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{{Pt|sone|persone}} dei suoi cacciatori come piú gli parve convenevole, attese con cani e corni a far uscir le bestie fuor de le lor tane e covili. Ed ecco saltar fuori una bestia selvaggia molto feroce e snella, la quale d’un salto le reti trapassate, si mise velocissimamente in fuga. Il re, veduto lo strano animale, deliberò di seguitarlo e farlo morire. Fatto adunque cenno ad alcuni dei suoi baroni che seco si mettessero di brigata dietro a la fiera, e lasciato le redine al suo cavallo, si pose dietro a seguitarla. Era Ariabarzane uno di quei baroni, che col suo re dietro a l’animal correva. Avvenne che quel giorno il re aveva sotto un cavallo che per il velocissimo suo correre tanto gli era grato, che mille altri de li suoi per salvezza di quello averia dato, e tanto piú ch’oltra la velocitá del corso era attissimo a le scaramucce e fatti d’arme. Cosí seguendo a sciolta briglia la volante non che corrente fiera, molto da la compagnia si dilungarono, e di modo affrettarono il corso, che il re seco non aveva se non Ariabarzane, dietro a cui seguiva un dei suoi, che sempre egli ne la caccia dietro si menava suso un buon cavallo. Medesimamente il cavallo d’Ariabarzane era tenuto dei megliori che in corte si trovassero. Avvenne in questo, che, tuttavia correndo questi tre a sciolta briglia, Ariabarzane s’avide che il cavallo del suo signor era dai piedi dinnanzi sferrato e giá cominciavano i sassi a rodergli l'unghie. Il perché conveniva al re perder il trastullo che prendeva de la caccia, o che il cavallo si guastasse. Ma di queste due cose nessuna poteva avvenire che mirabilmente al re non dispiacesse, il qual non s’era avveduto che il cavallo avesse perduto i ferri. Il senescalco subito che se n’avide smontò a piedi, e fattosi dar da quello che lo seguiva, che per questi accidenti seco conduceva, il martello e le tenaglie, al suo buon cavallo cavò li duo ferri dinanzi per mettergli a quello del re, deliberando poi egli metter a la ventura il suo, seguendo la caccia. Gridato adunque al re che si fermasse, l’avvertí del pericolo ove il cavallo era. Smontato il re, e li duo ferri veggendo in mano al servidor del senescalco, né altrimente mettendovi cura, o forse imaginando che a simil casi Ariabarzane gli facesse portare o che pur fossero quelli che al
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sone dei suoi cacciatori come più gli parve convenevole, attese
con cani e corni a far uscir le bestie fuor de le lor tane e co¬
vili. Ed ecco saltar fuori una bestia selvaggia molto feróce e
snella, la quale d’un salto le reti trapassate, si mise velocissi¬
mamente in fuga. Il re, veduto lo strano animale, deliberò di
seguitarlo e farlo morire. Fatto adunque cenno ad alcuni dei
suoi baroni che seco si mettessero di brigata dietro a la fiera,
e lasciato le redine al suo cavallo, si pose dietro a seguitarla.
Era Ariabarzane uno di quei baroni, che col suo re dietro a
l’animal correva. Avvenne che quel giorno il re aveva sotto un
cavallo che per il velocissimo suo correre tanto gli era grato,
che mille altri de li suoi per salvezza di quello averia dato, e
tanto più ch’oltra la velocità del corso era attissimo a le sca¬
ramucce e fatti d’arme. Cosi seguendo a sciolta briglia la vo¬
lante non che corrente fiera, molto da la compagnia si dilunga¬
rono, e di modo affrettarono il corso, che il re seco non aveva
se non Ariabarzane, dietro a cui seguiva un dei suoi, che sem¬
pre egli ne la caccia dietro si menava suso un buon cavallo.
Medesimamente il cavallo d’Ariabarzane era tenuto dei megliori
che in corte si trovassero. Avvenne in questo, che, tuttavia cor¬
rendo questi tre a sciolta briglia, Ariabarzane s’avide che il ca¬
vallo del suo signor era dai piedi dinnanzi sferrato e già comin¬
ciavano i sassi a rodergli l'unghie. Il perché conveniva al re
perder il trastullo che prendeva de la caccia, o che il cavallo
si guastasse. Ma di queste due cose nessuna poteva avvenire che
mirabilmente al re non dispiacesse, il qual non s’era avveduto
che il cavallo avesse perduto i ferri. Il senescalco subito che se
n’avide smontò a piedi, e fattosi dar da quello che Io seguiva,
che per questi accidenti seco conduceva, il martello e le tena¬
glie, al suo buon cavallo cavò li duo ferri dinanzi per metter¬
gli a quello del re, deliberando poi egli metter a la ventura
il suo, seguendo la caccia. Gridato adunque al re che si fer¬
masse, l’avverti del pericolo ove il cavallo era. Smontato il re,
e li duo ferri veggendo in mano al servidor del senescalco, né
altrimente mettendovi cura, o forse imaginando che a simil casi
Ariabarzane gli facesse portare o che pur fossero quelli che al
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