Pagina:Monete dei romani pontefici avanti il mille.djvu/51: differenze tra le versioni

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In nessun autore trovo che regolasse gli affari della santa sede, epperciò la riconosco per asserzione di nessun valore; in quanto poi al diritto di confermare l’elezione dei papi, ciò non trovasi preteso dagli imperatori Carolingi sino a quando Eugenio II loro lo concesse conoscendo la loro religione, affinchè impedissero che non venisse consecrato un papa simoniaco eletto dalle fazioni, come vedremo.
In nessun autore trovo che regolasse gli affari della santa sede, epperciò la riconosco per asserzione di nessun valore; in quanto poi al diritto di confermare l’elezione dei papi, ciò non trovasi preteso dagli imperatori Carolingi sino a quando Eugenio II loro lo concesse conoscendo la loro religione, affinchè impedissero che non venisse consecrato un papa simoniaco eletto dalle fazioni, come vedremo.


Indispettito che il pontefice di sua spontanea volontà avesse Carlo innalzato alla suprema dignità d’imperatore colle stesse parole da questo scritte ''pro stabilitate totius Imperii a Deo nobis commissi'', voile dimostrare che ciò non riconosceva dal sommo pontefice, non accorgendosi che con esse dichiarava di tenere da Dio l’impero, che glielo diede per mezzo del suo vicario. Soggiunge che esso non fu che un vano titolo, non avendogli procurato un palmo di terra più di quel che possedeva, e cita, in proposito per dimostrar l’indifferenza di Carlo per l’impero, il passo d’Eginardo già riferito (pag. 38), il quale invece fu da questi scritto per dimostrare la somma sua modestia ed umiltà; si badi poi se in tal secolo, nel quale la dignità d’imperatore si considerava come di gran lunga superiore a tutti i re, fosse probabile che si tenesse in quel conto, che dimostra d’averla avuta il re franco il Le Blanc.
Indispettito che il pontefice di sua spontanea volontà avesse Carlo innalzato alla suprema dignità d’imperatore colle stesse parole da questo scritte ''pro stabilitate totius Imperii a Deo nobis commissi'', voile dimostrare che ciò non riconosceva dal sommo pontefice, non accorgendosi che con esse dichiarava di tenere da Dio l’impero, che glielo diede per mezzo del suo vicario. Soggiunge che esso non fu che un vano titolo, non avendogli procurato un palmo di terra più di quel che possedeva, e cita, in proposito per dimostrar l’indifferenza di Carlo per l’impero, il passo d’{{AutoreCitato|Eginardo|Eginardo}} già riferito (pag. 38), il quale invece fu da questi scritto per dimostrare la somma sua modestia ed umiltà; si badi poi se in tal secolo, nel quale la dignità d’imperatore si considerava come di gran lunga superiore a tutti i re, fosse probabile che si tenesse in quel conto, che dimostra d’averla avuta il re franco il Le Blanc.


In ultimo cita un preteso decreto riferito da Graziano, secondo il quale Adriano ed un concilio romano diedero a Carlo il diritto di eleggere il papa e di regolare gli affari della sede apostolica, ma è inutile di esso discutere, dopo ch’è provato essere apocrifo.
In ultimo cita un preteso decreto riferito da Graziano, secondo il quale Adriano ed un concilio romano diedero a Carlo il diritto di eleggere il papa e di regolare gli affari della sede apostolica, ma è inutile di esso discutere, dopo ch’è provato essere apocrifo.