Geografia (Strabone) - Volume 2/Libro I/Capitolo IV: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Nessun oggetto della modifica
Riga 21:
 
Essendosi poi ingannato rispetto alla larghezza dovette errare di necessità anche nella lunghezza. E nel vero che la lunghezza della terra conosciuta sia il doppio della larghezza pur conosciuta il confessano e quelli che vennero dopo di lui, e fra gli altri quanti sono più in pregio; e sotto i nomi di lunghezza e di larghezza intendo l’intervallo ch’è dall’estremità dell’India sino all’estremità dell’Iberia, e dall’estremità dell’Etiopia sino al parallelo di Ierna. Ma Eratostene dopo avere estesa questa larghezza dall’estremità dell’Etiopia sino al parallelo di Tule dovette accrescere più del dovere anche la lunghezza, per farla essere più che il doppio di quella. Egli dice pertanto che il sito più stretto dell’India sino al fiume Indo è di sedici mila stadii: che a misurarla nelle sue estremità più remote comprende tre altri mila stadii: che dall’Indo sino alle porte Caspie ve n’ha quattordici mila: dalle porte Caspie all’Eufrate diecimila: dall’Eufrate al Nilo dieci mila: altri mille e cinquecento dal Nilo alla bocca Canopica: tredici mila e cinquecento da questa a Cartagine: e da Cartagine alle Colonne d’Ercole almeno otto mila; d’onde viene a comporsi la somma di settanta mila ed ottocento stadii<ref>Tra questa somma e il complesso dei numeri precedentemente indicati avvi un errore di duecento stadj: e procede dall’avere assegnato mille e cinquecento stadj di distanza fra il Nilo e la bocca Canopica, mentre essa è di soli mille e trecento, come dice Strabone stesso nel lib. {{Sc|xvii}}. (G.)</ref>. A questo aggiunge quel gomito in cui l’Europa si piega al di là delle Colonne in faccia agl’Iberi dalla parte dell’occidente, non minore di tre mila stadii; poi fra l’altre estremità quella degli Ostidamnii (che dicesi Capo Calbio), e le isole quivi vicine, l’ultima delle quali, Uxisama, dice Pitea ch’è divisa dal continente quanto si naviga in tre giorni. Ma nella computazione delle distanze non contribuiscono punto alla lunghezza della terra abitata nè il prolungamento dei capi, nè lo spazio occupato dagli Ostidamnii, da Uxisama e dalle altre isole che sono da lui mentovate: e tutti questi luoghi sono volti a settentrione, e sono della Celtica non dell’Iberia, ed anzi sono mere invenzioni di Pitea<ref>Il nostro Autore ha ragione di dire che il prolungamento del Capo Calbio non altera punto la lunghezza del continente; ma s’inganna asserendo ch’esso è una mera invenzione di Pitea. Esso è il Capo di Sant-Mahé rimpetto all’isola d’Ouessant; e si vedrà come Strabone, per averlo escluso dalla sua Carta, ha sfigurata la Gallia. (G.)</ref>. Alle misure poi della lunghezza già dette aggiunge altri due mila stadii verso occidente e due mila anche verso oriente, per salvare quell’opinione che fa la larghezza il doppio della lunghezza.
 
Aggiunge<ref>Questo paragrafo credesi dai filologi mutilato e guasto. Le correzioni adottate dagli Editori francesi furono proposte dal celebre Bréquigny.</ref> a tutto questo Eratostene che per legge fisica la maggior dimensione della terra abitata è dal levante al ponente, dicendo che «secondo le leggi della fisica la terra abitata debb’essere più lunga dal levante al ponente, che larga dal nord al mezzodì, come abbiam già notato; perchè tale è pure la maggior dimensione della zona temperata. È noto che questa zona, rientrando, come dicono i matematici, in sè stessa forma intieramente il circolo; per modo che, se l’ampiezza del mare Atlantico non si opponesse, potremmo navigare dall’Iberia all’India seguitando sempre uno stesso parallelo, di cui le terre già dette e misurate a stadii occupano più che la terza parte; dacchè il parallelo di Tine<ref>Tine o ''Thinae'' è la città di Tanaserim sulla costa occidentale del regno di Siam bagnata dal golfo di Bengala.</ref> sul quale abbiamo determinate le distanze dall’Indo sino all’Iberia ne conta meno di duecento mila.» - Ma qui pure Eratostene non ragiona dirittamente. Perocchè questo raziocinio potrebbe farsi colla scorta dei matematici rispetto alla zona temperata ed a quella ove noi abitiamo, di cui la terra abitata non è se non una parte; ma non rispetto alla terra abitata considerata di per sè sola: dacchè noi diamo questo nome a quella parte della zona temperata che abitiamo e che ci è conosciuta. Ma si comprende che in questa medesima zona temperata vi possono essere due Terre abitate, ed anche più, principalmente vicino al parallelo che attraversa Tine ed il mare Atlantico.
 
Soffermandosi poi di nuovo Eratostene sulla sfericità della terra, mostrasi nuovamente degno di quel rimprovero che gli abbiamo già fatto. Così anche rispetto ad Omero non rifinisce mai dal ripetere le censure già dette.
 
Appresso dice che molto si è parlato dei continenti<ref>Vuolsi qui avere una chiara idea di ciò che i Greci intendevano sotto il nome di ''Continenti'' (ἠπείρος); pel quale significavano non già la ''Terra ferma'' in generale ma le tre parti di essa, Asia, Libia (od Africa) ed Europa. Se avessero voluto dinotare una porzione di terra le cui parti siano tutte unite e non disgiunte da mari, vi sarebbe stato per loro un Continente solo, giacchè l’Europa e l’Africa sono unite all’Asia. (Ed. fr.)</ref>: che secondo gli uni sono divisi dai fiumi, per esempio dal Nilo e dal Tanai, in modo da risultarne parecchie isole; secondo gli altri dagl’istmi fra il mar Caspio e quello di Ponto, fra il mar Rosso e l’Ecregma, e diedero il nome di penisola alle singole parti. E soggiunge di non vedere come questa ricerca possa trasportarsi alla pratica, parendogli ch’essa appartenga a coloro i quali al dire di Democrito ''vivono solo di controversie''. Perocchè non vi essendo precisi confini (colonne o barriere), come fra Colitto e Melite, noi possiamo ben dire questo è Colitto questo è Melite, ma indicarne i limiti non possiamo. E di qui spesse volte v’ebbero de’ litigi intorno ad alcuni luoghi; per esempio fra gli Argivi ed i Lacedemoni per Tirea, fra gli Ateniesi e i Beoti per Orope. Oltre di ciò gli Elleni volendo denominare i tre continenti guardarono, non già a tutta la terra abitata, ma soltanto al proprio paese ed a quello che sta loro di contro, cioè alla Caria dove abitano gli Ionii ed altri popoli a quelli vicini. Col volgere poi del tempo, essendo proceduti più oltre ed avendo conosciuti più luoghi, adottarono quella divisione che si è detta.»
 
{{Sezione note}}