Pagina:Storia delle arti del disegno III.djvu/96: differenze tra le versioni

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<ref follow=pagina94>viva luce, converrà indagarne altra ragione, che io non crederei fosse perchè dormisse poco, secondo che mostra di volerla intendere il {{AutoreCitato|Samuel Auguste Tissot|Tissot}} ''Della salute de’ letter. §. 75. p. 174.''; ma bensì perchè egli portasse avversionc alla oscurità, e allo star solo al bujo; argomentandolo dal riferire lo stesso {{AutoreCitato|Gaio Svetonio Tranquillo|Suetonio}} poco dopo, che se egli stando in letto non poteva ripigliar sonno, si faceva leggere; e che mai non volle stare sveglio tra le tenebre senza la compagnia di qualcheduno: ''nec in tenebris vigilavit unquam nisi assidente aliquo''. Se dormiva di giorno in quella guisa, levandosi la mano dagli occhi, non si trovava solo fra quelle tenebre, ch’egli aveva in orrore. La stessa cosa avviene ad altri eziandio a’ tempi nostri, i quali e di giorno, e di notte non possono dormire all’oscuro, e cogli sportelli chiusi. Nè è da sospettarsi, che Augusto dormisse cosi perchè volesse disprezzare i comodi, e menar vita faticata; mentre Suetonio segue a dire, che anzi cercava di dormire comodamente, facendosi coprire anche le gambe.<br/>
<ref follow=pagina94>viva luce, converrà indagarne altra ragione, che io non crederei fosse perchè dormisse poco, secondo che mostra di volerla intendere il {{AutoreCitato|Samuel Auguste Tissot|Tissot}} ''Della salute de’ letter. §. 75. p. 174.''; ma bensì perchè egli portasse avversionc alla oscurità, e allo star solo al bujo; argomentandolo dal riferire lo stesso {{AutoreCitato|Gaio Svetonio Tranquillo|Suetonio}} poco dopo, che se egli stando in letto non poteva ripigliar sonno, si faceva leggere; e che mai non volle stare sveglio tra le tenebre senza la compagnia di qualcheduno: ''nec in tenebris vigilavit unquam nisi assidente aliquo''. Se dormiva di giorno in quella guisa, levandosi la mano dagli occhi, non si trovava solo fra quelle tenebre, ch’egli aveva in orrore. La stessa cosa avviene ad altri eziandio a’ tempi nostri, i quali e di giorno, e di notte non possono dormire all’oscuro, e cogli sportelli chiusi. Nè è da sospettarsi, che Augusto dormisse cosi perchè volesse disprezzare i comodi, e menar vita faticata; mentre Suetonio segue a dire, che anzi cercava di dormire comodamente, facendosi coprire anche le gambe.<br/>


Coll’argomento medesimo si può rispondere a {{AutoreCitato|Johann Joachim Winckelmann|Winkelmann}} per il luogo di {{AutoreCitato|Publio Terenzio Afro|Terenzio}}: che non per difetto di saper oscurare le stanze, mettendo almeno qualche riparo alle finestre o di tela, o di altra materia, si usava di sventolare così la gente; ma che ciò usavasi per altra ragione. Quella comedia, come delle altre di Terenzio si è detto qui avanti ''pag. 66''., è tradotta, o imitata dal greco, e greco senza dubbio è l’argomento di essa. Che presso i Greci fossero adoprati gli sportelli pare chiaro dal passo addotto d’{{AutoreCitato|Apollonio Rodio|Apollonio Rodio}}, al quale non vedo possa fare difficoltà il chiamarti ''porte'' le finestre da questo poeta; giacché ''porte'' si chiamavano anche dai Latini, dicendole ''fores'', e ''bifores'', per la somiglianza, che hanno con esse o per l’uso, o perchè talune si aprissero in fuori a modo delle porte; come si vedono al basso rilievo della galleria Granducale dato dal {{AutoreCitato|Anton Francesco Gori|Gori}} ''Inscr. ant. in Etr. urb. ext. par. 3. Tab. 20''. Avrà dunque un’altra significazione il luogo ii Terenzio. Egli dice, che l’eunuco facea vento con un ventaglio ad una donzella, che stava sul letto dopo essere uscita dal bagno: con che fa piuttosto capire, che l’eunuco volesse farle fresco, anzi che cacciarle via le mosche d’attorno. E dato ancora, che quella fosse stata l’intenzione di colui, ciò non proverebbe cosa alcuna; perchè di cacciare le mosche d’attorno a chi dormiva era pure in costume, forse per mollezza, ai tempi dell’imperator Pertinace, come si ha da {{AutoreCitato|Cassio Dione Cocceiano|Dione}} nella vita di Severo ''lib. 74. c. 4. Tom. {{Sc|iI}}. p. 1244''., ai quali tempi in Roma si sapevano oscurare le camere anche di mezzo giorno, secondo le citate autorità di {{AutoreCitato|Publio Ovidio Nasone|Ovidio}}, e di {{AutoreCitato|Marco Vitruvio Pollione|Vitruvio}}.<br/>
Coll’argomento medesimo si può rispondere a {{AutoreCitato|Johann Joachim Winckelmann|Winkelmann}} per il luogo di {{AutoreCitato|Publio Terenzio Afro|Terenzio}}: che non per difetto di saper oscurare le stanze, mettendo almeno qualche riparo alle finestre o di tela, o di altra materia, si usava di sventolare così la gente; ma che ciò usavasi per altra ragione. Quella comedia, come delle altre di Terenzio si è detto qui avanti ''pag. 66''., è tradotta, o imitata dal greco, e greco senza dubbio è l’argomento di essa. Che presso i Greci fossero adoprati gli sportelli pare chiaro dal passo addotto d’{{AutoreCitato|Apollonio Rodio|Apollonio Rodio}}, al quale non vedo possa fare difficoltà il chiamarti ''porte'' le finestre da questo poeta; giacché ''porte'' si chiamavano anche dai Latini, dicendole ''fores'', e ''bifores'', per la somiglianza, che hanno con esse o per l’uso, o perchè talune si aprissero in fuori a modo delle porte; come si vedono al basso rilievo della galleria Granducale dato dal {{AutoreCitato|Anton Francesco Gori|Gori}} ''Inscr. ant. in Etr. urb. ext. par. 3. Tab. 20''. Avrà dunque un’altra significazione il luogo di Terenzio. Egli dice, che l’eunuco facea vento con un ventaglio ad una donzella, che stava sul letto dopo essere uscita dal bagno: con che fa piuttosto capire, che l’eunuco volesse farle fresco, anzi che cacciarle via le mosche d’attorno. E dato ancora, che quella fosse stata l’intenzione di colui, ciò non proverebbe cosa alcuna; perchè di cacciare le mosche d’attorno a chi dormiva era pure in costume, forse per mollezza, ai tempi dell’imperator Pertinace, come si ha da {{AutoreCitato|Cassio Dione Cocceiano|Dione}} nella vita di Severo ''lib. 74. c. 4. Tom. {{Sc|iI}}. p. 1244''., ai quali tempi in Roma si sapevano oscurare le camere anche di mezzo giorno, secondo le citate autorità di {{AutoreCitato|Publio Ovidio Nasone|Ovidio}}, e di {{AutoreCitato|Marco Vitruvio Pollione|Vitruvio}}.<br/>


Nel tempio di Gerusalemme descritto da Ezechiele, che commenta {{AutoreCitato|San Girolamo|s. Girolamo}} ''Comment. in Ezech. lib. 12. cap. 4. oper. Tom. V. col. 501. E''., alle finestre non vi erano vetri, o pietre specolari; ma semplici sportelli di legni preziosi intarsiati: e sportelli sembrano quelli, che veggonsi al nominato basso rilievo della Granducale.</ref>
Nel tempio di Gerusalemme descritto da Ezechiele, che commenta {{AutoreCitato|San Girolamo|s. Girolamo}} ''Comment. in Ezech. lib. 12. cap. 4. oper. Tom. V. col. 501. E''., alle finestre non vi erano vetri, o pietre specolari; ma semplici sportelli di legni preziosi intarsiati: e sportelli sembrano quelli, che veggonsi al nominato basso rilievo della Granducale.</ref>