Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)/Capitolo 32: differenze tra le versioni

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{{Centrato|''Del dipignere le finestre di vetro; et come elle si conduchino co’ piombi, e co’ ferri da sostenerle senza impedimento delle figure.{{spazi|5}}Cap. XXXII.''}}
 
{{Capolettera|C}}Ostumarono gia gl’antichi, ma per gl’huomini grandi o almeno di qualche importanza; di serrare le finestre in modo, che senza impedire il lume; non vi entrassero i venti, o il freddo; et questo solamente ne’ bagni loro, ne’ sudatoi, nelle stufe, et negli altri luoghi riposti, chiudendo le aperture, o vani di quelle con alcune pietre trasparenti, come sono le Agate, gli Alabastri, et alcuni marmi teneri, che sono mischi, o che traggono al gialliccio. Ma i moderni, che in molto maggior copia hanno havuto le fornaci de’ vetri, hanno fatto le finestre di vetro, di occhi, et di piastre, a similitudine, od imitazione di quelle, che gli antichi fecero di pietra. Et con i piombi accanalati da ogni banda, le hanno insieme serrate, et ferme; et ad alcuni ferri messi nelle muraglie a questo proposito, o veramente ne’ telai di legno, le hanno armate, et ferrate come diremo. Et dove elle si facevano nel principio semplicemente d’occhi bianchi, et con angoli bianchi, o pur colorati; hanno poi imaginato gli artefici, fare un musaico de le figure di questi vetri, diversamente colorati, et commessi ad uso di pittura. Et talmente si è assottigliato l’ingegno in ciò, che e’ si vede hoggi condotta questa arte delle finestre di vetro a quella perfezzione, che nelle tavole si conducono le belle pitture, unite di colori, et pulitamente dipinte; si come nella vita di Guglielmo da Marzille Franzese, largamente dimostrerremodimostrerremmo. Di questa arte hanno lavorato meglio i Fiaminghi, et i Franzesi, che l’altre nazioni. Atteso, che eglino come investigatori delle cose del fuoco, et de colori hanno ridotto a cuocere a fuoco i colori, che si pongono in sul vetro. A cagione che il vento, l’aria, et la pioggia, non le offenda in maniera alcuna. Dove gia costumavano dipigner quelle di colori velati con gomme et altre tempere, che col tempo si consumavano. Et i venti, le nebbie, et l’acque se le portavano di maniera, che altro non vi restava, che il semplice colore del vetro. Ma nella età presente veggiamo noi condotta questa arte a quel sommo grado, oltra il quale non si può appena desiderare perfezione alcuna, di finezza, di bellezza, et di ogni particularità, che a questo possa servire; con una delicata et somma vaghezza, non meno salutifera, per assicurare le stanze da’ venti, et dall’arie cattive; che utile et comoda per la luce chiara, et spedita che per quella ci si appresenta. Vero è che per condurle, che elle siano tali, bisognano primieramente tre cose, cioè una luminosa trasparenza ne’ vetri scelti,; un bellissimo componimento di cio che vi si lavora; et un colorito aperto senza alcuna confusione. La trasparenza consiste nel saper fare elezione di vetri, che siano lucidi per se stessi. Et in cio, meglio sono i Franzesi, Fiaminghi, et Inghilesi, che i Veniziani; perche i Fiaminghi sono molto chiari, et i Veniziani molto carichi di colore. Et quegli, che son chiari, adombrandoli di scuro, non perdono il lume del tutto, tale, che e’ non traspaino nell’ombre loro. Ma i Veniziani, essendo di loro natura scuri, et oscurandoli di piu con l’ombre, perdono in tutto la trasparenza. Et ancora, che molti si dilettino d’havergli carichi di colori, artifitiatamente soprapostivi, che sbattuti dall’aria, et dal sole mostrano non sò che di bello piu, che non fanno i colori naturali. Meglio è nondimeno aver i vetri di loro natura chiari, che scuri; a cio che da la grossezza del colore non rimanghino offuscati. A condurre questa opera, bisogna havere un cartone disegnato con profili, dove siano i contorni delle pieghe de’ panni, et delle figure, i qualiiquali dimostrino dove si hanno a commettere i vetri; Di poi si pigliano i pezi de’ vetri, rossi, gialli, azurri, et bianchbianchi; et si scompartiscono secondo il disegno, per panni, o per carnagioni, come ricerca il bisogno. Et per ridurre ciascuna piastra di essi vetri a le misure disegnate sopra il cartone si segnano detti pezzi in dette piastre, posate sopra il detto cartone, con un pennello di biacca; Et a ciascunciascuno pezo s’assegna il suo numero, per ritrovargli piu facilmente nel commettergli, i quali numeri finita l’opera, si scancellano. Fatto questo, per tagliargli a misura, si piglia un ferro appuntato affocato, con la punta del quale havendo prima con una punta di smeriglio intaccata alquanto la prima superficie dove si vuole cominciare, e con un poco di sputo bagnatovi, si và con esso ferro lungo que’ dintorni, ma alquanto discosto. Et a poco, a poco muovendo il predetto ferro il vetro si inclina, et si spicca dalla piastra. Dipoi, con una punta di smeriglio si va rinettando detti pezzi, et levandoneleva{{Ec|u|n}}done il superfluo; Et con un ferro, che e’ chiamano Grisatoio, o vero Topo, si vanno rodendo i dintorni disegnati, tale che’ venghino giusti da potergli commettere per tutto. Cosi dunque commessi i pezzi di vetro, in su una tavola piana si distendono sopra il cartone, et si comincia a dipignere per i panni l’ombra di quegli, laquale vuol essere di scaglia di ferro macinata, eet d’un’altra ruggine, che alle cave del ferro si trova, la quale è rossa, o vero matita rossa, e dura macinata, et con queste si ombrano le carni, cangiando quelle col nero, et rosso, secondo che fa bisogno{{Ec||.}} Ma prima è necessario alle carni velare con quel rosso tutti i vetri, et con quel nero fare il medesimo a panni, con temperargli con la gomma, aapoco poco a pocoapoco dipignendoli, et ombrandoli come sta il cartone. Et appresso, dipinti, che e’ sono, volendoli dare lumi fieri si ha un pennello di setole corto, et sottile, et con quello si graffiano i vetri in su il lume, et levasi di quel panno, che haveva dato per tutto il primo colore; Et con l’asticiuola del pennello si và lumeggiando i capegli, le barbe, i panni, i casamenti, e paesi come tu vuoi. Sono però in questa opera molte difficultà, et chi se ne diletta puo mettere varij colori sul vetro, perche segnando su un colore rosso, un fogliame, o cosa minuta, volendo, che a fuoco venga colorito d’altro colore si puo squamare quel vetro quanto tiene il fogliame, con la punta d’un ferro, che levi la prima scaglia del vetro cioè, il primo suolo, et non la passi, perche faccendo cosi, rimane il vetro di color bianco, et se egli dà poi quel rosso fatto di piu misture, che nel cuocere mediante lo scorrere, diventa giallo. Et questo si puo fare su tutti i colori, ma il giallo meglio riesce sul bianco, che in altri colori, l’azurro a campirlo, divien verde nel cuocerlo, perche il giallo, et l’azurro mescolati, fanno color verde. Questo giallo non si dà mai se non dietro, dove non è dipinto, perche mescolandosi, e scorrendo guasterebbe, et si mescolarebbe, con quello il quale cotto rimane sopra grosso il rosso, che raschiato via con un ferro, vi lascia giallo. Dipinti, che sono i vetri, vogliono esser messi in una teghia di ferro con un suolo di cenere stacciata, et calcina cotta mescolata: et a suolo, a suolo i vetri parimente distesi, et ricoperti dalla cenere istessa; poi posti nel fornello, il quale a fuoco lento a poco a poco riscaldati, venga a infocarsi la cenere, e i vetri, perche i colori, che vi sono su infocati, inrugginisconoin rugginiscono, et scorrono, et fanno la presa sul vetro. Et a questo cuocere bisogna usare grandissima diligenza, perche il troppo fuoco violento, li farebbe crepare; et il poco non li cocerebbe. Ne si debbono cavare finche la padella, o teghia dove e’ sono non si vede tutta di fuoco, et la cenere con alcuni saggi sopra, che si vegga quando il colore è scorso. fatto{{Ec|f|F}}atto ciò si buttano i piombi in certe forme di pietra, o di ferro, i quali hanno due canali, cioè da ogni lato uno, dentro al quale si commette, e serra il vetro. Et si piallano, et dirizano, et poi su una tavola si conficcano, et a pezzo per pezzo s’impiomba tutta l’opera in piu quadri; et si saldano tutte le commettiture de’ piombi con saldatoi di stagno; et in alcune traverse, dove vanno i ferri, si mette fili di rame impiombati, accioche possino reggere, et legare l’opra: la quale s’arma di ferri, che non siano al dritto delle figure, ma torti secondo le commettiture di quelle, a cagione, che e’ non impedischino il vederle. Questi si mettono con inchiovature ne’ ferri, che reggono il tutto. Et non si fanno quadri, ma tondi, accio impedischino manco la vista{{Ec||:}} Et da la banda di fuori si mettono alle finestre, et ne’ buchi delle pietre s’impiombano, et con fili di rame, che ne’ piombi delle finestre saldati siano a fuoco, si legano fortemente. Et perche i fanciulli, o altri impedimenti non le guastino, vi si mette dietro una rete di filo di rame sottile. Le quali opre, se non fossero in materia troppo frangibile, durerebbono al mondo infinito tempo. Ma per questo non resta, che l’arte non sia difficile, artificiosa, et bellissima.