Notizia intorno a Didimo Chierico/X: differenze tra le versioni

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|NomePaginaCapitoloSuccessivo=Notizia intorno a Didimo Chierico/XI
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Leggeva quanti libri gli capitavano; non rileggeva da capo a fondo fuorché la [[Bibbia]]. Degli autori ch’ei credeva degni d’essere studiati, aveva tratte parecchie pagine, e ricucitele in un solo grosso volume. Sapeva a memoria molti versi di antichi poeti e tutto il poema delle [[Georgiche]]. Era devoto di [[Autore:{{AutoreCitato|Publio Virgilio Marone|Virgilio]]}}; nondimeno diceva: ''Che s’era fatto prestare ogni cosa da'' ''[[Autore:{{AutoreCitato|Omero|Omero]]}}, dagli occhi in fuori. ''D’Omero aveva un busto e se lo trasportava di paese in paese; e v’avea posto per iscrizione due versi greci che suonavano: ''A costui fu assai di cogliere la verginità di tutte le Muse e lasciò per gli altri le altre bellezze di quelle Deità''. Cantava, e s’intendeva da per sé, quattro odi di [[Autore:{{AutoreCitato|Pindaro|Pindaro]]}}. Diceva che [[Autore:Eschilo{{AutoreCitato|Eschilo]]}} era ''un bel rovo infuocato sopra un monte deserto''; e [[Autore:{{AutoreCitato|William Shakespeare|Shakespeare]]}}, ''una selva incendiata che faceva bel vedere di notte, e mandava fumo noioso di giorno''. Paragonava [[Autore:{{AutoreCitato|Dante Alighieri|Dante]]}} ''a un gran lago circondato di burroni e di selve sotto un cielo oscurissimo, sul quale si poteva andare a vela in burrasca''; e che il [[Autore:{{AutoreCitato|Francesco Petrarca|Petrarca]]}} lo ''derivò in tanti canali tranquilli ed ombrosi, dove possano sollazzarsi le gondole degli innamorati co’ loro strumenti; e ve ne sono tante, che que’ canali'', dicea Didimo, ''sono oramai torbidi, o fatti gore stagnanti'': tuttavia s’egli intendeva una sinfonia e nominava il ''Petrarca'', era indizio che la musica gli pareva assai bella. Maggiore stranezza si era il panegirico ch’ei faceva di certo poemetto latino da lui anteposto perfino alle Georgiche, ''perché'', diceva Didimo, ''mi par d’essere a nozze con tutta l’allegra comitiva di Bacco''. Didimo per altro beveva sempre acqua pura. Aveva non so quali controversie con l’[[Autore:{{AutoreCitato|Ludovico Ariosto|Ariosto]]}}, ma le ventilava da sé; e un giorno mostrandomi dal molo di Dunkerque le lunghe onde con le quali l’Oceano rompea sulla spiaggia, esclamò: ''Così vien poetando l’Ariosto''. Tornandosi meco verso le belle colonne che adornano la cattedrale di quella città, si fermò sotto il peristilio, e adorò. Poi volgendosi a me, mi diede intenzione che sarebbe andato alla questua a pecuniare tanto da erigere una chiesa al ''Paracleto'' e riporvi le ossa di [[Autore:Torquato Tasso{{AutoreCitato|Torquato Tasso]]}}; purché nessun sacerdote che insegnasse grammatica potesse ufficiarvi, e nessun fiorentino accademico della Crusca appressarvisi. Nel mese di giugno del 1804 pellegrinò da Ostenda sino a Montreuil per gli accampamenti italiani; ed a’ militari, che si dilettavano di ascoltarlo, diceva certe sue omelie all’improvviso, pigliando sempre per testo de’ versi delle epistole d’Orazio. Richiesto da un ufficiale perché non citasse mai le odi di quel poeta, Didimo in risposta gli regalò la sua tabacchiera fregiata d’un mosaico d’egregio lavoro dicendo ''Fu fatto a Roma d’alcuni frammenti di pietre preziose dissotterrate in Lesbo''.
 
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