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consenso e in compagnia di Raimondo, le faceva trarre liberamente il respiro.


Il principe invitò tutti al Belvedere. Lì però le cose non andavano molto lisce, e i primi a provocare i dissidi furono Chiara e il marchese Federico. Cominciando a perdere la speranza di quel figlio tanto aspettato, quasi vergognosi di aver annunziato ogni momento una gravidanza che non si confermava mai, marito e moglie erano ormai pieni d’una malinconia che a poco a poco diventava una specie d’irritabilità, d’izza latente e senza oggetto determinato. La marchesa, per suo conto particolare, non poteva rassegnarsi alla mancata maternità, se n’accusava come d’una colpa, e per farsi perdonare dal marito, se prima aspettava ogni sua parola come quella d’un oracolo, adesso preveniva i suoi giudizi, intuiva le sue volontà. Egli non aveva il tempo di voltarsi, per esempio, al soffio molesto spirante da una finestra aperta, che Chiara già gridava alle persone di servizio di chiudere ogni cosa, minacciando di cacciar via tutti al rinnovarsi della trascuraggine; in conversazione, quando qualcuno raccontava un fatto o manifestava un’idea, ella leggeva negli occhi al marito se la cosa non gli andava a verso, e allora ribatteva vivacemente prima che egli avesse ancora aperto bocca. Federico, per non esser da meno, si mostrava dello stesso umore di lei, e così tutte le liti che evitavano tra loro le attaccavano invece con gli altri. Ora l’inizio della guerra col principe, del quale erano ospiti, fu l’affare del legato alla badìa di San Placido. Ostinandosi Giacomo a considerarlo nullo per la mancanza dell’approvazione regia, la Madre Badessa aveva chiamato gli avvocati del monastero, i quali ad una voce dichiararono che le ragioni del principe non valevano un fico secco; che la principessa, buon’anima, non aveva niente affatto istituito un benefizio, ma lasciata un’eredità cum onere missarum; quindi che mancava assolutamente la necessità dell’approvazione regia, quindi che il principe doveva metter fuori le duemila onze; questi invece si incaponiva
Il principe invitò tutti al Belvedere. Lì però le cose non andarono molto bene, e i primi a provocare i dissidi furono Chiara e il marchese Federico. Cominciando a perdere la speranza di quel figlio tanto aspettato, quasi vergognosi di aver annunziato ogni momento una gravidanza che non si confermava mai, marito e moglie erano ormai pieni d’una malinconia che a poco a poco diventava una specie d’irritabilità, d’izza latente e senza oggetto determinato. La marchesa, per suo conto particolare, non poteva rassegnarsi alla mancata maternità, se n’accusava come d’una colpa, e per farsi perdonare dal marito, se prima aspettava ogni sua parola come quella d’un oracolo, adesso preveniva i suoi giudizii, intuiva le sue volontà. Egli non aveva il tempo di voltarsi, per esempio, al soffio molesto spirante da una finestra aperta, che Chiara già gridava alle persone di servizio di chiudere ogni cosa, minacciando di cacciar via tutti al rinnovarsi della trascuraggine; in conversazione, quando qualcuno raccontava un fatto o manifestava un’idea, ella leggeva negli occhi al marito se la cosa non gli andava a verso, e allora ribatteva vivacemente prima che egli avesse ancora aperto bocca. Federico, per non esser da meno, si mostrava dello stesso umore di lei, e così tutte le liti che evitavano tra loro le attaccavano invece con gli altri. Ora l’inizio della guerra col principe, del quale erano ospiti, fu l’affare del legato alla badia di San Placido. Ostinandosi Giacomo a considerarlo nullo per la mancanza dell’approvazione regia, la Madre Badessa aveva chiamato gli avvocati del monastero, i quali ad una voce dichiararono che le ragioni del principe non valevano un fico secco; che la principessa, buon’anima, non aveva niente affatto istituito un benefizio, ma lasciata un’eredità ''cum onere missarum;'' quindi che mancava assolutamente la necessità dell’approvazione regia, quindi che il principe doveva metter fuori le due mila onze; questi invece si