tutto, ma non intendo niente. Fino alla sua morte io non vissi per mio padre. Non feci alcuno sforzo per avvicinarmi a lui e, quando si potè farlo senz’offenderlo, lo evitai. All’Università tutti lo conoscevano col nomignolo ch’io gli diedi di ''vecchio Silva manda denari''. Ci volle la malattia per legarmi a lui; la malattia che fu subito la morte, perchè brevessima e perchè il medico lo diede subito per spacciato. Quand’ero a Trieste ci vedevamo si e no per un’oretta al giorno, al massimo. Mai non fummo tanto e sì a lungo insieme, come nel mio pianto. Magari l’avessi assistito meglio e pianto meno! Sarei stato meno malato. Era difficile di trovarsi insieme anche perchè fra me e lui, intellettualmente non c’era nulla di comune. Guardandoci, avevamo ambedue lo stesso sorriso di compatimento, reso in lui più acido da una viva paterna ansietà per il mio avvenire; in me, invece, tutto indulgenza, sicuro com’ero che le sue debolezze oramai erano prive di conseguenze, tant’è vero ch’io le attribuivo in parte all’età. Egli fu il primo a diffidare della mia energia e, — a me sembra, — troppo presto. Epperò io sospetto che, pur senza l’appoggio di una convinzione scientifica, egli diffidasse di me anche perchè era stato fatto da |
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Quand’ero a Trieste ci vedevamo si e no per un’oretta al giorno, al massimo. Mai non fummo tanto e sì a lungo insieme, come nel mio pianto. Magari l’avessi assistilo meglio e pianto meno! Sarei stato meno malato. |
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Era difficile di trovarsi insieme anche perchè fra me e lui, intellettualmente non c’era nulla di comune. Guardandoci, avevamo ambedue lo stesso sorriso di compatimento, reso in lui più acido da una viva paterna ansietà per il mio avvenire; in me, invece, tutto indulgenza, sicuro com’ero che le sue debolezze oramai erano prive di conseguenze, tant’è vero ch’io le attribuivo in parte all’età. Egli fu il primo a diffidare della mia energia e, — a me sembra, — troppo presto. Epperò io sospetta che, pur senza l’appoggio di una convinzione scientifica, egli diffidasse di me anche perchè era stato fatto da |