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{{Annotazione a lato|Specie di musaico fuso.}} §. 27. Nel connettere insieme i vetri composti e colorati sembra che l’arte sia giunta al punto di perfezione in due pezzi, che vidersi pochi anni addietro in Roma. Sì l’un che l’altro appena hanno un pollice in lunghezza, e un terzo di pollice in larghezza. Uno di questi su un fondo cupo, ma di vario colore, rappresenta un uccello, simile ad un’anitra, colorito con tinte vivissime, sul gusto cinese anziché ad imitazione della natura: franchi e forti ne sono i tratti, il colore è bello {{Pt|spic-|}}
{{Annotazione a lato|Specie di musaico fuso.}} §. 27. Nel connettere insieme i vetri composti e colorati sembra che l’arte sia giunta al punto di perfezione in due pezzi, che vidersi pochi anni addietro in Roma. Sì l’un che l’altro appena hanno un pollice in lunghezza, e un terzo di pollice in larghezza. Uno di questi su un fondo cupo, ma di vario colore, rappresenta un uccello, simile ad un’anitra, colorito con tinte vivissime, sul gusto cinese anziché ad imitazione della natura: franchi e forti ne sono i tratti, il colore è bello {{Pt|spic-|}}
<ref follow="pagina141">o poco più, gira intorno questa iscrizione: BIBE VIVAS MULTIS ANNIS: la quale è una di quelle acclamazioni convivali, che secondo l’osservazione del {{AutoreCitato|Filippo Buonarroti (antiquario)|Buonarroti}}, ''Osservazioni sopra alcuni frammenti ec. tav. XV. pag. 98., cav. XIX. pag. 212''., metter soleano gli antichi sulle tazze di vetro. Questa non ha piede né base, come non l’aveano molte tazze antiche; onde per sostenerle ritte era d’uopo d’una base incavata nel mezzo, che ''engytheca'', o ''angotheca'' chiamavasi. V. Buonarr. ''cit. pag. 212''., e {{AutoreCitato|Filippo Venuti|Venuti}} ''Dissert. sopra i coli vinarj degli ant. Tom. I. Saggi di diss. dell’Accad. di Cortona, dissert. VII. pag. 83''. I caratteri dell’iscrizione sono di color verde, e azzurra è la rete: amendue assai lucenti. La coppa ha il colore dell’opalo, quel misto cioè di rosso, bianco, giallo, e azzurro, che acquistar sogliono i vetri quando stanno lungamente sotterra, {{AutoreCitato|Marco Antonio Boldetti|Boldetti}} ''Osserv. sopra i cimit. di Roma, T. I. lib. I. c. 38. p. 185.''; colore che nasce dalle sottilissime e impercettibili laminette vitree, che sollevansi nella superficie. [Se pure questo colore non gli fu dato dall’artista, come si dava al vetro per farne gemme false, Plinio ''lib. 37. cap. 16. sect. 22''., e forse anche bicchieri, come pare si abbia dallo stesso Plinio ''lib. 36. cap. 16. sect. 67.''] In quella tazza certamente né la rete né i caratteri furonvi saldati in alcun modo; ma il tutto è stato lavorato al torno su una soda massa di vetro freddo colla ruota, nella stessa guisa in cui si fanno i camei. L’azione della ruota scorgesi ad evidenza nelle asticelle, le quali riescono più o meno angolose, secondo che quella più o meno ha potuto girarvi dentro. Di tal maniera di lavoro parla Plinio ''lib. 36. cap. 26. sect. 66.'' descrivendo i varj modi, con cui a’ suoi tempi si dava la forma al vetro cavato dalla fornace. Essendone estratto per la prima volta, dic’egli, ora fondesi di nuovo, e tingesi d’un qualche colore, ora col soffio se gli dà quella figura che più piace, ora lavorasi al torno, e qualche volta ancora s’incide come l’argento. La città di Sidone, al dire del medesimo Storico, celebre si rendette per siffatti lavori, i quali sotto il nome di vasi ''murrhini'' crebbero in tanto pregio che a’ tempi di Nerone due ne furono pagati sei mila sesterzj.</ref>
<ref follow="pagina141">o poco più, gira intorno questa iscrizione: BIBE VIVAS MULTIS ANNIS: la quale è una di quelle acclamazioni convivali, che secondo l’osservazione del {{AutoreCitato|Filippo Buonarroti (antiquario)|Buonarroti}}, ''Osservazioni sopra alcuni frammenti ec. tav. XV. pag. 98., cav. XIX. pag. 212''., metter soleano gli antichi sulle tazze di vetro. Questa non ha piede né base, come non l’aveano molte tazze antiche; onde per sostenerle ritte era d’uopo d’una base incavata nel mezzo, che ''engytheca'', o ''angotheca'' chiamavasi. V. Buonarr. ''cit. pag. 212''., e {{AutoreCitato|Filippo Venuti (archeologo)|Venuti}} ''Dissert. sopra i coli vinarj degli ant. Tom. I. Saggi di diss. dell’Accad. di Cortona, dissert. VII. pag. 83''. I caratteri dell’iscrizione sono di color verde, e azzurra è la rete: amendue assai lucenti. La coppa ha il colore dell’opalo, quel misto cioè di rosso, bianco, giallo, e azzurro, che acquistar sogliono i vetri quando stanno lungamente sotterra, {{AutoreCitato|Marco Antonio Boldetti|Boldetti}} ''Osserv. sopra i cimit. di Roma, T. I. lib. I. c. 38. p. 185.''; colore che nasce dalle sottilissime e impercettibili laminette vitree, che sollevansi nella superficie. [Se pure questo colore non gli fu dato dall’artista, come si dava al vetro per farne gemme false, Plinio ''lib. 37. cap. 16. sect. 22''., e forse anche bicchieri, come pare si abbia dallo stesso Plinio ''lib. 36. cap. 16. sect. 67.''] In quella tazza certamente né la rete né i caratteri furonvi saldati in alcun modo; ma il tutto è stato lavorato al torno su una soda massa di vetro freddo colla ruota, nella stessa guisa in cui si fanno i camei. L’azione della ruota scorgesi ad evidenza nelle asticelle, le quali riescono più o meno angolose, secondo che quella più o meno ha potuto girarvi dentro. Di tal maniera di lavoro parla Plinio ''lib. 36. cap. 26. sect. 66.'' descrivendo i varj modi, con cui a’ suoi tempi si dava la forma al vetro cavato dalla fornace. Essendone estratto per la prima volta, dic’egli, ora fondesi di nuovo, e tingesi d’un qualche colore, ora col soffio se gli dà quella figura che più piace, ora lavorasi al torno, e qualche volta ancora s’incide come l’argento. La città di Sidone, al dire del medesimo Storico, celebre si rendette per siffatti lavori, i quali sotto il nome di vasi ''murrhini'' crebbero in tanto pregio che a’ tempi di Nerone due ne furono pagati sei mila sesterzj.</ref>