La Beatrice di Dante: differenze tra le versioni

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Nell'anima del poeta aretino ci son tutte le mollezze, gli ondeggiamenti, i profumi, le bizze e i dispetti di un'anima muliebre.
Non si acqueta in nessuna cosa, ma non procede; non ha il coraggio o la modestia di affaticarsi, di lottare per giungere alla conquista di ciò che potrebbe essere il suo ideale: lascia che la corrente lo porti; si affida al caso, e si lamenta della fortuna quando dovrebbe affidarsi alla propria volontà e non lamentarsi che della propria impotenza.
 
L'amore del Petrarca, ciononostante, non è privo d'azione e di dramma; non è tutto della mente, come piace a molti asserire; non è solo artifizio scolastico cieco d'ogni lume di vero affetto, e perciò privo di interesse e di vita.
Petrarca non è un carattere intero, manca di qualcosa di energico che lo diriga, manca del timone della volontà; è carattere affatto moderno, tutto italiano.
In lui non c'è Prometeo, come in Dante; c'è l'uomo-femmina, c'è l'Apollo ermafrodita.
 
L'amor suo non è stagnante come acqua di palude, ma non è tempestoso come le onde dell'Oceano: somiglia piuttosto a un lago che s'increspa leggermente alla superficie, che raramente si turba e minaccia di flagellare la riva, come il Benaco descritto da Marone; ma che subito, come avesse senso e paura delle sue onde, si ravvede, si spiana, si racqueta, si compiace di riflettere l'azzurra faccia del cielo e le verdi colline circostanti, che vi si guardano dentro come Ninfe, curiose di loro bellezze.
E appunto in questi leggeri e istantanei turbamenti che noi sentiamo la vita e il carattere dell'uomo, indoviniamo quella parte viva e palpitante d'amore, ch'egli non ha il coraggio di rivelare, ma che pure si agita sotto alla trasparente vernice del ''Canzoniere''.
Nella superficie Candida, lucida, levigata di quella poesia tu noti qua e la qualche screpolatura, e da queste screpolature, come da un campo di neve che principia a dimoiare e lascia veder qualche foglia di mammoletta ostinata, tu vedi guizzar fuori un non so che di umano e talvolta anche di sensuale, che ti annunzia la terra, la carne, il peccato.
Questi guizzi, questi fremiti inaspettati ed involontari dànno una gran luce e un profondo significato alla poesia petrarchesca, la quale, senza di essi, sarebbe da somigliare a una camelia, priva di quelle fragranze che sono le parole che la natura accorda a certe famiglie privilegiate di fiori.
 
Il carattere di Dante non ondeggia, non tituba, non ha altalene.
Beatrice, angelo o donna che sia, è pur sempre la sua mèta: a lei tende irresistibilmente, come per fatalità ragionata dell'animo; e l'intelletto, il sentimento, la volontà congiurati insieme lo spingono sempre innanzi, sempre verso quel fine ch'egli non raggiunge mai sulla terra; se le vicende fortunose della sua vita lo fanno talvolta oscillare, la sua oscillazione e simile a quella dell'ago magnetico.
 
E Beatrice non è soltanto il polo