Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/17: differenze tra le versioni

Nessun oggetto della modifica
Margherita (discussione | contributi)
Stato della paginaStato della pagina
-
Pagine SAL 75%
+
Pagine SAL 100%
Corpo della pagina (da includere):Corpo della pagina (da includere):
Riga 5: Riga 5:
osservatore finissimo ed una delle menti più acute del tempo, tale insomma da meritare il titolo di «suo idolo» datogli da Galileo<ref>Lettera di {{Sc|Galileo }}a {{Sc|Fra Fulgenzio Micanzio}} del 12 aprile 1636 (Biblioteca Marciana, Cl. X Ital., cod. XLVII, car. 6). </ref>, che assai probabilmente non avrebbe effettuato il disegno di abbandonare lo Studio di Padova, se quand’egli prendeva tale determinazione, il Sagredo non fosse stato console per la Repubblica in Soria. Nel ''Dialogo'' il Sagredo si dice talvolta «semplice ascoltatore», ma in verità fa le parti del cólto profano fra i due competenti Salviati e Simplicio: è disposto favorevolmente alle nuove dottrine, e non mette alcun limite al suo entusiasmo quando ne rimane convinto; spesso riassume gli argomenti più difficili, già addotti, o li espone di nuovo in forma più piana; aggiunge anche ragioni proprie, e soprattutto vengono messe in bocca a lui quelle idee delle quali l’autore non vuole assumere la piena responsabilità, ma che tuttavia stima opportuno siano introdotte nella discussione.
osservatore finissimo ed una delle menti più acute del tempo, tale insomma da meritare il titolo di «suo idolo» datogli da Galileo<ref>Lettera di {{Sc|Galileo }}a {{Sc|Fra Fulgenzio Micanzio}} del 12 aprile 1636 (Biblioteca Marciana, Cl. X Ital., cod. XLVII, car. 6). </ref>, che assai probabilmente non avrebbe effettuato il disegno di abbandonare lo Studio di Padova, se quand’egli prendeva tale determinazione, il Sagredo non fosse stato console per la Repubblica in Soria. Nel ''Dialogo'' il Sagredo si dice talvolta «semplice ascoltatore», ma in verità fa le parti del cólto profano fra i due competenti Salviati e Simplicio: è disposto favorevolmente alle nuove dottrine, e non mette alcun limite al suo entusiasmo quando ne rimane convinto; spesso riassume gli argomenti più difficili, già addotti, o li espone di nuovo in forma più piana; aggiunge anche ragioni proprie, e soprattutto vengono messe in bocca a lui quelle idee delle quali l’autore non vuole assumere la piena responsabilità, ma che tuttavia stima opportuno siano introdotte nella discussione.


Filippo Salviati e Giovanfrancesco Sagredo, il primo con la soda dottrina e con la stringatezza delle argomentazioni, il secondo con l’acume delle osservazioni e con l'umore arguto e talvolta satirico, integrano con sintesi mirabile il carattere ed il personaggio di Galileo.
Filippo Salviati e Giovanfrancesco Sagredo, il primo con la sola dottrina e con la stringatezza delle argomentazioni, il secondo con l’acume delle osservazioni e con l'umore arguto e talvolta satirico, integrano con sintesi mirabile il carattere ed il personaggio di Galileo.


Il terzo interlocutore, Simplicio, che col suo nome ricorda il famoso interprete degli scritti Aristotelici, è il rappresentante della scienza conservatrice, che pone il suo fondamento nell'autorità degli scrittori e che non riconosce altri argomenti se non quelli che dalle opere loro possono desumersi; ma non sembra che in esso il Nostro abbia voluto rappresentare una determinata persona, e tanto meno il Papa Urbano VIII, come i nemici del sommo filosofo vollero far credere<ref>Lettera di {{Sc|Benedetto Castelli}} a {{Sc|Galileo }}del 22 dicembre 1635 (Mss. Gal., Par. I, T. XI, car. 161). </ref> prendendone occasione da ciò, che Simplicio ripete nel Dialogo l’argomento del quale il Pontefice soleva servirsi quando si discuteva innanzi a lui il moto della Terra.
Il terzo interlocutore, Simplicio, che col suo nome ricorda il famoso interprete degli scritti Aristotelici, è il rappresentante della scienza conservatrice, che pone il suo fondamento nell'autorità degli scrittori e che non riconosce altri argomenti se non quelli che dalle opere loro possono desumersi; ma non sembra che in esso il Nostro abbia voluto rappresentare una determinata persona, e tanto meno il Papa Urbano VIII, come i nemici del sommo filosofo vollero far credere<ref>Lettera di {{Sc|Benedetto Castelli}} a {{Sc|Galileo }}del 22 dicembre 1635 (Mss. Gal., Par. I, T. XI, car. 161). </ref> prendendone occasione da ciò, che Simplicio ripete nel Dialogo l’argomento del quale il Pontefice soleva servirsi quando si discuteva innanzi a lui il moto della Terra.