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LEONE IV

847-855.


Un poco prima della metà del mese d’aprile dell’847 venne eletto papa Leone, e siccome grande era lo spavento dei Romani che i Saraceni nuovamente venissero sotto la loro città1, non aspettando il consenso dell’imperatore subito lo consecrarono, senza che si conosca se Lottario abbia contro tal atto protestato.

Nell’anno susseguente questo pontefice affine d’impedire che nell’avvenire la basilica di S. Pietro non rimanesse più esposta al saccheggio dei Saraceni, ordinò che attorno ad essa si costruisse una città colle [[w|Mura leonine|sue mura}} e fossa, la quale essendo in quattr’anni stata terminata, fu chiamata dal suo fondatore Leonina. E ben vi provvide, che poco dopo ritornarono i Saraceni verso la spiaggia d’Ostia, dirigendosi verso Porto con intendimento di venire a Roma, ma gli abitanti di Napoli, Amalfi e Gaeta essendo accorsi con un buon numero di navi attaccarono battaglia coi Mori, e secondati da un vento che sorto all’improvviso ne aveva disperse le navi, quasi tutti li ucciseroo presero schiavi, e pochi furon quelli che poterono ritornare in Affrica.

Nell’anno 850, secondo gli annali di Prudenzio vescovo di Troyes, Lodovico fu dal padre Lottario mandato a Roma, dove venne dal pontefice unto imperatore.

Avendo portata a termine colle sue fortificazioni la città Leonina, pensò questo papa a rifornir d’abitanti quella di Porto, epperciò diedela coi prati, vigne e campi che la circondavano a’ Corsi a lui ricorsi per aver sussidi contro i Saraceni che avevano desolato la loro isola, e ciò col patto che fossero fedeli alla Chiesa ed al popolo Romano.

Nel mentre che questo papa con tanto amore pensava al popolo al suo governo da Dio commesso, venne a miglior vita chiamato sulla metà di luglio dell’855, Tre sono i denari che conosco battuti durante gli otto anni del pontificato di Leone IV (Tav. IIII, Ni 8, 9, 10), e sull’attribuzione de’ quali non può nascer dubbio, su tutti e tre leggendosi in giro da una parte HLOTHARIVS e nel campo in monogramma IMP con tre o quattro

  1. Baronius, Annales eccles. T. III, col. 231.