Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/99: differenze tra le versioni

Nessun oggetto della modifica
Stato della paginaStato della pagina
-
Pagine SAL 75%
+
Pagine SAL 100%
Intestazione (non inclusa):Intestazione (non inclusa):
Riga 1: Riga 1:
<div class="pagetext">{{RigaIntestazione||{{Sc|le nebule}}}}<div class="pagetext"><dl><dd>
Corpo della pagina (da includere):Corpo della pagina (da includere):
Riga 1: Riga 1:
;Giu.
;Giu.
<dl><dd>Dirò adunque la disciplina antica, come era stata ordinata, qando io giuste cose dicendo fioriva, & la discretione era riputata. bisognava che niun udisse a voce di un putto che parlasse, bisognava andare per le strade bene ordinato, à la scuola di sonare quelli de la terra, nudi, adunatisi, anchora che molto smisuratamente nevasse: poi essercitava prima imparare il canto quelli che non tenevano strette le gambe, ò Minerva dissipatrice de le cità, grave: ò un qualche alto grido, distendendo l’harmonia, che gli hanno insegnato i magiori. Se alcuno poi d’essi havesse fatto aguati à l’altare, ò havesse istorto qualche tortuosità, si come quelli hora di Frine, queste difficilmente storte fraccano, battendone molte, quasi scanzelando il canto. i putti poi che in scuola sedevano gli bisognava mettere fuora la gamba, à ciò che à quelli ch’erano di fuori, niente mostrassino immansueto. poi di nuovo un’altra volta levandosi farsi netti & antivedere, non lasciare imagine à gli amatori de la pubertà. & niun putto s’ungea l’ombiligo di sopra via à l’hora, che à le parti pudendi, rosciata & lanugine come à i pomi fioriva. ne mescolando la molle voce, egli di sè medesimo essendo ruffiano, avanti à gli occhij à l’amatore andava. ne gli era licito cenando pigliare un capo di rafano, ne l’aneto d’i vecchij carpire, ne appio, ne mangiare quelle cose che si mangiano co’l pane, ne mangiar
<dl><dd>Dirò adunque la disciplina antica, come era stata ordinata, quando io giuste cose dicendo fioriva, et la discretione era riputata. bisognava che niun udisse la voce d'un putto che parlasse, bisognava andare per le strade bene ordinato, à la scuola di sonare quelli de la terra, nudi, adunatisi, anchora che molto smisuratamente nevasse: poi essercitava prima imparare il canto quelli che non tenevano strette le gambe, ò Minerva dissipatrice de le cità, grave: ò un qualche alto grido, distendendo l’harmonia, che gli hanno insegnato i magiori. Se alcuno poi d’essi havesse fatto aguati à l’altare, ò havesse istorto qualche tortuosità, si come quelli hora di Frine, queste difficilmente storte fraccava, battendone molte, quasi scanzelando il canto. i putti poi che in scuola sedevano gli bisognava mettere fuora la gamba, à ciò che à quelli ch’erano di fuori, niente mostrassino immansueto. poi di nuovo un’altra volta levandosi farsi netti et antivedere, non lasciare imagine à gli amatori de la pubertà. et niun putto s’ungea l’ombiligo di sopra via à l’hora, che à le parti pudendi, rosciata et lanugine come à i pomi fioriva. ne mescolando la molle voce, egli di sè medesimo essendo ruffiano, avanti à gli occhij à l’amatore andava. ne gli era licito cenando pigliare un capo di rafano, ne l’aneto d’i vecchij carpire, ne appio, ne mangiare quelle cose che si mangiano co’l pane, ne mangiar