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pubblica gara di bellezza<ref>Detta {{greco}} '''τὰ καλλιτεῖα'''.</ref> fra ’l sesso femminile <ref>E fra il virile si teneva in Elide. {{AutoreCitato|Ateneo di Naucrati|Ateneo}} ''loc. cit''.</ref>. Chi sa che, nel proporre de’premj per la beltà, non mirassero i Greci a promovere una propagazione di bella prosapia? Leggiamo in Oppiano<ref>''Cyneg. lib. 1. vers. 357''.</ref> che le donne spartane, per generare de’ bei fanciulli, soleano collocarsi in faccia al letto le immagini di Nireo, di Narciso, di Giacinto, o di Castore e di Polluce. Poiché adunque la bellezza desiderata era e pregiata da’ Greci, chiunque si sarà conosciuto bello, avrà cercato per mezzo di questa prerogativa di farsi noto alla propria nazione, e di farsi principalmente ammirare dagli artisti, i quali perciò, come giudici nella distribuzione del premio della beltà, aver doveano frequentemente innanzi agli occhi le più belle sembianze. Era la bellezza eziandio un merito per acquistar fama<ref>La meretrice Frine per la sua bellezza fu assoluta in Atene dalla pena di morte. Ateneo ''lib. 13. cap. 6. pag. 590. E''.</ref>; e troviamo diffatti nelle greche storie rammemorate le più belle persone<ref>{{AutoreCitato|Pausania|Paus.}} ''lib. 6. cap. 3. pag. 457. [ Pausania in questo luogo parla di molti fanciulli vincitori nei giuochi, ai quali furono erette delle statue; ma di uno solo rileva che era bellissimo.</ref>. Alcuni pur vi furono, che avendo superiormente bella una qualche parte delle loro sembianze, ne riportarono un soprannome particolare, come {{AutoreCitato|Demetrio Falereo|Demetrio Falereo}}, che per la bellezza delle sue ciglia fu chiamato {{greco}} '''χαριτοβλέφαρος''', cioè colui sulle cui ciglia abitano le Grazie<ref>{{AutoreCitato|Diogene Laerzio|Diog. Laert.}} ''lib. 5. segm. 85. in ejus vita, Tom. I. pag. 307.'', Ath. ''Deipnos. lib. 13. cap.7. pag. 593. E''. [ Ateneo dice, che cosi si chiamava una meretrice amata da {{AutoreCitato|Demetrio Falereo|Demetrio Falereo}}, prima che questi la chiamasse ''Lampeto''. {{AutoreCitato|Isaac Casaubon|Casaubono}} al luogo citato di Laerzio, e in margine di Ateneo per accordare questi due scrittori, ha corretto l’ultimo, facendogli dire, che Demetrio chiamò sé stesso {{greco}} '''χαριτοβλέφαρος'''. Ma con ciò neppur toglie tutta la contradizione, mentre Laerzio scrive che fu chiamato cosi dalla meretrice; e il senso non corre perfettamente in Ateneo. Sosterrei dunque più volentieri questo scrittore; e crederei che avesse equivocato l’altro nella scrivere.</ref>. Se possiamo dar fede a {{AutoreCitato|Dione Crisostomo|Dione Grisostomo}}, quando scrive che a’ tempi suoi, e sotto l’impero di Trajano, non faceasi più molto conto della bellezza, anzi nemmeno sapeasi ben apprezzare<ref>''Orat. 21. pag. 696''.</ref>, dobbiamo riconoscere in
pubblica gara di bellezza<ref>Detta {{Greco da controllare}} '''τὰ καλλιτεῖα'''.</ref> fra ’l sesso femminile <ref>E fra il virile si teneva in Elide. {{AutoreCitato|Ateneo di Naucrati|Ateneo}} ''loc. cit''.</ref>. Chi sa che, nel proporre de’premj per la beltà, non mirassero i Greci a promovere una propagazione di bella prosapia? Leggiamo in Oppiano<ref>''Cyneg. lib. 1. vers. 357''.</ref> che le donne spartane, per generare de’ bei fanciulli, soleano collocarsi in faccia al letto le immagini di Nireo, di Narciso, di Giacinto, o di Castore e di Polluce. Poiché adunque la bellezza desiderata era e pregiata da’ Greci, chiunque si sarà conosciuto bello, avrà cercato per mezzo di questa prerogativa di farsi noto alla propria nazione, e di farsi principalmente ammirare dagli artisti, i quali perciò, come giudici nella distribuzione del premio della beltà, aver doveano frequentemente innanzi agli occhi le più belle sembianze. Era la bellezza eziandio un merito per acquistar fama<ref>La meretrice Frine per la sua bellezza fu assoluta in Atene dalla pena di morte. Ateneo ''lib. 13. cap. 6. pag. 590. E''.</ref>; e troviamo diffatti nelle greche storie rammemorate le più belle persone<ref>{{AutoreCitato|Pausania|Paus.}} ''lib. 6. cap. 3. pag. 457. [ Pausania in questo luogo parla di molti fanciulli vincitori nei giuochi, ai quali furono erette delle statue; ma di uno solo rileva che era bellissimo.</ref>. Alcuni pur vi furono, che avendo superiormente bella una qualche parte delle loro sembianze, ne riportarono un soprannome particolare, come {{AutoreCitato|Demetrio Falereo|Demetrio Falereo}}, che per la bellezza delle sue ciglia fu chiamato {{Greco da controllare}} '''χαριτοβλέφαρος''', cioè colui sulle cui ciglia abitano le Grazie<ref>{{AutoreCitato|Diogene Laerzio|Diog. Laert.}} ''lib. 5. segm. 85. in ejus vita, Tom. I. pag. 307.'', Ath. ''Deipnos. lib. 13. cap.7. pag. 593. E''. [ Ateneo dice, che cosi si chiamava una meretrice amata da {{AutoreCitato|Demetrio Falereo|Demetrio Falereo}}, prima che questi la chiamasse ''Lampeto''. {{AutoreCitato|Isaac Casaubon|Casaubono}} al luogo citato di Laerzio, e in margine di Ateneo per accordare questi due scrittori, ha corretto l’ultimo, facendogli dire, che Demetrio chiamò sé stesso {{Greco da controllare}} '''χαριτοβλέφαρος'''. Ma con ciò neppur toglie tutta la contradizione, mentre Laerzio scrive che fu chiamato cosi dalla meretrice; e il senso non corre perfettamente in Ateneo. Sosterrei dunque più volentieri questo scrittore; e crederei che avesse equivocato l’altro nella scrivere.</ref>. Se possiamo dar fede a {{AutoreCitato|Dione Crisostomo|Dione Grisostomo}}, quando scrive che a’ tempi suoi, e sotto l’impero di Trajano, non faceasi più molto conto della bellezza, anzi nemmeno sapeasi ben apprezzare<ref>''Orat. 21. pag. 696''.</ref>, dobbiamo riconoscere in