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diceva: Sappiate, o mangiatori, che nel cantone dell’osteria vi è ascoso un gran tesoro, il qual già gran tempo vi è predestinato; andatelo a torre! — e dette queste parole, volò via, All’ora il fratello, ch’era venuto ultimamente, manifestò per ordine a gli altri fratelli le parole ch’avea dette l’uccello; ed escavorono il luogo che l’aveva detto, e tolseno il tesoro che vi trovorono. Onde molto allegri ritornorono al padre ricchissimi. Dopò e paterni abbracciamenti e le ricche e sontuose cene, un giorno questo fratello, che ultimo venne, intese un altro uccello che diceva: che nel mare Egeo pel circoito di circa dieci miglia v’è un’isola, che si chiama Chio, nella quale la figliuola d’Apolline vi fabricò un castello di marmo fortissimo, la cui entrata custodisce un serpente, che per la bocca getta fuoco e veleno, e alla soglia di questo castello v’è legato un basilisco. Quivi Aglea, una delle più graziate donne che sia al mondo, è rinchiusa con tutto il tesoro che l’ha ragunato: ed havvi raccolto infinita quantità di danari. — Chi anderà a quel luogo e ascenderà la torre, guadagnerà il tesoro e Aglea. Dette queste parole, l’uccello volò via. All’ora, dechiarato il parlar di quello, deliberorono i tre fratelli di andarvi. E il primo promise di ascender la rocca con duoi pugnali; il secondo di far una nave molto veloce. La qual fatta in poco spazio di tempo, un giorno con buona ventura e con buon vento, traversando il mare, s’inviorono verso l’isola di Chio. Alla quale arrivati, una notte, circa il far del giorno, quel franco soldato armato di duoi pugnali ascese sopra la rocca; e presa Aglea e legatala con una corda, la diede a i fratelli: e tratti e rubbini e gioie ed un monte d’oro che v’era, indi allegramente discese, lasciando vota la terra per lui saccheggiata; e tutti ritornorono sani e salvi nella patria. E della donna, la
diceva: Sappiate, o mangiatori, che nel cantone dell’osteria vi è ascoso un gran tesoro, il qual già gran tempo vi è predestinato; andatelo a torre! — e dette queste parole, volò via. All’ora il fratello, ch’era venuto ultimamente, manifestò per ordine a gli altri fratelli le parole ch’avea dette l’uccello; ed escavorono il luogo che l’aveva detto, e tolseno il tesoro che vi trovorono. Onde molto allegri ritornorono al padre ricchissimi. Dopò e paterni abbracciamenti e le ricche e sontuose cene, un giorno questo fratello, che ultimo venne, intese un altro uccello che diceva: che nel mare Egeo pel circoito di circa dieci miglia v’è un’isola, che si chiama Chio, nella quale la figliuola d’Apolline vi fabricò un castello di marmo fortissimo, la cui entrata custodisce un serpente, che per la bocca getta fuoco e veleno, e alla soglia di questo castello v’è legato un basilisco. Quivi Aglea, una delle più graziate donne che sia al mondo, è rinchiusa con tutto il tesoro che l’ha ragunato: ed havvi raccolto infinita quantità di danari. — Chi anderà a quel luogo e ascenderà la torre, guadagnerà il tesoro e Aglea. Dette queste parole, l’uccello volò via. All’ora, dechiarato il parlar di quello, deliberorono i tre fratelli di andarvi. E il primo promise di ascender la rocca con duoi pugnali; il secondo di far una nave molto veloce. La qual fatta in poco spazio di tempo, un giorno con buona ventura e con buon vento, traversando il mare, s’inviorono verso l’isola di Chio. Alla quale arrivati, una notte, circa il far del giorno, quel franco soldato armato di duoi pugnali ascese sopra la rocca; e presa Aglea e legatala con una corda, la diede a i fratelli: e tratti e rubbini e gioie ed un monte d’oro che v’era, indi allegramente discese, lasciando vota la terra per lui saccheggiata; e tutti ritornorono sani e salvi nella patria. E della donna, la