Pagina:Zibaldone di pensieri VI.djvu/346: differenze tra le versioni
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<section begin="1" /><!--{{ZbPagina|3969}}-->ec.; 4<sup>o</sup>, essa è veramente una proprietà italiana onde anche da ''sono bonus'' e tali altri o semplici, facciamo ''uo'', come ''suono, buono'' ec., siccome gli spagnuoli ''ue'', che pur si risolve, o ritorna, in ''o'' sempre che l’accento non è sull’''e'', come da ''volvo buelvo'' e poi ''bolver'' ec. Vedi p. {{ZbLink|4008}}. E anche quando la desinenza ec. in ''olus'' o ''ulus'' ec. non è diminutiva, noi ne facciamo sovente ''uolo'' ec. come da ''phaseolus fagiuolo'' ec.; 5<sup>o</sup>, essa manca sempre in moltissime parole italiane, come in tanti verbi diminutivi o frequentativi ec. in ''olare'' de’ quali ho detto altrove, che sarebbe sproposito scrivere in ''uolare''. Insomma essa giunta non è propria di questa tale italiana inflessione diminutiva derivante dal latino, ma è un accidente di pronunzia o di ortografia italiana o toscana, che ha luogo anche in infiniti altri casi alienissimi da questa inflessione, e che in questa medesima non ha sempre luogo ec. (10 dicembre, dí della Venuta della Santa Casa di Loreto, 1823). Vedi p. {{ZbLink|3984}}, {{ZbLink|3992}}, {{ZbLink|3993}}. |
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{{ZbPensiero|3969/1}} Alla p. {{ZbLink|3961}}. Cosí discorrasi ancora di cento altri generi di formazione ec. latine e non proprie delle lingue moderne, che si trovano in mille parole moderne <section end="1" /><section begin="2" />{{ZbPagina|3970}} ignote nel latino, o solo note nel latino barbaro, mentre quelle formazioni ec. non sono proprie di questo e furono assolutamente proprie del buon latino, o speciali del latino antico ec. ec. (10 dicembre, dí della Venuta della Santa Casa di Loreto, 1823). Vedi p. {{ZbLink|3970|visualizza=seguente}} e {{ZbLink|3985}}. |
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