Pagina:Notizie del bello, dell'antico, e del curioso della città di Napoli.djvu/145: differenze tra le versioni

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cose da noi discorse s’hanno ad aver soltanto per le più generali e rappresentative. Napoli a que’ dì, per la prestanza e il numero dei dotti uomini e degli scrittori, meritamente era stimata l’Atene d’Italia; però delle tante e svariate opere che vi si scrissero non si saprebbe mai dare idea intera con generali affermazioni. È poi risaputo che grandi e sanguinose sciagure alla fin del secolo ci furon sopra: gli studi vitalmente ne furon percossi e sì che, dopo un lungo languore, non è molti anni che sonosi ravvivati e sparsi, e che i Napolitani han preso in Italia l’amico lor posto.<br />
cose da noi discorse s’hanno ad aver soltanto per le più generali e rappresentative. Napoli a que’ dì, per la prestanza e il numero dei dotti uomini e degli scrittori, meritamente era stimata l’Atene d’Italia; però delle tante e svariate opere che vi si scrissero non si saprebbe mai dare idea intera con generali affermazioni. È poi risaputo che grandi e sanguinose sciagure alla fin del secolo ci furon sopra: gli studi vitalmente ne furon percossi e sì che, dopo un lungo languore, non è molti anni che sonosi ravvivati e sparsi, e che i Napolitani han preso in Italia l’amico lor posto.<br />
{{spazi|3}}Ma di questa rinnovata cultura e de’ novelli progressi non dovendo nè volendo qui favellare, facciamo or fine alla narrazione,
{{spazi|3}}Ma di questa rinnovata cultura e de’ novelli progressi non dovendo nè volendo qui favellare, facciamo or fine alla narrazione,
sperando di aver bastevelmente rifermato co’ fatti quel che in principio dicemmo, e tanto o quanto indicato le vicende principalissime della letteratura appo i nostri, e con quanto amore e gloria vi si sien tuttora adoperati. Da Re Manfredi a Carlo III Barbone,
sperando di aver bastevelmente rifermato co’ fatti quel che in principio dicemmo, e tanto o quanto indicato le vicende principalissime della letteratura appo i nostri, e con quanto amore e gloria vi si sien tuttora adoperati. Da Re Manfredi a Carlo III Borbone,
che son cinque secoli, i Napolitani furon sempre in tali termini, che coloro i quali, nomn li conoscendo, gl’insultano, niente vi</ref>
che son cinque secoli, i Napolitani furon sempre in tali termini, che coloro i quali, nomn li conoscendo, gl’insultano, niente vi</ref>