Pagina:Notizie del bello, dell'antico, e del curioso della città di Napoli.djvu/115: differenze tra le versioni

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{{Pt|lia|Italia}} i Longobardi, chiamativi dallo stesso Narsete, per {{Pt|dis-|}}
{{Pt|lia|Italia}} i Longobardi, chiamativi dallo stesso Narsete, per {{Pt|dis-|}}
<ref follow="pag98">{{Pt|giana|cortigiana}}, meglio che da altri scritta da Principi e da ministri. Insino a Re Manfredi, fu usata da molti poeti, de’ quali alcuni son mentovati da {{Dante Alighieri|Dante}}; ma la signoria degli Angioini, per aver sostituito
<ref follow="pag98">{{Pt|giana|cortigiana}}, meglio che da altri scritta da Principi e da ministri. Insino a Re Manfredi, fu usata da molti poeti, de’ quali alcuni son mentovati da {{AutoreCitato|Dante Alighieri|Dante}}; ma la signoria degli Angioini, per aver sostituito
nella Corte straniero linguaggio al nativo, percosse in sul meglio del progredire quella giovanetta lingua che pur nelle corti s’era cominciata scaltrire. Intanto le vive sorgenti della poesia erano altresì inaridite dalle male condizioni dei popoli; onde allora che fu tanto il volo dell’Italiana, furon tra noi soltanto alcuni pochi e mediocri rimatori, che che si dica il {{Francesco Petrarca|Petrarca}} di poeti sulmonesi e napolitani. E mentre che in Italia il popolo prendea diletto a’ componimenti teatrali, i nostri gentiluomini piacevansi di armeggiamenti e tornei, talchè neanche era luogo e favore a letterarie rappresentazioni. Nondimeno, sotto Alfonso I o in quel torno, cominciammo ad aver certe ''farse spirituali'', e più appresso, talune scarmigliate commedie, le quali, per dover essere intese da ogni maniera di gente, furono scritte in dialetto, molto grazioso a que’ di, e più vicino all’italiana favella che non fu dipoi.<br />
nella Corte straniero linguaggio al nativo, percosse in sul meglio del progredire quella giovanetta lingua che pur nelle corti s’era cominciata scaltrire. Intanto le vive sorgenti della poesia erano altresì inaridite dalle male condizioni dei popoli; onde allora che fu tanto il volo dell’Italiana, furon tra noi soltanto alcuni pochi e mediocri rimatori, che che si dica il {{AutoreCitato|Francesco Petrarca|Petrarca}} di poeti sulmonesi e napolitani. E mentre che in Italia il popolo prendea diletto a’ componimenti teatrali, i nostri gentiluomini piacevansi di armeggiamenti e tornei, talchè neanche era luogo e favore a letterarie rappresentazioni. Nondimeno, sotto Alfonso I o in quel torno, cominciammo ad aver certe ''farse spirituali'', e più appresso, talune scarmigliate commedie, le quali, per dover essere intese da ogni maniera di gente, furono scritte in dialetto, molto grazioso a que’ di, e più vicino all’italiana favella che non fu dipoi.<br />
{{spazi|3}}I nrostri storici della prima metà del secolo decimolerzo, come
{{spazi|3}}I nrostri storici della prima metà del secolo decimoterzo, come quelli del duodecimo, per gravità, caldezza, e facile e corretto
stile, stanno innanzi a quanti altri furono in Italia; ma già dicemmo
quelli del duodecimo, per gravità, caldezza, e facile e corretto
stile, stanno innanzi a quanti altri furono in Italia-, ma già dicemmo
che non possiamo tenerli per napolitani. Con gli Angioini, insieme
che non possiamo tenerli per napolitani. Con gli Angioini, insieme
alla lingua volgare, alla poesia e ad ogni altra più viva parte
alla lingua volgare, alla poesia e ad ogni altra più viva parte di letteratura, dechinò ancor questa, così che vi perdemmo l’antico
primato fra gl’Italiani. Pure la storia era già da un pezzo uscita dei chiostri, onde alcuna volta fu scritta da uomini vissuti in pubblico e ne’ pubblici affari. Sotto a’ Durazzeschi le cose peggiorarono, e perchè il regno ne fu dilacerato, riapparvero le peculiari e locali narrazioni e le domestiche memorie. Ma infine, regnando gli Aragonesi, gli sparsi e fiorenti studi di filologici, che più giù diremo, corressero e nobilitarono la storia, conferendole antico decoro, miglior conoscimento del passato, e spesso ornamento di moral sapienza e di elegantissime forme latine. Di che essa allora primamente n’acquistò alcuna critica, dandola a divedere in erudite dissertazioni e in trattati, tanto sulle antiche che sulle moderne età, e meglio si allargò nel tempo e nello spazio,</ref>
di letteratura, dechinò ancor questa, così che vi perdemmo l’antico
primato fra gl’Italiani. Pure la storia era già da un pezzo
uscita dei chiostri,’ onde alcuna volta fu scritta da uomini vissuti
in pubblico e ne’ pubblici affari» Sotto a’ Durazzeschi le cose peggiorarono, e perchè il regno ne fu dilacerato, riapparvero le peculiari
e locali narrazioni e le domestiche memorie. Ma infine, regnando
gli Aragonesi, gli sparsi e fiorenti sludi di filologici, che
più giù diremo, corressero e nobilitarono la storia, conferendole
antico decoro, miglior conoscimento del passato, e spesso ornamento
di moral sapienza e di elegantissime forme Ialine. Di che
essa allora primamente n’acquistò alcuna critica, dandola a divedure
in erudite dissei-lazioni e in trattati, tanto sulle antiche che
sulle moderne età, e meglio si allargò nel tempo e nello spazio,</ref>