A Venere (Pindemonte): differenze tra le versioni
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Versione delle 19:57, 15 nov 2007
Venere eterna , in variopinto soglio,
Di Giove fìglia, artefice d'inganni,
O Augusta, il cor deh tu mi serba spoglio
Di noje e affanni.
E traggi or quà, se mai pietosa un giorno,
Tutto a' miei prieghi il favor tuo donato,
Dal paterno venisti almo soggiorno,
Al cocchio aurato
Giugnendo il giogo. I passer lievi, belli
Te guidavano intorno al fosco suolo
Battendo i vanni spesseggianti, snelli
Tra l' aria e il polo,
Ma giunser ratti: tu di riso ornata
Poi la faccia immortal, qual soffra assalto
Di guai mi chiedi, e perchè te, beata,
Chiami io dall'alto.
Qual cosa io voglio più che fatta sia
Al forsennato mio core, qual caggìa
Novello amor ne' miei lacci: chi, o mia
Saffo , ti oltraggia ?
S' ei fugge, ben ti seguirà tra poco ,
Doni farà, s' egli or ricusa i tuoi,
E s'ei non t' ama, il vedrai tosto in foco,
Se ancor nol vuoi.
Vienne pur ora, e sciogli a me la vita
D'ogni aspra cura, e quanto io ti domando
Che a me compiuto sia compj,e m'aita
meco pugnando.