La Beatrice di Dante: differenze tra le versioni

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La vita di Dante è un continuo salire da ''carne a spirito'', una battaglia senza fine, ricca di svariati episodi, ma tutta e costantemente rivolta a un sol fine; animata da una sola speranza, da un intendimento: la conquista d'un supremo ideale: in Firenze la composizione dei partiti; in Italia l'unità di reggimento, fosse anche tedesco; nel mondo la Monarchia universale; e questo nel campo politico; nel religioso: una religione sola cattolica, quella di Cristo; un pastore e un ovile; un Dio in cielo e un pontefice in terra; nel filosofico: una scienza rivolta esclusivamente alla conquista dell'assoluto bene, nel godimento del quale risiede la beatitudine.
 
A questa gran luce diffusa, desiderio infinito di ogni anima, bisogna ad ogni costo arrivare. Beatrice lo precede, lo guida, lo illumina; gli mostra la via che al ciel conduce.
A questa gran luce
Egli è smarrito nella foresta; bisogna che si liberi, che vinca le tre fiere che gli tolgono l'andata; che si travagli a tutt'uomo per giungere a quell'altezza da cui Beatrice lo chiama. Questo travaglio è tutta la vita dell'Alighieri; Beatrice è tutto il suo destino.
 
I gradini per cui l'anima del poeta s'innalza alla conquista del bene non si possono salire e discendere con la stessa facilità della scala sognata da Giacobbe. Beatrice, ''angioletta giovanissima'', discesa in terra soltanto per mostrare la potenza del suo fattore, fa presto a salire al cielo, a trasformarsi in angelo. Dante però deve lottare contro i suoi nemici, contro i suoi tempi, contro la fortuna, contro sè stesso. Questa lotta eroica, che è come la titanomachia umana, costituisce il soggetto del divino poema.
 
Il poeta, non più individuo, ma centro di tutta la società dei suoi tempi, è l'eroe della triplice epopea, il Prometeo del medio evo: la ''Divina Commedia'' è però una vasta rappresentazione di cui gli attori son tutto un popolo, ed argomento una civiltà.
Se grande è la potenza che giunge a incarnare tanta varietà d'uomini e di cose, eminentemente drammatico ed interessante è l'interno lavorio del poeta, che, svolgendosi con ogni eroico sforzo dalle spire funeste delle terrene passioni, e valicando gli allegorici regni della morte, giunge finalmente all'altezza luminosa, in cui divinamente bella si asside la perfezione ideale di Beatrice.
 
Quando io considero questi sforzi più che umani dell'anima di Dante, io non posso non correre col pensiero al gruppo sublime di Laocoonte, e ai versi di Virgilio che lo scolpiscono.
Ma l'anima del poeta, più gagliarda e più fortunata dell'infelice sacerdote di Nettuno, giunge a svincolarsi dai mortiferi abbracciamenti, e s'inalza vittoriosa alla conquista della beatitudine.
L'amore che opera il miracolo di questo trionfo è in generale e sin da principio un che di sintetico e d'armonioso; ma il sentimento nella prima fase predomina: l'amore del giovane poeta è ancora una specie, un individuo, una donna; e Beatrice Portinari. Vero è che in essa è qualcosa di sovrumano e celestiale; che la sua bellezza accompagnata da sovrana modestia