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l’immagine fatta da uno de’ gran maestri dell’arte<ref>(a)</ref>; e la stessa idea fu poi adottata da’ Campani vicini de’ Greci. Un Ercole giovane, e barbuto si rassomiglia nelle medaglie greche, e in quelle di Capua, e di Tiano nel museo del duca di Nova a Napoli, coll’iscrizione creduta erroneamente etrusca {{immagine da inserire}}. La testa della donna sedente<ref>(b)</ref>, nella stessa pittura non ha il bel contorno greco, e gli occhi spalancati sono troppo grandi per qual si voglia idea, che si voglia formare degli occhi di bue attribuiti da {{AutoreCitato| Omero |Omero}} ai volti femminini<ref>(e)</ref>. Le teste di Giunone in marmo non gli hanno così spaventati: e la vaga superficiale idea di {{AutoreCitato|Pierre Belon|Belon}}<ref>(a)</ref>, ripetuta da {{AutoreCitato|Georges-Louis Leclerc de Buffon|Buffon}}<ref>(b)</ref>, che i Greci fossero invaghiti d’occhi grandi, allegando le statue, i busti, e le medaglie, vuol essere più determinata. I disegni sul marmo<ref>(i)</ref> pajono tutti quattro della stessa mano, ed il più conservato<ref>(2)</ref> è col nome dell’artefice AAESANPOS A©HN AIOS Alessandro ateniese<ref>(d)</ref>. Ma il più difficile in un disegno sono le estremità delle figure, le quali in verità sono in questo fatte con poca grazia particolarmente alle dita. Quello, che ne ha fatto il disegno, ha stimato meglio abbellirlo in questo particolare, che stare attaccato fedelmente all’originale. Le idee delle teste sono triviali. Nella parola ErPAEN, che succede al nome dell’artefice, sul rame è espresso * in vece di *. Ho fatta una osservazione sopra le pitture, la quale può illustrare {{AutoreCitato|Marco Gavio Apicio|Celio Apicio}} ''De re culinaria'', e {{AutoreCitato|Ateneo di Naucrati|Ateneo}}<ref name= pagina234>(e)</ref>. Nelle composizioni
l’immagine fatta da uno de’ gran maestri dell’arte<ref>Vedi ''loc. cit. pag. 232. n. 1. col. 2''.</ref>; e la stessa idea fu poi adottata da’ Campani vicini de’ Greci. Un Ercole giovane, e barbuto si rassomiglia nelle medaglie greche, e in quelle di Capua, e di Tiano nel museo del duca di Nova a Napoli, coll’iscrizione creduta erroneamente etrusca [[File:KAPU.svg|40px]]. [[File:Tiianud.svg|60px]]. La testa della donna sedente<ref>Che dagli Accademici Ercolanesi al luogo citato si spiega per la dea Tellure.</ref>, nella stessa pittura non ha il bel contorno greco, e gli occhi spalancati sono troppo grandi per qual si voglia idea, che si voglia formare degli occhi di bue attribuiti da {{AutoreCitato| Omero |Omero}} ai volti femminini<ref>Nel ''Tomo I. pag. 365''. Winkelmann parlando della bellezza degli occhi ha creduto, che {{AutoreCitato|Omero|Omero}} non parli dì occhi di bue. Certo è, che Aristofane Bisanzio preso {{AutoreCitato|Ateneo di Naucrati|Ateneo}} ''lib. 7. cap. 9. pag. 287. B''., e {{AutoreCitato|Libanio|Libanio}} ''Progymn. in laudat. bovis, oper. Tom. I. pag. 94. D''. spiegano ''occhi di bue'' per occhi grandi; e così credo anch’io che debba intendersi Omero, che per dire occhi grandi, dica occhi di bue. Può giovare a quella opinione l'osservazione di {{AutoreCitato|Pierre Belon |Belon}} nel luogo da citarsi qui appresso, che in Grecia si chiamavano anche a suo tempo occhi ai bue gli occhi sì fatti.</ref>. Le teste di Giunone in marmo non gli hanno così spaventati: e la vaga superficiale idea di {{AutoreCitato|Pierre Belon|Belon}}<ref>''Observations faites dans ses voyag. liv. 3. chap. 37. pag. 199''.</ref>, ripetuta da {{AutoreCitato |Georges-Louis Leclerc de Buffon|Buffon}}<ref>''Description du Cabinet Royal''.</ref>, che i Greci fossero invaghiti d’occhi grandi, allegando le statue, i busti, e le medaglie, vuol essere più determinata. I disegni sul marmo<ref>ivi ''Tav. 1. 2. 3. 4.''</ref> pajono tutti quattro della stessa mano, ed il più conservato<ref>''Tav. 1.''</ref> è col nome dell’artefice '''ΑΛΕΞΑΝΔΡΟΣ ΑΘΗΝΑΙΟΣ''' ''Alessandro ateniese''<ref>Vedi ''Tom. {{Sc|iI}}. pag. 60.''</ref>. Ma il più difficile in un disegno sono le estremità delle figure, le quali in verità sono in questo fatte con poca grazia particolarmente alle dita. Quello, che ne ha fatto il disegno, ha stimato meglio abbellirlo in questo particolare, che stare attaccato fedelmente all’originale. Le idee delle teste sono triviali. Nella parola '''ΕΓΡΑΦΕΝ''', che succede al nome dell’artefice, sul rame è espresso '''Φ''' in vece di '''Ψ'''. Ho fatta una osservazione sopra le pitture, la quale può illustrare {{AutoreCitato|Marco Gavio Apicio|Celio Apicio}} ''De re culinaria'', e {{AutoreCitato| Ateneo di Naucrati|Ateneo}}<ref name= pagina234>Ateneo scrive ''lib. 3. cap. 7. pag. 33. seg''. che il limone non si mangiava, volendo forse dire al suo paese in Egitto; poichè cita</ref>. Nelle composizioni




(a) Vedi ''loc. cit. pag. 232. n. 1. col. 2''.

(b) Che dagli Accademici Ercolanesi al luogo citato si spiega per la dea Tellure.

(c) Nel ''Tomo I. pag. 365''. Winkelmann parlando della bellezza degli occhi ha creduto, che {{AutoreCitato|Omero|Omero}} non parli dì occhi di bue. Certo è, che Aristofane Bisanzio preso {{AutoreCitato|Ateneo di Naucrati|Ateneo}} ''lib. 7. cap. 9. pag. 287. B''., e {{AutoreCitato|Libanio|Libanio}} ''Progymn. in laudat. bovis, oper. Tom. I. pag. 94. D''. spiegano ''occhi di bue'' per occhi grandi; e così credo anch’io che debba intendersi Omero, che per dire occhi grandi, dica occhi di bue. Può giovare a quella opinione l'osservazione di {{AutoreCitato|Pierre Belon|Belon}} nel luogo da citarsi qui appresso, che in Grecia si chiamavano anche a suo tempo occhi ai bue gli occhi sì fatti.

{a) ''Observations faites dans ses voyag. liv. 3. chap. 37. pag. 199''.

(£) ''Description du Cabinet Royal''.

(1) ivi ''Tav. 1. 2. 3. 4.''

(1) ''Tav. 1.''

(d) Vedi ''Tom. {{Sc|iI}}. pag. 60.''


e) Ateneo scrive ''lib. 3. cap. 7. pag. 33. seg''. che il limone non si mangiava, volendo forse dire al suo paese in Egitto; poiché cita
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