Pagina:Catullo e Lesbia.djvu/275: differenze tra le versioni

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{{smaller|Pag. 156.}}{{spazi|10}}''{{§|zonam|[[Catullo e Lesbia/Traduzione/Parte prima. Amore ed illusione/1. Al passere di Lesbia - II Ad passerem Lesbiae#zonam|Quod zonam soluit diu ligatam.]]}}''</poem>
{{smaller|Pag. 156.}}{{spazi|10}}''{{§|zonam|[[Catullo e Lesbia/Traduzione/Parte prima. Amore ed illusione/1. Al passere di Lesbia - II Ad passerem Lesbiae#zonam|Quod zonam soluit diu ligatam.]]}}''</poem>


Le fanciulle romane andavan cinte da una ''zona'', o fascia di lana, legata da un nodo, che dicevasi ''erculeo'', che veniva sciolto il giorno delle nozze, o dal marito, come credono alcuni, o, come altri dicono, dalla pronuba, che consecrava il cinto a Diana. Però ''scioglier la zona o la mitra'' significò, perdere la verginità; onde i Greci chiamarono ''λυσιζώνας'' le fanciulle esperte di Venere; e Ovidio:
Le fanciulle romane andavan cinte da una ''zona'', o fascia di lana, legata da un nodo, che dicevasi ''erculeo'', che veniva sciolto il giorno delle nozze, o dal marito, come credono alcuni, o, come altri dicono, dalla pronuba, che consecrava il cinto a Diana. Però ''scioglier la zona o la mitra'' significò, perdere la verginità; onde i Greci chiamarono ''λυσιζώνας'' le fanciulle esperte di Venere; e Ovidio:
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{{Blocco centrato|<i><poem>
Cui mea virginitas avibus libata sinistris,
Cui mea virginitas avibus libata sinistris,
Castaque fallaci zona recincta manu,</poem></i>
Castaque fallaci zona recincta manu,</poem></i>}}
e il Nostro, altrove:
e il Nostro, altrove:
<i><poem>Ne quærendum aliunde foret nervosius illud
{{Blocco centrato|<i><poem>Ne quærendum aliunde foret nervosius illud
Quod zonam solvere vergineam,</poem></i>
Quod zonam solvere vergineam,</poem></i>}}


La zona, che fu da prima, non tanto una custodia, quanto un simbolo della castità delle giovinette, cangiò più tardi di materia, di forma, di scopo; degenerò in ''subligaculum'', cintura di cuoio o di lana imbottita di crini, usata specialmente dalle schiave, dagli attori, dagli atleti, a cui faceva il doppio ufficio di cinto erniario e dì foglia di fico; in ''fibula'', specie d’anello d’oro, d’argento o di ferro, che barbaramente s’inseriva all’estremità delle parti sessuali non solo delle donzelle, ma anche dei giovanetti, col pretesto di preservarli da Venere precoce, che avrebbe loro rapita la freschezza della voce e della salute. ({{AutoreCitato|Aulo Cornelio Celso|Celso}}, 7, 25.) Dall’infibulazione, operata più spesso dai fabbri e dalle maliarde che dai chirurgi, si passò mano mano alla castrazione; che giunse fra poco a tali eccessi, che un editto di Domiziano condannò{{Pt| se-|}}
La zona, che fu da prima, non tanto una custodia, quanto un simbolo della castità delle giovinette, cangiò più tardi di materia, di forma, di scopo; degenerò in ''subligaculum'', cintura di cuoio o di lana imbottita di crini, usata specialmente dalle schiave, dagli attori, dagli atleti, a cui faceva il doppio ufficio di cinto erniario e dì foglia di fico; in ''fibula'', specie d’anello d’oro, d’argento o di ferro, che barbaramente s’inseriva all’estremità delle parti sessuali non solo delle donzelle, ma anche dei giovanetti, col pretesto di preservarli da Venere precoce, che avrebbe loro rapita la freschezza della voce e della salute. ({{AutoreCitato|Aulo Cornelio Celso|Celso}}, 7, 25.) Dall’infibulazione, operata più spesso dai fabbri e dalle maliarde che dai chirurgi, si passò mano mano alla castrazione; che giunse fra poco a tali eccessi, che un editto di Domiziano condannò{{Pt| se-|}}