La Beatrice di Dante: differenze tra le versioni

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Quando io considero questi sforzi più che umani dell'anima di Dante, io non posso non correre col pensiero al gruppo sublime di Laocoonte, e ai versi di Virgilio che lo scolpiscono.
Ma l'anima del poeta, più gagliarda e più fortunata dell'infelice sacerdote di Nettuno, giunge a svincolarsi dai mortiferi abbracciamenti, e s'inalza vittoriosa alla conquista della beatitudine.
L'amore che opera il miracolo di questo trionfo è in generale e sin da principio un che di sintetico e d'armonioso; ma il sentimento nella prima fase predomina: l'amore del giovane poeta è ancora una specie, un individuo, una donna; e Beatrice Portinari. Vero è che in essa è qualcosa di sovrumano e celestiale; che la sua bellezza accompagnata da sovrana modestia
 
e di tanta virtude Che nulla invidia all'altre ne precede [... ''(Ivi, XXVII)''
 
qualità rarissima che c'indica come la beltà di Beatrice era così superiore a quella di tutte le altre donne, invidiose per debole natura, che non dava luogo a confronti di sorta; vero è che il poeta vedeala ''di sì nobili e laudabili portamenti che di lei si potea dire quella parola d'Omero'': ''«Ella non parea fatta da uomo mortale, ma da Dio»'' ; ma essa è pur sempre una donna, anima d'angelo sì, ma venuta in terra e vivente in came umana.
 
Alla vista di lei ''che fa ogni cosa umile'', all'avvicinare di questa gentilissima creatura che porta amore negli occhi, il pensiero del Poeta si smarrisce: egli trema e balbetta come un fanciullo, desidera irresistibilmente vederla, la cerca da per tutto, si pone al canto di una via per vederla passare, si appoggia al pilastro di una chiesa per goder lungamente della sua vista; ma appena le è vicino e sente il fruscio della sua veste, e il profumo della sua persona, il cuore gli batte fin nella gola, il coraggio gli manca; non osa alzar gli occhi; perde la voce e il respiro e la memoria e la coscienza di se stesso: siamo al momento descritto divinamente da Saffo:
 
Ciò che m'incontra nella mente muore
Quando vengo a veder voi, bella gioia,
E, quando vi son presso, sento amore
Che dice: fuggi, se il perir t'e noia. ''(Ivi, XV, 1-4.)''
 
La fermezza e la ferrea volontà di Dante vacilla allo spettacolo di una fragile creatura; egli sente il bisogno di fuggire da quella donna che lo distrugge.
N'avrà poi la forza? Quando se n'allontana per poco, e l'impressione gli lavora nell'anima per via dell'immaginazione, allora, pur vagheggiando quella sovrumana bellezza, trova luogo alle riflessioni filosofiche e morali, all'esame, all'analisi, all'anatomia del suo sentimento, della belta virtuosa di Beatrice, del fenomeno naturale dell'amore.
 
Tutti li miei pensier parlan d'amore,
Ed hanno in lor si gran varietate,
Ch'altro mi fa voler sua potestate,
Altro folle ragiona il suo valore; ''(Ivi, XII, 1-4)''
 
ecco un'analisi dei suoi pensieri.
 
Dagli occhi della mia donna si muove
Un lume si gentil, che dove appare
Si veggion cose ch'uom non può ritrare
Per loro altezza e per loro esser nuove; ''(Rime, XXVII)''
 
e poco dopo:
 
Lo fin piacer di quello adorno viso
Compose il dardo, che gli occhi lanciaro
Dentro de lo mio cor quando giraro
Ver me, che sua beltà guardavo fiso; ''(Rime apocrife di Dante pp. 270-271)''
 
ecco un esame delle impressioni avute. La famosa canzone:
 
Amor che nella mente mi ragiona ''(Conv., trattato III, canzone II, 1.)''
 
e un panegirico spirituale della sua donna. Ma in mezzo a queste analisi più o meno fini del sentimento, in mezzo a tutti questi concetti più o meno peregrini e sottili tu vedi sempre un oggetto reale, terreno, sensibile: Beatrice è pur sempre una donna. Basta ch'ella si faccia vedere al Poeta, che gli neghi o gli consenta un saluto, perch'egli perda la padronanza di sè stesso, e confuso e sbalordito di tanta bellezza domandi:
 
«Cosa mortale
Com'esser puote sì adorna e pura?». ''(Vita Nuova, XIX, 11-12)''